Un papa «liberatore» di L.Boff

Leonardo Boff
il manifesto, 23 luglio 2013

È azzardato fare un bilancio del pontificato di Francesco, è passato ancora troppo poco tempo per
averne una visione d’insieme. In una sorta di lettura braille, che coglie solo i punti rilevanti,
potremmo qui elencarne alcuni.

1. Dall’inverno ecclesiale alla primavera: veniamo da due pontificati che sono stati caratterizzati da
un ritorno alla grande disciplina e dal controllo delle dottrine. Tale strategia ha dato luogo a una
specie di inverno che ha congelato molte iniziative. Con Papa Francesco, venuto da fuori della
vecchia cristianità europea, dal Terzo Mondo, è arrivata una ventata di speranza, di sollievo, di
allegria di vivere e pensare la fede cristiana. La Chiesa è tornata ad essere una casa spirituale.

2. Da fortezza a casa aperta: i due Papi precedenti avevano lasciato l’impressione che la Chiesa
fosse una fortezza, accerchiata da nemici dai quali avremmo dovuto difenderci, in particolare il
relativismo, la modernità e la postmodernità. Papa Francesco ha detto chiaramente: «Chi si avvicina alla Chiesa deve trovare porte aperte, non dei doganieri della fede»; «Preferisco una Chiesa incidentata perché è uscita in strada a una Chiesa malata perché chiusa». Più fiducia, quindi, e meno paura.

3. Da Papa a vescovo di Roma: tutti i Pontefici precedenti si consideravano Papi della Chiesa
universale, portatori del supremo potere su tutte le altre chiese e su tutti i fedeli.
Francesco preferisce definirsi vescovo di Roma, recuperando la memoria più antica della Chiesa.
Vuole presiedere nella carità e non come previsto dal diritto canonico, considerandosi solo il primo
tra uguali. Rifiuta il titolo di Sua Santità, ricordando che «siamo tutti fratelli e sorelle». Si è
spogliato di tutti i titoli di potere e onorifici. Il nuovo Annuario Pontificio appena uscito, sulla cui
pagina iniziale dovrebbe esserci il nome del Papa con tutti i suoi titoli, reca semplicemente:
Francesco, vescovo di Roma.

4. Dal palazzo al convitto: il nome Francesco è più che un nome, sta a indicare un altro progetto di
Chiesa sulle orme di San Francesco d’Assisi: «Una Chiesa povera per i poveri», come ha detto,
umile, semplice, con «l’odore delle pecore» e non dei fiori dell’altare. Per questo ha lasciato il
palazzo apostolico per andare a vivere in un convitto, in una camera semplice, e mangia alla mensa
con gli altri ospiti.

5. Dalla dottrina all’esperienza: Francesco non si presenta come dottore, ma come pastore. Parla
partendo dalla sofferenza umana, dalla fame nel mondo, dagli immigrati africani sbarcati a
Lampedusa. Denuncia il feticismo del denaro e il sistema finanziario mondiale che martirizza interi
Paesi. Con questi atteggiamenti riprende le basi della teologia della liberazione, senza bisogno di citarla.
Dice: «Oggi come oggi, se un cristiano non è un rivoluzionario, non è cristiano; deve essere
rivoluzionario per la grazia». E continua: «Coinvolgersi in politica è un obbligo per il cristiano,
perché la politica è una delle forme più alte di carità». E alla Presidente Cristina Kirchner ha detto:
«È la prima volta che abbiamo un Papa peronista», non ha infatti mai nascosto la sua simpatia per il
peronismo. I Papi precedenti gettavano una luce sospetta sulla politica, adducendo un’eventuale
ideologizzazione della fede.

6. Dall’esclusività all’inclusione: i Papi precedenti, e in particolar modo Benedetto XVI, hanno
enfatizzato l’esclusività della Chiesa Cattolica, unica erede di Cristo, al di fuori della quale si è a
rischio di perdizione. Francesco, il vescovo di Roma, preferisce il dialogo tra le Chiese in una prospettiva di inclusione
anche con le altre religioni, per rinsaldare la pace mondiale.

7. Dalla Chiesa al mondo: I Papi precedenti davano centralità alla Chiesa, rafforzandone le
istituzioni e le dottrine. Per Papa Francesco i punti cardine sono: il mondo, i poveri, la tutela della
Terra e l’attenzione nei confronti della vita. La questione è: come le Chiese aiutano a difendere lavitalità della Terra e il futuro della vita? Come si percepisce, sono un nuovo vento, una nuova musica, nuove parole per i vecchi problemi, che ci permettono di pensare ad una nuova primavera della Chiesa.