La laicità dello stato dipende da noi cittadini

Jacopo Valenti intervista Beppino Englaro
Trentotoday, 10 ottobre 2013

“Perdere una figlia è una cosa umana, la cosa disumana sono stati gli ostacoli cui siamo andati incontro. D’ora in poi, grazie a questa vicenda, chi la pensa come Eluana potrà, in partenza, non andare più incontro a quello che ho vissuto io”

Sono passati 4 anni da quando sua figlia Eluana è morta in seguito allo stop dell’accanimento terapeutico cui era stata sottoposta contro la sua volontà e quella della famiglia per 17 lunghissimi e dolorissimi anni. Oggi Beppino Englaro incontra le persone nei teatri e nelle sale di tutta Italia per raccontare la sua esperienza e parlare di diritti civili e libertà individuali, che la Costituzione italiana sancisce chiaramente all’articolo 32. Eppure, malgrado il testo fondativo della Repubblica sia cristallino, ci sono voluti quasi vent’anni di sofferenze, battaglie giudiziarie e vergognose ingerenze per arrivare ad un epilogo della dolorosa vicenda. Che prima di tutto resta una vicenda umana, legata alla libertà del singolo individuo di decidere per sè stesso, senza che la religione, la scienza, la politica con le sue leggi incostituzionali e una certa società civile ci mettano il becco. Beppino Englaro, questa sera sarà a Trento, per raccontare la sua storia e quella della figlia. Il suo esempio, la sua sofferenza, la sua tenacia, hanno portato la magistratura a mettere una parola decisiva sul fine vita, con una sentenza della Corte di Cassazione. La politica, invece, latita, tanto che in quattro anni (Eluana è morta nel 2009) non si è fatto un millimetro in avanti per legiferare in questo senso. Troppi interessi in gioco.

Signor Englaro, cosa è cambiato dopo la vicenda di Eluana?

Tutti dimenticano una cosa: è stato difficilissimo, prima della sentenza. Ci sono voluti anni per trovare in una sentenza, nero su bianco, le rivendicazioni dei diritti fondamentali, che per noi erano chiari già nel lontano ’92. Dopo questa sentenza, dove si parla dell’autodeterminazione terapeutica, è chiaro che non ci può essere un limite e nessuno può decidere al posto di o per qualcuno. Inoltre è stato stabilito un equilibrio tra i medici e la persona. Ora, dopo questa sentenza, tutti possono rivendicare questi diritti, a cui le istituzioni -alle quali mi ero rivolto – non hanno saputo dare alcuna risposta concreta. Ma alla fine è arrivata la magistratura, che non poteva non rispondere.

Perché la politica è stata così assente, quando non addirittura ostile, malgrado la Costituzione sia chiara?

Perché i politici hanno sollevato dei conflitti di attribuzioni facendo emergere conflitti dentro le istituzioni stesse, che sono poi arrivati perfino alla Corte costituzionale. Loro si sono comportati in modo scomposto, oltre che non avere risposto nel concreto, reagendo poi contro la magistratura. Quante volte abbiamo sentito dire che sono lontani dai problemi della gente, non sanno legiferare, perfino quando lo fanno per i loro interessi rischiano l’incostituzionalità. In questo caso c’è stato un conflitto di poteri che non andava sollevato. Poi la magistratura ha risposto come doveva rispondere e ha sopperito a risposte che doveva invece dare la politica.

Si sente di dire qualcosa alle famiglie o alle persone che in questo momento stanno vivendo quello che ha dovuto affrontare lei con sua figlia?

Bisogna vedere che cosa ne pensano i singoli. Il primato è della coscienza personale. La vicenda di Eluana è personale. L’unica cosa che posso dire è che, dopo questa vicenda, non ci può essere abbandono terapeutico o imposizione terapeutica. Ma la scelta riguarda la coscienza di ciascuno di noi. Sono cose estreme su cui ognuno deve decidere personalmente. Eluana, fin dal primo momento, è stata portata in quella situazione clinica dalla medicina, perché quella condizione non esiste in natura. La rianimazione ad oltranza porta anche a queste situazioni, anche se mia figlia non avrebbe voluto. Il concetto di fondo è che sono in gioco le libertà ed i diritti fondamentali delle persone, come dice l’articolo 32 della Costituzione. Io so solo che molte persone che incontro mi dicono grazie, ma io l’ho fatto per mia figlia. Ora lo possono fare tutti quelli che la pensano come Eluana. Perdere una figlia è una cosa umana, la cosa disumana sono stati gli ostacoli cui siamo andati incontro. D’ora in poi, grazie a questa vicenda, chi la pensa come Eluana potrà, in partenza, non andare più incontro a quello che ho vissuto io. Il medico non potrà rianimare ad oltranza e grazie alla Cassazione le cose sono cambiate. Io sono stato devastato: se uno vuole sapere che cosa è l’inferno sulla faccia della terra è quello che ho passato io.

