La scuola democratica in piazza per la Costituzione

Marina Boscaino
www.micromega.net

“Maestra” è una bella parola. Significa più o meno “colei che vale di più [culturalmente] in un gruppo”. Può essere un sostantivo: l’insegnante dei più piccoli. Può essere un aggettivo, che indica un principio, una direzione, una finalità dominante. Non è un caso, credo, che il documento in difesa della Costituzione firmato da Lorenza Carlassare, Luigi Ciotti, Maurizio Landini, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky si intitoli “La via maestra”. Sempre poche donne, sia detto tra parentesi, in prima posizione, a dire parole che – invece e certamente – tante donne condividono, pronunciano, sottoscrivono. Ma questa è una storia antica.

Quello che è nuovo, paradossalmente, è invece l’affermazione, semplice e fresca, rivoluzionaria per la sua immediatezza – c’è bisogno di Costituzione, di questa Costituzione – contenuta nel documento. Il disvelamento tenace e disarmante dell’inganno perpetrato dal pensiero dominante, quello che vorrebbe la Costituzione “ostacolo” per la piena realizzazione della “crescita”: “Si è fatta strada, non per caso e non innocentemente, l’idea che questa Costituzione sia superata; che essa impedisca l’ammodernamento del nostro Paese; che i diritti individuali e collettivi siano un freno allo sviluppo economico; che la solidarietà sia parola vuota; che i drammi e la disperazione di individui e famiglie siano un prezzo inevitabile da pagare; che la partecipazione politica e il Parlamento siano ostacoli; che il governo debba essere solo efficienza della politica economica al servizio degli investitori; che la vera costituzione sia, dunque, un’altra: sia il Diktat dei mercati al quale tutto il resto deve subordinarsi. In una parola: s’è fatta strada l’idea che la democrazia abbia fatto il suo tempo e che si sia ormai in un tempo post-democratico: il tempo della sostituzione del governo della “tecnica” economico-finanziaria al governo della “politica” democratica”. La difesa della Costituzione, oggi, configura, insomma, la rappresentazione di un modello di società divergente rispetto a quella esistente, alla quale molti (troppi) non sono riusciti – nel corso degli ultimi decenni – ad assuefarsi. Lo dimostra il fatto che “mentre lo spazio pubblico ufficiale si perdeva in un gioco di potere sempre più insensato e si svuotava di senso costituzionale, ad esso è venuto affiancandosi uno spazio pubblico informale più largo, occupato da forze spontanee”. Si sono (ci siamo) incontrati nelle piazze, nelle tante occasioni di riconoscimento reciproco.

La scuola ha avuto ed ha una funzione strategica nell’accompagnare la piena assunzione di un significato concreto e non manierato a quella che non è semplice evocazione della Costituzione, ma esigenza politica, umana, civile di ribadire intransigentemente la modernità e la vitalità dei principi che in essa sono contenuti. “La via maestra” fa appello a quella grande forza, pulsante nella società reale, che in questi anni si è dispersa in mille rivoli, proponendosi di coordinare e potenziare il diffuso bisogno – quasi un’urgenza – di Costituzione che in molti avvertono. La scuola è stata profondamente colpita (ed intaccata) dalle insidie di una modernità (che ha significato teoricamente rinuncia alla laicità e alla centralità dell’aggettivo “pubblico”; concretamente fondi alle scuole private e dismissione della scuola dell’art. 3 della Costituzione (quella che “rimuove gli ostacoli”) nella determinazione di un sistema scolastico, che – in contrasto con quanto affermato dalla Carta- ribadisce differenze sociali e foraggia le scuole paritarie che ne fanno parte, rinunciando programmaticamente a porre tutti i cittadini nelle medesime condizioni) che si è configurata, non casualmente, come continua distrazione dal dettato costituzionale, ora più ora meno clamorosa.

È dunque compito, responsabilità e onore della scuola contribuire a ricompattare quella parte vitale, sensibile e democratica della nostra società che non individua il progresso sociale nell’abbandono dei principi costituzionali di dignità delle persone, giustizia sociale e solidarietà verso deboli ed emarginati, legalità ed abolizione dei privilegi, equità nella distribuzione dei pesi e dei sacrifici imposti dalla crisi economica, speranza di libertà, lavoro e cultura per le giovani generazioni, giustizia e democrazia in Europa, pace.

Dopo l’assemblea, partecipatissima, dell’8 settembre, sarebbe un segno importante vedere centinaia di migliaia di cittadini nelle strade di Roma il 12 ottobre. La scuola democratica ci sarà certamente, per sostenere questa straordinaria opportunità: un fronte aperto per applicare la Costituzione.

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Attività alternative all’ora di religione cattolica: un diritto costituzionale difficile da esercitare

Silvana Ronco, Presidente dell’Associazione 31 ottobre
www.vociprotestanti.it

Con l’avvio dell’anno scolastico puntualmente si riaccende l’attenzione sull’organizzazione delle attività alternative all’insegnamento religioso cattolico (irc). Gli alunni che non si avvalgono dell’insegnamento confessionale sono spesso oggetto di pratiche discriminatorie, quali pressioni per cambiare la scelta espressa o la non attivazione dell’attività richiesta, sia che si tratti dell’attività didattica formativa (opzione A), dello studio individuale assistito da personale docente (opzione B) o non docente (opzione C, solo per gli studenti della scuola secondaria di secondo grado), che della richiesta di non presenza a scuola nelle ore di irc (opzione D).

