Donne che spostano il mondo

Daniela Di Carlo (pastora valdese)
Riforma n°31, 23/08/2013

«In verità vi dico che in tutto il mondo, dovunque sarà predicato il vangelo, anche quello che costei ha fatto sarà raccontato, in memoria di lei» (Marco 14, 9)

Mi ha colpita molto ciò che è accaduto alla nostra ministra dell’integrazione Cécile Kyenge nel corso di quest’estate. Dapprima, in giugno, la consigliera leghista padovana Dolores Valandro scrive sul social network Facebook riferendosi a lei: “«… mai nessuno che se la stupri… ». In luglio Roberto Calderoli durante la festa del suo partito a Treviglio la paragona a un orango. Nello stesso periodo a Cervia, alla festa del Pd, qualcuno le lancia delle banane mentre parla sul palco. In agosto Umberto Bossi, durante la Festa della Lega Nord di Sarezzo, lascia supporre che il ministero dell’ntegrazione sia inutile anche perché le leggi le può fare solo Alfano. Sempre Bossi, nello stesso mese, in comizio ad Arcore afferma che « … in realtà tutto il paese ne ha pieni i c … del ministro Kyenge».

Negli stessi giorni Vittorio Milani, ex-esponente di «Veneto Stato», ora vicino all’estrema destra, scrive su Facebook : « … qualcuno uccida questa p … idiota e inutile», mentre Matteo Salvini, vicesegretario del Carroccio cerca, sul medesimo social network, 500.000 cittadini pronti a firmare un referendum per abolire il ministero occupato da Kyenge. Dichiarazioni scioccanti e tremendamente volgari pronunciate da esponenti politici più o meno importanti che rivelano la miseria umana italiana. Perché e a chi dà così tanto fastidio la ministra Kyenge?

Rispondere è semplice: è una donna ed è nera. Due valide ragioni che rivelano quanto sia ancora sessista e razzista il nostro paese. Non ci sono scusanti, né nobili motivi in grado di assolvere quello che si cela dietro tanta rabbia. La presenza di Kyenge in Parlamento non suscita tanto un dibattito articolato sulle sue proposte, alcune delle quali davvero pregevoli, ma piuttosto reazioni istintive e irrazionali principalmente di maschi, ma non solo, feriti nell’orgoglio, che attaccano il suo corpo, assimilandolo a quello di un animale, cercando contemporaneamente di relegarla nella sfera dell’irrilevante.

Un destino questo che la ministra condivide con molte altre donne, compresa quella che unge il capo di Gesù. Anche nei suoi confronti sorge l’indignazione, anche in quel caso la gente che conta tenta di ridicolizzare il suo gesto e renderlo inutile. Invece è proprio con lei che la storia cambia, attraverso la sua intuizione e intelligenza il Vangelo arriva sino a noi. Donne come lei, apparentemente marginali, spostano il mondo. Auguriamoci allora che Kyenge possa essere una di loro, resistendo, così come ha fatto sinora, con ironia e responsabilità, all’ignoranza.