Quando il genitore “si scopre” omosessuale

Alessandra Bialetti *
Adista Segni Nuovi n. 44 del 14/12/2013

Si è svolta a Roma, il 7 dicembre, la manifestazione promossa dalla comunità lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali) contro la discriminazione omofobica e a favore del riconoscimento dei diritti civili per garantire la salvaguardia dell’integrità individuale, di coppia e collettiva.

Sebbene l’Italia sia ancora notevolmente indietro nel percorso giuridico, la realtà omosessuale permea il contesto sociale e familiare all’interno del quale si vivono difficoltà e contraddizioni. Voglio incentrare il focus su un aspetto particolare dell’omosessualità in famiglia, ovvero il percorso di vita che si apre davanti al genitore che, dopo una relazione eterosessuale da cui sono nati dei figli, “scopre” il suo orientamento omosessuale.

Dalla ricerca Modi.di, condotta nel 2005 in Italia da Arcigay con il patrocinio dell’Istituto superiore di Sanità, si calcola che siano circa 100mila i figli con almeno un genitore omosessuale: il 17% dei gay e il 20,5% delle lesbiche con più di 40 anni hanno figli per la maggior parte frutto di precedenti unioni eterosessuali. Se ne evince che il fenomeno è molto diffuso, anche se costituisce una realtà sommersa.

È preferibile parlare non tanto di scoperta della propria omosessualità quanto di riappropriazione di un orientamento a lungo avversato, perché ritenuto fortemente critico e carico di timori e difficoltà. L’orientamento e l’identità vengono a lungo negati, nascosti, camuffati dietro una presunta normalità eterosessuale, per il fondato timore di rifiuto e ghettizzazione, per il desiderio di rispondere alle pressioni familiari che spingono verso il modello tradizionalmente accettato dalla società, per il desiderio di genitorialità che si pensa inconciliabile con il proprio orientamento o addirittura per la convinzione che il matrimonio possa aiutare a superare la tendenza omosessuale. Se poi questi timori investono la genitorialità, le criticità aumentano.

I conflitti che nascono nella coscienza della persona omosessuale sono dettati dal senso di indegnità ad essere genitore in quanto omosessuale, dalla paura di non fornire al bambino un ambiente familiare “normale”, dal senso di colpa di aver messo al mondo un bambino “con un problema in più”. La paura del rifiuto da parte del figlio, pur essendo comprensibile, spesso danneggia il legame affettivo e rischia di alterare il percorso educativo.

Inizialmente può essere fisiologico che il figlio, soprattutto adolescente, si scontri e rifiuti il genitore a causa della sua omosessualità, ma, a lungo andare, l’esperienza dimostra che tale rifiuto lascia il passo al riavvicinamento, soprattutto se il genitore riesce a mantenere gli stessi comportamenti affettivi, emozionali e di guida, libero il più possibile da sensi di colpa e di vergogna.

Numerosi studi dimostrano che la capacità genitoriale non è dipendente dall’orientamento sessuale, ma dalla qualità della relazione e dalla capacità di dare cura, protezione, contenimento emotivo, regole e limiti. Il saper entrare in risonanza emotiva con il figlio e con ciò che vive interiormente è requisito essenziale di un buon percorso educativo e questo non dipende da come ci si percepisce sessualmente, ma dalla capacità di stare accanto, di “stare con”.

Sotto il profilo giuridico, nel caso di separazione, il diritto non prevede né la perdita della potestà genitoriale, né l’addebitamento per colpa in caso di omosessualità del genitore, sottolineando la capacità genitoriale di svolgere i compiti di guida e accompagnamento del figlio.

Risulta chiaro che molto spesso è proprio lo stigma sociale, la discriminazione e l’omofobia a rappresentare un carico pesante sul benessere psicologico della persona che si trova ad affrontare un duplice compito di sviluppo: la costruzione o riscoperta della propria identità omosessuale e la riconfigurazione della propria identità genitoriale tessendo nuovi rapporti improntati alla capacità di accogliere se stesso e l’altro in un clima di empatia e ascolto reciproco. Fondamentale il sostegno al genitore. A tal proposito si ricorda il lavoro svolto dall’associazione Rete Genitori Rainbow, nata con lo scopo di sostenere i genitori che si scoprono omosessuali offrendo uno spazio relazionale di ascolto, confronto e supporto nel delicato momento del coming out (ovvero della rivelazione di se stessi), e della ridefinizione del proprio percorso di vita personale e familiare.

* Pedagogista sociale e consulente familiare