Sinodo. In ascolto delle realta’ di base di G.Forcesi

Giampiero Forcesi (Redattore del sito c3dem – per una rete di cattolici democratici)
www.viandanti.org

A sorprendere non è il fatto che, per la preparazione del Sinodo dei vescovi sulla pastorale per la famiglia, sia stato predisposto e inviato ai vescovi delle chiese locali un questionario con 38 domande. Questa è una prassi seguita anche per gli altri sinodi, l’ultimo quello dell’ottobre 2012 sulla trasmissione della fede cristiana.

La definizione di Paolo VI

Nei Lineamenta, che costituiscono il primo documento di ogni percorso sinodale, l’obiettivo è proprio quello di fare il punto sul tema prescelto, ponendo interrogativi ai vescovi, e dunque alle chiese locali, per poi imbastire, in base ai dati di ritorno, l’Instrumentum laboris, che è il documento con il quale si arriva all’apertura dell’assemblea sinodale. Del resto, in quella che è considerata la definizione più appropriata e autorevole del sinodo, Paolo VI, il papa che il sinodo lo istituì durante l’ultima sessione del concilio Vaticano II, lo presenta come “uno studio comune delle condizioni della Chiesa” e come “la soluzione concorde delle questioni relative alla sua missione”. Uno studio, dunque, cioè un’indagine. Comune, che coinvolge la Chiesa cattolica nel suo insieme. Allo scopo di giungere a una “soluzione concorde”, cioè ad un orientamento pastorale condiviso. In questo senso, il sinodo è uno strumento della collegialità episcopale (come lo definì più avanti papa Woytjla). Anche se non è quella collegialità, permanente e soprattutto effettiva, che in Concilio la maggioranza dei Padri aveva cercato di istituire, senza riuscirci.

In ascolto della comunione cattolica

A sorprendere, oggi, è che quasi subito è parso chiaro che questa volta l’indagine preliminare potrebbe forse davvero raggiungere il popolo di Dio, fin nelle parrocchie, e non fermarsi, come quasi sempre in passato, ai soli vescovi e ai loro staff. Questo è apparso chiaro fin dalle prime dichiarazioni di mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti, che papa Francesco ha nominato segretario speciale del Sinodo lo scorso 14 ottobre. Bruno Forte ha spiegato che questa volta il percorso sarà in due tempi: prima, nell’ottobre del 2014, si terrà un’Assemblea straordinaria, che il papa ha voluto per sottolineare l’urgenza di dare alcune prime risposte, e poi, nel 2015, si terrà il Sinodo ordinario, per un’elaborazione più compiuta dei temi in questione. Della prima tappa, l’Assemblea straordinaria, quella di cui è segretario speciale, Bruno Forte ha detto che “vuol essere di ascolto delle realtà di base di tutte le Chiese della comunione cattolica, per individuare sfide, problemi, interrogativi, proposte”.

Per capire inquietudini e mutamenti

Il tema della famiglia, se affrontato con franchezza, con la sincera intenzione di conoscere e capire inquietudini e mutamenti che la attraversano, è ricco di implicazioni molto concrete, certo molto delicate e discusse. Dare alle realtà di base della Chiesa l’input di misurarsi con questo tema e chiamarle a dire apertamente quali sono le loro esperienze e qual è il loro sentire, è un gesto coraggioso. E, d’altra parte, poiché è papa Francesco ora a guidare il cammino della Chiesa, è forte la convinzione che questo coraggio possa davvero essere praticato e che la consultazione non sarà una cosa formale. Un precedente molto noto di consultazione, su questi temi, a cui non seguì, però, un reale percorso di ascolto e di dialogo, fu, subito dopo il Concilio, la consultazione cui diede vita Paolo VI. Furono coinvolti molti esperti e molti laici impegnati, ma il documento che ne seguì, l’enciclica Humanae vitae, se, per un verso, è stato un documento di grande intensità e anche di forza profetica, per un altro verso fu un gesto di chiusura rispetto a ciò da quella consultazione era emerso, in particolare per quanto riguarda i metodi di regolazione delle nascite.