Le modalità di individuazione dei docenti e di pagamento delle ore alternative vengono puntualmente ricordate agli istituti scolastici dalle circolari che le direzioni scolastiche regionali emanano, da due anni a questa parte, all’inizio dell’anno scolastico, quindi sia per l’attività didattica formativa che per lo studio individuale assistito da personale docente c’è la copertura finanziaria, garantita da apposito fondo statale. Certo il percorso di scelta prevede che solo a settembre le scuole possano richiedere a chi abbia scelto di non avvalersi dell’irc all’atto dell’iscrizione quale attività voglia svolgere, preso atto della tempistica prevista per la consegna dei relativi moduli, fatto che riduce notevolmente i tempi di organizzazione delle opzioni scelte.

Se si aggiunge poi che, spesso, le famiglie non sono informate in merito alla possibilità di scelta alternativa all’irc, ritenendolo un “insegnamento di religione” in senso lato e non confessionale, specie se si tratta di genitori stranieri ma non solo, né sulla possibilità di presentare specifiche richieste in merito ai contenuti da svolgere nelle ore di attività didattica e formativa, che rientrano nel Piano dell’Offerta Formativa previsto dalla scuola, ben si comprende quanto sia complicato l’esercizio di un diritto di libertà costituzionale.

L’inserimento di chi non si avvale in altre classi, a volte neppure appartenenti al medesimo anno del corso di studi, è la “soluzione” più diffusa nella scuola di base, e rappresenta un comportamento illegittimo tanto quanto i tentativi di convincimento a cambiare la scelta espressa, per esempio passando dall’attività didattica allo studio non assistito da un docente, ovvero la mera custodia da parte del personale ausiliario (opzione prevista solo per gli studenti della secondaria di secondo grado), o l’impedimento della non presenza a scuola nelle ore di irc, collocandole a metà mattinata.

Sicuramente la prima “pressione” avviene all’atto dell’iscrizione, laddove la scelta di non avvalersi viene stigmatizzata quale fosse un “capriccio” che verrebbe a gravare sulla singola scuola, sia sotto il profilo strettamente economico che organizzativo. Nel triennio della scuola secondaria di secondo grado c’è poi la presenza dei crediti scolastici per chi sceglie l’attività didattica, lo studio individuale assistito o l’insegnamento confessionale, fatto oggetto di ricorso al TAR del Lazio nel 2009, e che il Consiglio di Stato ha decretato non essere discriminante per chi sceglie opzioni diverse da quelle sopra citate, sottolineando però l’obbligo della scuola all’attivazione di tutte le opzioni alternative scelte dagli studenti.

In questo panorama la lettera inviata dal moderatore della Tavola Valdese, pastore Eugenio Bernardini, al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, su mandato del Sinodo, assume notevole importanza poiché richiede di “vigilare su una corretta applicazione della normativa vigente in merito alle attività alternative” all’irc, ma ribadisce anche la delicatezza del tema della scelta, che coinvolge “questioni di identità culturale e religiosa” che vanno al di là dell’ambito scolastico.

Si rende quindi necessario riportare l’attenzione anche al ruolo che l’istituzione scolastica riveste nel percorso di educazione alla cittadinanza, alla legalità, oltre che essere luogo di accoglienza ed integrazione, di incontro e conoscenza delle varie culture ed esperienze di cui gli studenti sono portatori ognuno con la sua storia, il suo vissuto, la sua provenienza, e scoprire così che il tema della laicità non è un tema “di nicchia” o “di minoranza”, bensì è elemento fondante del percorso formativo del cittadino di domani, poiché contribuisce all’equità del sistema nazionale d’istruzione ma soprattutto alla formazione di un giudizio politico positivo sulle istituzioni del nostro paese, a partire dalla scuola.

Dinnanzi a classi sempre più ricche di alunni provenienti da famiglie di altri paesi, le notizie di genitori italiani che “allontanano” i propri figli da queste realtà, timorosi di non poter festeggiare il Natale e di “subire” l’integrazione con alunni stranieri, magari nati e cresciuti in Italia, rendono bene l’idea di quanto la scuola pubblica statale debba e possa fare per costruire una società non spaccata tra diversi vissuti bensì unita da un percorso dove le diverse culture ed i molteplici orientamenti rispetto al fatto religioso trovino tutti pari dignità.

Il riferimento del Ministro dell’Integrazione Cècile Kyenge alla scuola quale “laboratorio d’integrazione” e alla necessità di un percorso “che coinvolga insegnanti, presidi e genitori” (La Repubblica, 08/09/2013, pag. 19), passa anche attraverso una corretta gestione delle ore dedicate alle attività alternative all’irc, che rappresentano un’ottima opportunità per incrementare i valori della cittadinanza democratica, coinvolgendo anche le comunità religiose di appartenenza.

l’Associazione 31 Ottobre, che da anni segue le vicende legate al tema della laicità nella scuola pubblica, accoglie quindi con soddisfazione il coinvolgimento derivante dall’ordine del giorno approvato nel recente Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, che prevede un monitoraggio sull’attivazione delle attività alternative richieste dai membri di chiesa, finalizzato al rilevamento delle criticità esistenti e sicuramente utile strumento per stimolare le scuole a migliorare l’offerta formativa, oltre che fornire un adeguato sostegno alla genitorialità accompagnando le famiglie nel percorso scolastico relativo ai propri figli, in coerenza col progetto educativo scelto nei confronti della loro formazione religiosa.