Il dolore di una madre e la crudeltà di “certi” preti

Giampaolo Petrucci
Adista n. 25 del 06/07/2013

Più e più volte Adista ha affrontato lo spinoso tema del rapporto tra religioni e omosessualità, enucleando le posizioni delle diverse comunità di fede in Italia, e raccontando in più occasioni quella caratteristica predisposizione della politica e delle istituzioni laiche nazionali ad assecondare i diktat delle gerarchie cattoliche, lasciando di fatto il Paese indietro anni luce sul terreno dei diritti civili.

Gli atteggiamenti, le istituzioni e le culture omofobe prodotte dalla cattolicità nostrana possono essere raccontate anche attraverso la sofferenza che provocano in molte persone omosessuali e transessuali, che difficilmente trovano un posto nella società e nella Chiesa di cui spesso si sentono parte. Questa sofferenza – se da un lato costringe molte persone omosessuali credenti ad abbandonare le comunità di appartenenza e a ritenere che la Chiesa (e Dio?) proprio non li desidera – impone una seria riflessione al popolo di Dio che si confronta quotidianamente con la Parola, con la testimonianza e l’insegnamento d’amore incondizionato di Gesù.

Sull’ultimo fascicolo di Adista Segni nuovi, allegato al n. 23, abbiamo pubblicato la lettera che la mamma di un ragazzo omosessuale di Palermo ha inviato ad “Ali d’Aquila”, e che lo stesso gruppo di credenti omosessuali ha poi girato ad Adista. Accogliendo l’invito rivolto ai presenti durante la veglia antiomofobia di marzo presso la Chiesa della Pietà della Kalsa, la signora si è recata dal parroco della sua parrocchia – che però ha preferito non citare – per proporgli una breve intenzione da leggere durante la messa domenicale, assieme alle altre preghiere dei fedeli. Messa alla porta dal parroco «perché quello non era il momento», si è recata in un’altra chiesa per trovare conforto in un altro prete. Ma anche in questo secondo caso la sorpresa è stata grande: quel prete «mi ha detto che l’omosessualità è opera del diavolo», che «Gesù si è rivolto ai peccatori, ai ladri, alle prostitute, agli impostori, agli assassini, ma non si è rivolto agli omosessuali». «Signora, secondo lei, perché non si è rivolto anche a loro?», ha poi aggiunto con fare retorico.«Io sono una mamma con il cuore pieno di rabbia – scrive la signora – una mamma che come tante altre mamme, genitrici di un figlio omosessuale, ha bisogno di aiuto», anche da parte della Chiesa. Sì, da parte di quella stessa Chiesa che, per ora, le ha solo saputo suggerire che il suo amato figlio sarebbe opera del demonio.Che senso ha per l’omosessuale credente appartenere ad una Chiesa che lo esclude, incapace di accettare la sua diversità? Qual è il ruolo dei preti per le comunità e per i singoli fedeli in cerca di risposte? Perché molti credenti ritengono centrale, nella loro esperienza di fede, il confronto e il sostegno dei religiosi?E sul profilo Facebook di Adista si è acceso il dibattito. «Quel che io davvero non capisco è perché questa signora (come molti altri) ha avuto bisogno di cercare l’approvazione e il benestare del prete (…). Perché avvisare chi si crede proprietario di un rito che invece appartiene alla comunità?», si chiede Ammy Neg, subito seguita dal commento di Paola Cris Giuliana: «Gesù non parla da nessuna parte dell’omosessualità. Evidentemente per Lui non era un problema, lo era invece il falso moralismo! Contro cui spesso e volentieri si scagliò! La gente dovrà decidere prima o poi di cercare la Fede dentro il proprio Cuore, invece di cercare i consensi degli uomini». «Il demonio sta nella cattiveria e nella violenza, dove c’è Amore ogni gesto è santificato! Signora, si scuota, per favore, consulti prima la propria Coscienza e smitizzi i suoi attuali referenti religiosi».

Marta Stefanini, per tanti anni impegnata nella Chiesa, scrive: «Dopo tante esperienze a dir poco tragiche, mi chiedo perché abbiamo ancora bisogno dei preti e della loro approvazione… Non so se è importante per la Signora, io ho cominciato a camminare con le mie gambe, a pensare con la mia testa, a rispondere alla mia coscienza!».Più argomentato il commento di Valter Calcante, che ammette di aver letto con sofferenza la lettera: «Non è mai facile leggere una testimonianza di grave discriminazione fatta da un rappresentante di questa Chiesa cattolica verso suo figlio e verso le persone omosessuali». Al momento però «gli insegnamenti della Chiesa sull’omosessualità possono generare questo tipo di gravi testimonianze… e l’hanno fatto!». «Come teologo morale – prosegue Calcante – le posso dire, nella certezza della fede e della morale cristiana, che il suo figlio omosessuale è stato da sempre desiderato e amato da Dio» e «Dio non si sbaglia mai». «La Chiesa cattolica, invece, può sbagliarsi, in questa e in altre parti dei suoi insegnamenti morali». «Carissima mamma – conclude – le ricordo che un vero cristiano deve essere un rivoluzionario, e se non è un rivoluzionario non è un cristiano! Allora, lei, con suo figlio e il suo compagno, continuate a fare la vostra parte di rivoluzione contro certi insegnamenti»Concludiamo questa breve rassegna di commenti con Maria Mammano: «Carissima signora, anche io ero presente alla veglia nella Chiesa della Pietà e tra l’altro sono molto amica di tanti ragazzi di “Ali d’Aquila”. Io credo che lei non debba cercare più nessuna rassicurazione da parte di sacerdoti che del sacerdozio portano solo il nome, perché la più grande rassicurazione le viene da Gesù che ha creato suo figlio così come è! Qual è la differenza tra lui ed un’altra creatura? Solo l’orientamento sessuale! Poi è figlio di Dio come i miei per esempio! Lo ami tanto (come sono sicura che già lei faccia) e cerchi solo nel Signore la sua rassicurazione e non frequenti più le chiese dove i sacerdoti sono sordi all’amore di Dio».