Aborto, la Spagna fa la guerra alle donne. E noi?

Checchino Antonini
popoff.globalist.it

Anton Tejero, credo, sarebbe contento di quello che sta accadendo in Spagna. Lui è quel tenente colonnello, figura lugubre e goffa, che fece irruzione nel Parlamento spagnolo in un giorno di febbraio del 1981 per tentare un golpe contro la lentissima transizione alla democrazia dello stato spagnolo orfano del franchismo. Tejero, classe 1932, è fuori dal ’96 e dal suo buon retiro a Malaga si gode questo clamoroso riavvolgimento del nastro che le Cortes hanno stabilito ai danni delle donne spagnole.

La Spagna ha fatto marcia indietro sull’aborto. Il governo conservatore di Mariano Rajoy ha approvato un progetto di legge ancora più restrittivo delle norme in vigore dal 1985, modificate nel 2010 dalla maggioranza progressista di Josè Luis Rodriguez Zapatero, che pose la legislazione spagnola all’avanguardia in Europa. Se il Parlamento approverà il progetto – e non dovrebbero esserci sorprese in questo senso, dato che il Partido popular (Pp) del premier ha la maggioranza assoluta – l’aborto sarà un reato, anche se solo per i medici e non per la donna, e potrà essere consentito solo in pochi casi e ben specificati. Il Pp aveva fatto di questa riforma uno dei punti salienti del programma elettorale con cui vinse le elezioni nel 2011.

L’approvazione del progetto di legge viene però contestato dalle femministe e dal Partito socialista (Psoe) che lo definisce «cinico e ingiusto». L’opposizione annuncia battaglia per cancellare una legge che colpisce «l’autonomia delle donne per esercitare liberamente la loro maternità». Chiede il voto segreto e si appella alle 76 deputate del Pp per modificare il testo. Ma le possibilità che ciò avvenga sono molto scarse. La «Riforma della salute sessuale e riproduttiva e della interruzione volontaria della gravidanza» modifica la legge in vigore da tre anni.

Elimina i vincoli temporali entro i quali è possibile interrompere la gravidanza e l’aborto è consentito solo nei casi di stupro e di «pericolo grave» per la salute fisica o psichica della donna. Inoltre, abolisce anche la possibilità, introdotta nel 2010, che ragazze minori di 16 anni possano abortire senza il consenso dei genitori (sarà obbligatorio). L’aborto non avrà conseguenze penali per la donna (ma non si specifica se siano previste sanzioni amministrative), mentre costituirà reato per i medici che violino la legge. Viene introdotta la possibilità di obiezione di coscienza per i medici e i professionisti che prescrivono l’interruzione della gravidanza non potranno lavorare nei luoghi dove sarà poi effettuata. Inoltre, è vietata la pubblicità per le cliniche che attuano l’aborto («non è un prodotto commerciale»).

La legge attualmente in vigore consente di poter abortire, senza dare spiegazioni, entro le prime 14 settimane; il termine viene elevato a 22 in caso di «grave pericolo per la vita o la salute della donna», rischio di gravi anomalie per il feto, o infermità estremamente gravi e incurabili (quest’ultimo termine viene confermato). Il ministro della Giustizia, Alberto Ruiz Gallardon, ha detto che l’intenzione del governo è di dare attuazione a una sentenza del 1985 del Tribunale Costituzionale relativo ai diritti del nascituro. In quella sentenza quel diritto veniva considerato «un bene giuridico che lo Stato ha l’obbligo di proteggere».

L’irruzione di Tejero alle Cortes venne trasmessa in eurovisione e in Italia fu immediata la mobilitazione del tessuto antifascista in solidarietà con i lavoratori spagnoli. I primi ad arrivare in Piazza di Spagna, più vicino possibile alla sede diplomatica di Madrid, furono i militanti della Lega comunista rivoluzionaria seguiti da tutti gli altri, Pci compreso. Come reagiranno le reti delle donne, i movimenti femministi, oggi? Ci saranno momenti di attivazione che facciano sentire meno sole le donne spagnole e le loro sorelle del resto d’Europa? Perché non si torna in Piazza di Spagna a manifestare contro l’oscurantismo di un governo che sulla pelle delle donne e dei lavoratori prova a riavvolgere il nastro della storia? Potrebbe essere, magari, anche un modo per parlare a noi stessi, a quello che siamo diventati in questi anni di neo liberismo oscurantista. In Spagna cattolici e socialisti sembrano essere – sui diritti civili, almeno – su lati opposti della barricata, in Italia quelle due famiglie hanno dato vita al partito unico dell’austerità e del Vaticano. Il Pd.

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Spagna: dal movimento femminista appello alla mobilitazione
Il più grave attacco ai diritti delle donne dalla dittatura franchista

Riprendiamo dal sito communianet.org, nella traduzione di Nadia Demond, una nota di Revolta Global – Esquerra Anticapitalista con l’appello alla partecipazione attiva a tutte le iniziative per impedire l’approvazione della controriforma della legge sull’aborto.

Dopo due anni di minacce, dichiarazioni provocatorie e opacità, il governo del PP (Partido Popular) ha approvato venerdì 20 dicembre l’anteprogetto di legge sull’aborto, batezzata dal suo proponente, Alberto Ruiz Gallardon, “Legge sulla Protezione della Vita del Concepito e sui Diritti della Gravida” (?!). La controriforma, fatta alle spalle dei collettivi di donne e del personale sanitario, è risultata essere molto più reazionaria di quello che erano fino adesso le più pessimistiche previsioni e costituisce una violazione senza precedenti del diritto delle donne di decidere sul proprio corpo dagli anni settanta in poi. La legge sopprime il termine delle 14 settimane – introdotto nel 2010 – entro il quale le donne potevano abortire senza dover fornire nessuna motivazione, e recupera la logica insita nella legge dell’85 in una versione molto più restrittiva e paternalista. *Altri vincoli introdotti sono l’ampliamento del periodo obbligatorio di riflessione da tre a sette giorni e la richiesta incondizionale dell’autorizzazione genitoriale per le minorenni.

Il movimento femminista diffuso in tutto lo Stato spagnolo sta lanciando l’appello alla mobilitazione contro questo gravissimo attacco e questo stesso venerdì migliaia di persone si sono concentrate davanti alla Delegazione del governo a Barcellona per manifestargli il loro rifiuto. Dopo aver bloccato il traffico nelle via Lluria e Mallorca per più di un’ora e aver letto il combattivo manifesto che dichiara la disobbedienza femminista di fronte alla controriforma, le/i manifestanti hanno iniziato un corteo diretto a piazza Sant Jaume. La manifestazione si è fermata davanti alla Cattedrale dove è stato letto di nuovo il manifesto e si è conclusa davanti al Palazzo della Generalitat, dove ha voluto ricordare che il Parlamento Catalano si è recentemente impegnato a garantire il diritto delle donne a abortire in modo libero e gratuito (entrambe le decisioni prese con i voti contrari del PP e dell’Uniò e con l’astensione di Ciutadans), e si è insistito perché il governo di CIU mantenga la sua promessa.

Revolta Global-Esquerra Anticapitalista condivide il più totale rifiuto di questo nuovo attacco del PP contro i diritti e le libertà delle donne e fa appello alla partecipazione attiva a tutte le iniziative, azioni e mobilitazioni che si stanno convocando per impedire l’approvazione di questa legge.

Il diritto a decidere sul proprio corpo non è né prescindibile né negoziabile!

* ndr. Ormai sarà necessario il parere di due medici che attesti il grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.