SeminarioCDB – A proposito di “Tempi che cambiano”

Marcello Vigli

C’è una primavera nella Chiesa, italiana e non solo. Esiste una chiesa cristiana di base feconda, coinvolta, allargata che, In Italia, è anche uscita allo scoperto: prima nei diversi incontri su Il Vangelo che abbiamo ricevuto, poi nel settembre dell’anno scorso nella ricorrenza dell’inizio del 50° del Concilio nell’assemblea su Chiesa di tutti chiesa dei poveri, che ha raccolto a Roma oltre ottocento di quei cristiani di base a cui fa riferimento don Franco per aprire la stagione delle celebrazioni del Concilio dal basso.

Molti degli stessi cristiani insieme a tanti altri si erano coinvolti con successo nella raccolta di firme per i due referendum contro la privatizzazione dell’acqua e la legge elettorale. Altri sono presenti, come giustamente segnala don Franco, nel sostituirsi al welfare pubblico, con grande soddisfazione dei fautori del principio di sussidiarietà, per reinventare le opere di carità.

Gli uni e gli altri sono meno attivi nel contrastare il finanziamento pubblico alla Cei, che, mentre continua ad inquinare la vita sociale e a corrompere la Comunità ecclesiale, sta diventando sempre più inaccettabile in tempi di crisi.

Non tutti sono, invece, entusiasti dei segni che sta dando papa Francesco.

Se è anche vero che queste altre forme di chiesa di base, anche più incisive … non si riconoscono nel movimento delle comunità cristiane di base, è un po’ meno vero che sono espressione delle stesse istanze di partecipare del popolo di Dio nel cammino di una fede adulta, responsabile, liberante.

Le Cdb, non hanno mai pensato di essere “modelli” tipici. Non hanno infatti fatto quel proselitismo che anche papa Francesco ha definito “una solenne sciocchezza”, come, invece, fanno alcune di quelle comunità più incisive.

Soprattutto, però, a differenza di molte di loro hanno maturato la consapevolezza che per testimoniare il Dio di Gesù è necessario in primo luogo non farne oggetto di una scienza, la teologia, che, pur se ad altissimo livello, è pur sempre una visione antropomorfica dell’ineffabile: di Lui si può dire solo che non possiamo conoscerLo come ha detto di Sé a Mosè.

Solo così possiamo sfuggire alla tentazione di far confusione fra Lui e Cesare, di fare, cioè, del nostro stare insieme nel nome del Suo figlio, delle nostre comunità, della nostra chiesa una struttura istituzionale che, con le sue gerarchie e i suoi preti, nega nei fatti quella uguaglianza dei figli e figlie di un Padre che predilige gli ultimi perché saranno i primi.

Lunga vita, quindi, al nuovo cristianesimo che sta germogliando nella speranza che sperimenti il diritto di essere Popolo di Dio fatto di cittadini e non di sudditi, e che questi non si riducano a praticare la carità privata per far concorrenza alla solidarietà pubblica dimenticando il compito primario di evangelizzare.