Il documento preparatorio dell’Assemblea straordinaria che si terrà nell’ottobre del prossimo anno, a differenza dei documenti preparatori (i Lineamenta) degli altri sinodi, si compone solo di poche pagine di richiamo alle “problematiche inedite” che si profilano oggi e alle fonti bibliche e all’insegnamento della Chiesa su matrimonio e famiglia, e subito dopo dà spazio al questionario con le 38 domande, che assume pertanto un particolare rilievo.

Alcune perplessità

La struttura del questionario può destare qualche perplessità, perché si inizia con domande relative alla “diffusione della Sacra Scrittura e del Magistero della Chiesa riguardante la famiglia” e si prosegue con domande “sul matrimonio secondo la legge naturale” e altre su come si realizza attualmente “la pastorale della famiglia”. Solo a questo punto si allarga l’attenzione alle situazioni problematiche: prima le “situazioni matrimoniali difficili”, poi le “unioni di persone dello stesso sesso”, la “educazione dei figli in seno alle situazioni di matrimoni irregolari”, e infine gli interrogativi “sull’apertura degli sposi alla vita”, e cioè sui metodi regolazione delle nascite. In sostanza, prima si indicano i principi da seguire, con un riferimento tra l’altro alla “legge naturale” il cui concetto si ammette che sia piuttosto contestato ma tuttavia viene ugualmente riproposto in quanto tale, e poi si affrontano le “problematiche inedite”, quasi a volerle pre-comprendere attraverso il bagaglio del Magistero. Mentre il percorso inverso sarebbe forse risultato più coerente con le intenzioni stesse di questa Assemblea sinodale, e comunque più in sintonia con il vissuto delle persone: individuare prima i problemi, le inquietudini, le domande, e poi richiamare le parole del vangelo, la riflessione sin qui offerta dal magistero della Chiesa, ed anche le esperienze esemplari di tante famiglie cristiane in situazioni difficili, per chiedere infine alle comunità ecclesiali come quelle parole e quelle riflessioni sono percepite, accolte, interpretate. E come quelle esperienze, forti e positive, possono aiutare a discernere il cammino.

Le dimensioni del vissuto e dell’ascolto amicale

Chiedere “quali sono i fattori culturali che ostacolano la piena ricezione dell’insegnamento della Chiesa sulla famiglia” (domanda n. 4) può essere utile in uno studio accademico, ma induce a pensare che il punto sia solo quello di vedere come meglio convincere della bontà dell’insegnamento sin qui dato e non invece, anche, e forse soprattutto, quello di ascoltare ed esaminare più a fondo i problemi in vista di un insegnamento disponibile a rielaborarsi, ad arricchirsi e ad approfondirsi. Forse a farsi più essenziale.

In ogni caso, va detto che le domande attraverso le quali si cerca di leggere la realtà, nei vari paesi e contesti, e in particolare quelle in cui si chiede di avanzare delle proposte per affrontare le difficoltà, aprono a un grande lavoro di scavo nel vissuto delle persone, delle famiglie, delle comunità ecclesiali. Quando si chiede “quali sono le richieste che le persone divorziate e risposate rivolgono alla Chiesa a proposito dei sacramenti dell’eucaristia e della riconciliazione”, e se “lo snellimento della prassi canonica in ordine al riconoscimento della dichiarazione di nullità del vincolo matrimoniale potrebbe offrire un reale contributo positivo alla soluzione delle problematiche delle persone coinvolte”, o “come comportarsi pastoralmente in vista della trasmissione della fede nel caso di unioni di persone dello stesso sesso che abbiano adottato bambini”, si mostra di voler accostare i problemi più difficili senza intransigenza, dando la priorità non alla riaffermazione dei principi ma piuttosto alla dimensione dell’ascolto, allo spirito di amicizia, allo sforzo di comprensione.

E’ su questa via che il dare risposta a questioni come la comunione ai divorziati risposati, o il riconoscimento dell’unione di persone dello stesso sesso, o la valutazione morale dei differenti metodi di regolazione delle nascite, diviene possibile. Il rispetto, l’ascolto, l’amicizia possono portare sia a una rielaborazione dell’insegnamento, che da un lato si ricentra sull’essenziale dell’evangelo e dall’altro viene per lo più a presentarsi come una proposta alta, sia a una maggiore attenzione e disponibilità di quanti, immersi nelle difficoltà del loro vissuto, sentono che dal confronto con quella proposta possono trarre alimento per una ricomprensione della loro vita e, in qualche caso, per una loro profonda rigenerazione.