La chiesa povera e dei poveri

Rocco Cerrato

Papa Francesco in uno dei suoi primi interventi ha parlato della Chiesa povera e dei poveri. Con questa definizione si è fatto interprete di una coscienza credente che vuole richiamare la natura evangelica delle comunità cristiane.

Anche assumendo come nome Francesco forse ha voluto riproporre il legame fra Chiesa e povertà. La caratteristica distintiva e forte dell’esperienza di fede francescana fu infatti la scelta radicale per la povertà.

L’ interpretazione della Chiesa povera fu proposta, ai tempi del Concilio Vaticano II, da Giacomo Lercaro e da Giuseppe Dossetti annunciando che solo una Chiesa povera poteva testimoniare, con autenticità, il messaggio di Gesù di Nazareth.

Questa qualifica si confronta inevitabilmente con il dato storico della ricchezza posseduta dal Vaticano e dalla Chiesa cattolica. L’esistenza e la natura dell’ Ior, la sua storia si contrappongono alla povertà che la Chiesa come comunità credente deve vivere.

Qual è la motivazione evangelica che giustifica, per il vescovo della Chiesa che è in Roma, la proprietà di una banca? Il Vaticano agisce da protagonista nella politica finanziaria internazionale e questo fatto conduce inevitabilmente la teologia cristiana alla domanda radicale sulla legittimità evangelica di queste pratiche storiche.

Perché il vescovo di Roma deve essere capo di uno Stato? Con una propria burocrazia e con una riconosciuta e valorizzata diplomazia internazionale, con una polizia propria e un proprio esercito seppur simbolico?

A Roma e in Italia il Vaticano e la Chiesa sono fra i maggiori proprietari di beni immobiliari e finanziari. In Italia la Chiesa gode di una ingiusta politica dell’8 per mille e non pratica una corretta tassazione sugli immobili che possiede. Una proclamata esigenza di Riforma richiede un intervento in tale settore per la consistenza eccessiva dei beni posseduti.

La ricchezza del Vaticano e della Chiesa in Italia impedisce di essere un chiaro segno evangelico nel nostro momento storico. Nell’attuale crisi mondiale risulta sempre più discriminante e significativa la parola di Gesù: “non potete servire Dio e il denaro”.

Questa parola va annunciata e proposta dalla comunità credente in tutta la sua radicalità. La morale cattolica giustifica il buon uso del denaro ma questa interpretazione non rispetta il giudizio radicalmente alternativo proposto da Gesù.

Nel mondo di oggi la Chiesa deve annunciare e praticare questa alternativa.

La denuncia di Gesù investe il ruolo e la funzione politica e sociale del denaro e del suo potere mondiale. La Chiesa povera deve proporsi come segno della contrapposizione di Dio al denaro. La Chiesa povera è chiamata a diventare segno e annuncio della beatitudine proclamata da Gesù: beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio ( Lc. 6,20).