I politici italiani più papalini del papa. È ora della sveglia anche su Stato e Chiesa

Massimo Teodori
Huffington Post | 05.09.2013

I documenti resi pubblici dell’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi aggiungono un ulteriore spaccato all’avvilente stato di subordinazione della politica italiana (quanta parte?) al potere d’Oltretevere.

Nel mio libro Vaticano rapace (Marsilio, 2013) avevo già documentato le manovre di riciclaggio dello Ior, gli scandalosi finanziamenti italiani alla Chiesa e i traffici tra un ministro della Repubblica e la segreteria di Stato vaticana per evadere l’Imu sui beni ecclesiastici ad uso commerciale.

Ora sappiamo con maggiore precisione che le leggi dello Stato (fecondazione assistita, biotestamento…) sono state scritte sotto dettatura clericale, e che alcune nomine importanti, come quella di Lorenza Lei alla direzione generale della Rai, sono passate per la segreteria di Stato vaticana.

La domanda che tuttavia dobbiamo porre oggi apertamente è se con papa Francesco continuerà l’andazzo che fin qui ha dominato il rapporto tra Stato e Chiesa con l’Italia in funzione di appendice della santa Sede.

Riconosciamo tutti che il pontificato argentino è stato una rottura con le pratiche del passato. E constatiamo che il gruppo di denaro e potere intorno al cardinale Bertone è stato formalmente e sostanzialmente esautorato nel giro di qualche mese.

Questi mutamenti stanno avendo un forte impatto sulla comunità dei credenti e sulla Chiesa. I cattolici avviliti dalle ombre che hanno offuscato la Chiesa romana possono finalmente tirare un sospiro di sollievo e guardare all’istituzione ecclesiastica senza vergogna.

Ma che accadrà nei rapporti tra Chiesa e Stato in Italia? Cambieranno, e come, e quando? Se non si mette mano al Concordato, fonte prima dei privilegi e delle malversazioni che lo Stato italiano subisce, è difficile intravedere una luce.

È vero che si intravede qualche buon segno anche per questi rapporti nel dopo-Francesco. Ad esempio, è positivo il fatto che lo Ior abbia accettato di scambiare informazioni sul riciclaggio con la Banca d’Italia senza passare attraverso la rogatoria internazionale (ancora una volta il Concordato) che in passato ha bloccato ogni trasparenza.

Abbiamo però il timore che a fronte dello slancio innovativo del vertice della Chiesa resista una classe politica italiana che, per complesso culturale e per mancanza d’orgoglio e autonomia, non voglia e non sappia affrontare apertamente i rapporti tra Stato e Chiesa all’insegna della reciproca libertà.

È proprio il caso di dire che gli italiani sono stufi di avere un ceto politico più papalino del Papa.

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Finanze fuori controllo. Lo scontro tra l’ex presidente e Bertone. Mentre i conti si svuotavano

Lettera 43 | 06.09.2013

Una rete di uomi d’affari e politici pronti a rivolgersi a Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente dello Ior, per ottenere favori e promozioni. Ma anche lo scontro di potere interno al Vaticano, lacerato dalle lotte tra i corvi e dal tentativo (fallito) del banchiere di traghettare l’Istituto di opere religiose verso una maggiore trasparenza finanziaria.
I due anni intensi tra il 2010 e il 2012, che portarono alla destituzione dello stesso Gotti Tedeschi dallo Ior, sono fotografati nel poderoso archivio di mail e documenti sequestrato dai magistrati di Napoli all’ex presidente, e reso noto da Corriere della Sera e Repubblica.

LA PROMOZIONE DI MANTOVANO.

In cima alla lista di coloro che avevano favori da chiedere a Gotti Tedeschi c’era Alfredo Mantovano (Pdl), molto vicino al banchiere.
Nel 2011 quando Angelino Alfano divenne segretario del Pdl e fu costretto a lasciare la poltrona al ministero della Giustizia, Mantovano era sottosegretario all’Interno, ma sperava di arrivare alla poltrona di Guardasigilli.
Per riuscirci si rivolse a Gotti Tedeschi affinché intercedesse presso una persona (mai citata esplicitamente) con una raccomandazione.
Mantovano, il 5 giugno, scrisse: «Caro Ettore, la persona che dovrai incontrare mi conosce bene. Peserà il tuo interessamento, più che i contenuti che avrai la cortesia di adoperare nei miei confronti. Comunque le parole chiave sono: affidabilità sperimentata sempre e senza eccezioni; ritrosia rispetto agli scontri frontali governo/magistratura; condivisione piena della riforma costituzionale; conoscenza della macchina burocratica; (se può essere utile) vi è simpatia da parte degli ambienti cattolici».