Lo stato, dice la Costituzione, è laico. Ma troppo spesso la realtà è ben diversa. Perché?

I cambiamenti culturali sono processi lunghi e faticosi. Mi sono reso conto che ancora pochi hanno le idee chiare, c’è ancora molta confusione. I politici, le confessioni religiose, i medici. Ci deve essere un’evoluzione culturale.

Lei ha dichiarato spesso di non voler parlare della Chiesa, ma indubbiamente ha avuto un ruolo forte nella sua vicenda personale.

Quello che manca alla Chiesa è il rispetto degli altri. Lei ha i suoi valori e la sua storia millenaria che nessuno vuole mettere in discussione, e io la rispetto. Ma loro rispettino i miei di valori. Il rispetto dovrebbe esser reciproco. Loro hanno sempre dimenticato una cosa: il primato della coscienza personale. Alla Chiesa è mancato il rispetto di una posizione che era personale, quella di mia figlia. Loro non c’entravano nulla, però hanno trovato persone che sanno assumersi delle responsabilità rispetto alla propria vita, senza bisogno di tutele da parte di chicchessia. Le condizioni in cui era ridotta mia figlia sono state peggiori della morte, ma era la prima volta che in Italia veniva sollevata una cosa del genere.

Cosa serve perché le cose cambino veramente in Italia?

Dipende da noi cittadini. Ognuno rispetti i valori degli altri. In uno Stato laico, quando si rivendicano delle istanze, ci si rivolge alla magistratura, come ho fatto io. La vicenda di Eluana è stata troppo semplice e troppo chiara, per questo ha dato fastidio a tutti. I politici hanno già dimostrato i loro limiti, e questo lo vediamo tutti i giorni. Io partecipo a questi incontri per informare la gente, perché siamo noi che possiamo cambiare le cose. Non ci sono altre possibilità che partire dal basso. Se noi non cambiamo non cambieranno nemmeno i politici.

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Eutanasia, l’ipocrisia del dibattito

Alessandro Chiometti
www.cronachelaiche.it

I temi dell’eutanasia, del suicidio assistito, del testamento biologico tornano periodicamente a svegliare questo paese dalla sua sonnolenta ipocrisia. Anche questa volta, come nel caso di Mario Monicelli e Lucio Magri, c’è voluto il suicidio di un personaggio famoso, Carlo Lizzani, a ricordare agli smemorati italiani, tutti presi dalla retorica dell’apprezzamento di papa Francesco, che in questo Paese manca una legge che permetta di morire dignitosamente. Anzi, in questo Paese è ancora punito con una pena che va dai 6 ai 15 anni di reclusione il reato di “omicidio del consenziente”. Non solo, qui in Italia manca anche quel semplice registro dei testamenti biologici che garantirebbe, per lo meno, l’applicazione di un diritto costituzionale: quello di poter rifiutare le cure.

Per sanare questa mancanza di diritti civili sono state raccolte oltre sessantamila firme in questi mesi per una legge di iniziativa popolare che depenalizzi l’eutanasia e istituisca il registro dei testamenti biologici. Le firme sono state consegnate ma abbiamo in realtà ben poche speranze che questa, come succede di solito con queste proposte, non venga bloccata in qualche commissione senza neanche giungere in aula.
Tuttavia in questi giorni per lo meno se ne parla, e oltre ai soliti testimonial delle ragioni laiche sembra che anche il teologo dissidente Hans Kung voglia lanciare un’ultima sfida alla Chiesa cattolica richiedendo per se stesso il suicidio assistito (Kung infatti soffre di Parkinson). «Non voglio continuare a vivere come l’ombra di me stesso» ha recentemente scritto.

Il dibattito sul tema del fine vita ora produrrà la stanca e trita retorica cattolica secondo cui la vita non è disponibile e che la sofferenza avvicina a dio. E come al solito i cattolici integralisti dimenticheranno il punto focale della discussione, ovvero che nessuno chiederà loro di ricorrere all’eutanasia o di rifiutare le cure. Come sempre la differenza sarà fra una visione laica che vuole garantire i diritti di tutti, cattolici e non, e quella integralista che vuole imporre la propria etica a tutti. Come al solito sentiremo strillare contro di noi parole come “assassini” e “nazisti” e come sempre i mass media mescoleranno nel calderone temi che c’entrano come i cavoli a merenda.

Per fortuna siamo in Italia, sai che noia a vivere in un paese dove tutti i diritti sono riconosciuti?