Due obiettivi di primaria importanza nella chiesa cattolica di E.Peyretti

Enrico Peyretti
Rocca, 1 agosto

Le varie meditate prese di parola che si sono levate dalla base del popolo di Dio verso la fine e il colmo della «glaciazione ruiniana», sembrano oggi scavalcate e lietamente silenziate dai gesti e dalle parole evangeliche del papa-vescovo Francesco.

Certo, c’è gioia e speranza, ma il cammino è lungo. Il momento più difficile per un regime assoluto, come è il papato cattolico, diceva Tocqueville, è quando migliora: o va avanti fino in fondo, o deve fare marcia indietro per conservarsi. Francesco farà la sua parte coraggiosa – che Dio lo aiuti – ma tutti siamo corresponsabili, nella sinodalità (che è camminare insieme).

Non per correre avanti, ma per vedere bene il cammino, raccogliendo le sensibilità più vive, due obiettivi sembra doveroso proporre ora nella chiesa cattolica: 1) la parità uomini e donne; 2) la fine della condizione di capo di stato sovrano della persona del papa.

Nell’odierna cultura dei diritti umani (profondamente consona al vangelo) non è più possibile, pena l’esclusione dalla storia, che la chiesa non riconosca al più presto parità di accesso a tutte le funzioni, anche le più caratteristiche cattoliche, alle donne come agli uomini.

Francesco, che si è detto vescovo di Roma prima che papa, potrà dirsi anche cittadino di Roma, pastore insieme al popolo, quando realizzerà la fine dell’era costantiniana svincolando il suo ministero di unità, in una chiesa povera, dalla posizione giuridica di capo di stato.

Gesù era un suddito, senza diritti speciali. Nel 1914 moriva Geremia Bonomelli, grande vescovo di Cremona, che proponeva (in un opuscolo del 1906, finito all’Indice), una soluzione della questione romana senza uno stato pontificio, affidando la libertà del papa al diritto moderno, comune a tutti. Non sarebbe l’ora, con pazienza e determinazione, nella fraternità coraggiosa, di avvicinare questi obiettivi?