LA SPINTA PER LA SERIE A

«Per completezza Alemanno ha già proposto il nome a Berlusconi e alla stessa persona che tu incontri, ricevendo un’accoglienza interlocutoria. So che anche altri autonomamente si stanno spendendo. Ti ringrazio per tutto. Un passaggio, anche per poco, nella serie A per me potrebbe rendere più efficace il lavoro politico, al di là del pur importante settore della giustizia (che avrebbe bisogno di una reale pacificazione e di una spinta all’efficacia). Un abbraccio in Jesu ed Maria».

LE TASSE NON PAGATE

Ma l’archivio racconta anche e soprattutto lo sforzo di pulizia di Gotti Tedeschi all’interno della banca di Dio, e del suo scontro durissimo con l’allora segretario di stato Tarcisio Bertone.
È racchiusa per esempio in uno scambio tra Gotti Tedeschi e l’allora direttore generale dello Ior Paolo Cipriani la spiegazione dell’accordo siglato per permettere ai dipendenti del Vaticano di non pagare le tasse in Italia. Era Cipriani a spiegarlo a Gotti, superandone probabilmente le perplessità.
«Fin tanto che i capitali sono mantenuti oltreconfine non vanno dichiarati, con l’esclusione degli interessi eventualmente percepiti da investimenti. In conclusione direi che quando i dipendenti vaticani dovessero utilizzare i propri averi e dichiarare il denaro trasferito, basterà dire che i denari non sono stati investiti ma accumulati nel corso del tempo. Non ho reso pubblica questa affermazione perché so che i commercialisti in Italia, spesso per loro tornaconto, non concordano con questa tesi», scrisse Cipriani a Gotti.

CONFLITTI DI INTERESSE NEL GOVERNATORATO.

I tentativi del banchiere di fare chiarezza furono molti.
Nell’ottobre 2011 inviò per esempio una lunga nota riservata a Giuseppe Bertello, presidente del governatorato della Città del Vaticano. «Una diagnosi riservata fatta nei primissimi mesi del 2010 sull’organizzazione del Governatorato ha consentito di individuare carenze che hanno creato inefficienza nel conseguimento delle economie negli acquisti e rischi di conflitti di interesse», scrisse il banchiere.
«Le valutazioni a campione effettuate per comprendere il margine di inefficienza hanno evidenziato scostamenti tra i prezzi pagati dal Governatorato verso i prezzi di mercato tra il 50 e il 150% in più. Un intervento di riorganizzazione lascerebbe pertanto immaginare economie consistenti e opportune. Non conosco i risultati dell’intervento organizzativo di monsignor Viganò».

LO SCONTRO CON BERTONE SU CARIGE.

E d’altronde l’efficienza costi-benefici non era un valore nemmeno nelle operazioni che Tarcisio Bertone, allora Segretario di Stato con cui si consumò un durissimo scontro, raccomandò all’attenzione di Gotti Tedeschi.
Prova ne è che il presidente dello Ior lo mise in luce, sebbene con garbo, con Marco Simeon, vicinissmo a Bertone e mediatore tra i due. Per esempio quando nel 2011 contestò le scelte sulla banca genovese Carige, molto a cuore a Bertone.
«Abbiamo cercato più volte di ottenere le informazioni dalla Banca», scrisse Gotti al cardinale. «Il non aver mai ottenuto risposte alle richieste è stato oggetto di preoccupazione».
E ancora: «Ci siamo responsabilmente preoccupati del nostro investimento, pur sempre tenendo presente criteri di legame affettivo nei confronti dell’Istituto bancario e del territorio in cui opera. Ma la nostra responsabile preoccupazione non poteva prescindere dalle considerazioni sull’andamento dell’economia italiana».

LA RABBIA CON FLICK PER IL SAN RAFFAELE.

Più accesi i toni della mail del 5 dicembre 2011, con cui Gotti fotografò lo stato del San Raffaele con Giovanni Maria Flick, allora membro del cda della fondazione. «Caro Giovanni, Profiti (uomo di Bertone, ndr) ha inviato due settimane fa al personale del San Raffaele una lettera che spiega il nuovo organigramma amministrativo. Una ventina di sanitari sono saltati sulla sedia leggendo due nomi che avranno posizioni chiave in futuro: Longo e tal Santoro. Questi signori sono considerati “banditi” storicamente legati a Cal. Il personale medico sisente mortificato».

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Nomine, pressioni e trattative le carte segrete di Gotti Tedeschi

Fiorenza Sarzanini
Corriere della Sera | 05.09.2013

La guerra interna al Vaticano sullo Ior, le «pressioni» e le trattative per evitare alla Santa Sede il pagamento dell’Ici, i legami con la politica e le manovre per orientare le nomine negli enti statali, la crisi del San Raffaele prima degli arresti dei collaboratori di don Verzè: è l’archivio segreto del banchiere Ettore Gotti Tedeschi a rivelare che cosa è accaduto Oltretevere negli ultimi anni. E non solo. Migliaia di mail e documenti sequestrati per ordine della magistratura napoletana e poi trasmessi ai colleghi di Roma e Busto Arsizio, ricostruiscono i retroscena dello scontro che ha portato fino alle dimissioni di Papa Ratzinger e ora alla sostituzione del segretario di Stato Tarcisio Bertone. Confermando come lo stesso Gotti — che ha sempre avuto un filo diretto con monsignor Georg Ganswein, segretario dell’allora pontefice — sia rimasto vittima della disputa che ha riguardato soprattutto la gestione economica della Chiesa. Ma disegnano anche la tela di rapporti che orienta le scelte dei partiti e in questo caso svelano come sia proprio Bertone l’alto prelato al quale il banchiere si rivolge quando ha bisogno di sostenere la designazione di alcuni dirigenti come la presidente della Rai Lorenza Lei.

La memoria «riservata» sullo Ior

Gotti viene designato al vertice dell’Istituto delle Opere Religiose nel settembre 2009. Una scelta che — come lui stesso denuncerà in seguito — viene osteggiata dal direttore generale Paolo Cipriani, ma soprattutto dal cardinal Bertone. «Temo per la mia vita», scrive nel memoriale che affida alla sua segretaria e soprattutto a padre Georg affinché lo consegni al Papa. E proprio il più stretto collaboratore di Benedetto XVI diventa il depositario delle sue memorie riservate, dei suoi tentativi di cambiare le regole interne allo Ior e rendere trasparente le procedure, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei conti intestati ai «laici». Scrive Gotti il 14 febbraio 2011 in una mail indirizzata a padre Georg: «Caro monsignore, le allego una nota un po’ “sofisticata” che ho scritto per il professor Vian (il direttore dell’Osservatore Romano) per una possibile memoria per il segretario di Stato… In questa nota miro a comparare i patti Lateranensi con la legge Antiriciclaggio. L’intento è di cercare di spiegare con ogni mezzo la opportunità e la bontà intrinseca (non sempre purtroppo apprezzata) di ciò che è stato fatto». In realtà, come si evince da un successivo scambio di mail tra Gotti e Cipriani, le sue convinzioni non sono affatto apprezzate e anzi il direttore generale ritiene che proprio il presidente possa aver influenzato negativamente le valutazioni dell’Aif (l’Autorità di informazione finanziaria della Santa Sede) rispetto alle valutazioni sullo Ior.

Mantovano e Bagnasco

Ad Angelino Alfano Gotti invia alcune «riflessioni» sul governo. Ma è con il parlamentare del centrodestra Alfredo Mantovano che ha un legame stretto e confidenziale, tanto che quest’ultimo gli scrive numerose mail, soprattutto alla vigilia dei dibattiti alla Camera o al Senato su provvedimenti che riguardano i temi etici per ottenere l’approvazione e l’intervento delle alte gerarchie vaticane. E lo saluta «in Domino». Scrive Mantovano il 6 febbraio 2011: «Caro Ettore, perdonami ma sulla questione del testamento biologico vi è necessità che dalla Cei ci sia qualche segnale. So di pareri analoghi a quello che ho cercato di scrivere che stanno giungendo anche da altri al Cardinale presidente. Vorrei far pervenire il mio: hai qualche novità sulla lettera col quale dovrei accompagnarlo? Un caro saluto in Domino». Gotti risponde, suggerisce, modifica. E alla fine Mantovano trasmette il suo documento al cardinale Angelo Bagnasco.

La nomina di Lorenza Lei

L’11 marzo 2011 Gotti indirizza al cardinale Bertone una «nota riservata» attraverso il suo segretario monsignor Lech: «Mi risulta da fonti attendibili che la nomina di Lorenza Lei alla direzione generale della Rai possa trovare ostacoli. Ci sono due ragioni principali: risulta che la dottoressa Lei avrebbe in un paio di occasioni “sussurrato” che “il cardinal Bertone ha ricevuto assicurazioni da Berlusconi sulla sua nomina”. Queste dichiarazioni (vere o false in questi termini) hanno però provocato una certa opposizione interna ed esterna a detta designazione “Oltretevere” (pare soprattutto dal vicedirettore Comanducci, in quota Forza Italia designato da Previti); risulta anche che la Lega voglia contare in Rai e cogliere questa occasione di rinnovo vertici per avere un proprio direttore generale. Mi viene detto che il candidato della Lega è l’attuale vicedirettore Marano. Mi parrebbe che per sostenere detta candidatura sia indispensabile interloquire con la Lega. Sono a sua disposizione. Suo Ettore Gotti Tedeschi».

Come evitare l’Ici

Il 30 settembre Gotti invia al cardinale Bertone un documento «riservato e confidenziale di sintesi del problema Ici» e specifica che la memoria «mi è stata suggerita riservatamente dal ministro Tremonti». Sottolinea il rischio che la Comunità Europea, dopo aver avviato «una procedura contro lo Stato italiano per “aiuti di Stato” non accettabili alla Chiesa Cattolica» potrebbe imporre «il recupero delle imposte non pagate dal 2005». E suggerisce «tre strade percorribili: abolire le agevolazioni Ici (Tremonti non lo farà mai); difendere la normativa passata; modificare la vecchia norma». Poi va oltre: «Il tempo disponibile per interloquire è molto limitato. Il responsabile Cei che finora si è occupato della procedura è monsignor Rivella. Ci viene suggerito di incoraggiarlo ad accelerare un tavolo di discussione conclusiva dopo aver chiarito la volontà dei vertici della Santa Sede. L’interlocutore all’interno del ministero delle Finanze è Enrico Martino, nipote del cardinal Martino. Io posso suggerire come interloquire con il commissario Almunia affinché ci possa lasciare un po’ di tempo (fino a fine novembre) e non acceleri la conclusione della procedura». La stessa nota viene trasmessa una settimana dopo, il 7 ottobre 2011, a monsignor Georg con la rassicurazione che le richieste sono state accolte. Scrive Gotti: «Caro monsignor Georg, per sua conoscenza le allego il documento sul problema piuttosto grave dell’Ici che credo di aver risolto, o quantomeno creato le condizioni per riuscirci. Ieri abbiamo parlato con il commissario europeo Almunia che sembra pronto a concedere una dilazione fino a fine novembre, a condizione di ricevere una lettera, che lo spieghi, dal ministero del Tesoro. La segreteria del ministro Tremonti la manderà in questi giorni».

Flick e il crac del San Raffaele

Nel dicembre 2011 c’è evidentemente la percezione chiara che la situazione finanziaria della Fondazione San Raffaele stia precipitando. Il 5 dicembre Gotti chiede a monsignor Georg un appuntamento: «Il professor Giovanni Maria Flick, nella sua qualità di consigliere di amministrazione della Fondazione del San Raffaele, da tempo esprime disagio verso la gestione dell’attuale processo. Questo disagio lo ha anche più volte esternato senza esito. Ieri mi ha chiesto di poter intercedere per poter parlare con lei. La prego di farmi sapere i suoi desideri in proposito». Il collaboratore del Papa non si sottrae, anzi mostra massima disponibilità e alla fine l’incontro viene fissato per la settimana successiva. Al centro del colloquio ci sono i problemi che proprio Gotti ha già evidenziato in una «memoria riservata trasmessa al cardinale Bertone» nella quale descrive «lo stato dell’arte ad oggi» e poi elenca le «prospettive»: «Primo scenario: se non arrivassero offerte o fossero irregolari, il San Raffaele è di Ior-Malacalza. Salvo, soprattutto, approvazione del Concordato da parte del Comitato dei creditori… Secondo scenario: arrivano offerte adeguate e regolari più competitive di quella Ior-Malacalza. Poiché dette offerte superiori rappresentano un vantaggio economico per la procedura, prescindendo da valutazioni di carattere qualitativo degli offerenti, esse vanno apprezzate con grande cura al fine di evitare ogni possibile sospetto di conflitto di interesse degli organi del Consiglio che coincidono con gli offerenti Ior-Malacalza, che detti organi si astengano o meno dalla decisione finale mi pare un aspetto solo formale. Pertanto se una delle offerte potenziali (la migliore) fosse accettata, per semplificare, avremmo perso tempo».