Missioni militari e armamenti: tutti i numeri dei finanziamenti per il 2014

Luca kocci
http://lucakocci.wordpress.com

In missione militare all’estero per tutto il prossimo anno. La Camera dei deputati ha approvato il decreto legge – ipocritamente titolato «Iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione» – che rifinanzia in blocco 24 missioni all’estero. In tutto 700 milioni di euro per restare almeno un altro anno in Afghanistan, Libano, Palestina, Kosovo, Libia, Georgia, nel Darfur e così via. Respinta la proposta di Sel che chiedeva di votare separatamente ogni missione, vista anche la loro profonda diversità. «Nello stesso decreto – spiega Giulio Marcon, deputato di Sel – c’è il finanziamento di missioni militari sbagliate, come quelle in Afghanistan e in Libia, e altre che hanno diversa natura, come quelle in Libano ed in Palestina. Accanto ad autentiche missioni di guerra, interventi di peacekeeping, con l’accordo delle parti in conflitto e su mandato delle Nazioni Unite».

Solo per l’Afghanistan, la missione principale, ci sono 129 milioni di euro, quasi il 20% del totale. «Se gli 8 miliardi di euro impegnati dal 2001 ad oggi per mantenere la missione militare italiana in quel Paese li avessimo spesi per la ricostruzione e la stabilizzazione dell’Afghanistan, avremmo fatto sicuramente meglio. Quella sarebbe stata una vera missione di pace, da votare e finanziare», spiega ancora Marcon, che rivela anche che il ministro della Difesa Mario Mauro ha annunciato che anche nel 2015 saranno presenti in Afghanistan 800 soldati italiani per partecipare alla missione Nato «Resolute Support», senza che il Parlamento ne abbia mai discusso e abbia deliberato in merito.

Ma è tutto il comparto militare ad essere sostanzialmente foraggiato, anche nella legge di stabilità del governo Letta-Alfano che tuttavia non è stata ancora approvata definitivamente. Secondo le stime «previsionali» della Rete per il disarmo, l’Italia nel 2014 brucerà complessivamente 23,6 miliardi di euro in spesa militare, 400 milioni in meno rispetto al 2013 ma 700 in più rispetto al 2012.

Per le Forze armate ci sono oltre 20 miliardi di euro (l’1,26% del Pil), di cui oltre 14 miliardi per la Funzione Difesa (due terzi dei quali spesi per gli stipendi del personale di Esercito, Aeronautica e Marina, quindi riducendo al minimo le spese per l’esercizio, ovvero la manutenzione dei mezzi, il carburante, ecc.), 5,6 miliardi per la Funzione Sicurezza Territorio (la quarta Forza armata, i Carabinieri) e 450 milioni per la «ausiliaria», cioè l’indennità pagata agli ufficiali “a riposo” come premio per il loro rimanere “a disposizione” degli Stati maggiori (il finanziamento delle missioni militari è extra-bilancio). Per gli investimenti, ovvero per lo più per l’acquisizione di nuovi sistemi d’arma, sono previsti 3 miliardi e 300 milioni – grazie anche ad alcuni emendamenti targati Partito democratico che hanno aumentato ulteriormente lo stanziamento per sostenere l’industria armiera, denuncia il Verde Angelo Bonelli –, a cui vanno però aggiunti i fondi provenienti dal ministero dello Sviluppo economico, 2 miliardi e 600 milioni, per un totale di quasi 6 miliardi di euro da spendere in nuove armi (ma un emendamento di Sel, approvato in commissione bilancio il 12 dicembre, esclude che i fondi possano essere utilizzati per finanziare il programma dei cacciabombardieri F35).

Proprio mentre papa Francesco, nel messaggio per la Giornata mondiale della pace del prossimo 1° gennaio, dice: «Rinunciate alla via delle armi e andate incontro all’altro con il dialogo, il perdono e la riconciliazione per ricostruire la giustizia, la fiducia e la speranza intorno a voi!». «Finché ci sarà una così grande quantità di armamenti in circolazione come quella attuale – ha proseguito –, si potranno sempre trovare nuovi pretesti per avviare le ostilità. Per questo faccio mio l’appello dei miei predecessori in favore della non proliferazione delle armi e del disarmo da parte di tutti».

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«È immorale spendere per le armi mentre si taglia sanità e scuola»

Appello di padre Zanotelli

Quella degli investimenti per l’acquisto di nuovi sistemi d’arma (v. notizia precedente) è una questione che chiama direttamente in causa le relazioni fra industrie armiere e politica. Ne è convinto p. Alex Zanotelli che – in un appello datato maggio 2013 ma rilanciato in un’assemblea a Napoli lo scorso 11 dicembre dal Comitato pace disarmo e smilitarizzazione della Campania – dopo aver richiamato le numerose inchieste della magistratura sulle tangenti Finmeccanica, domanda: «Tangenti sulla vendita di armi. Quanto va ai partiti?».

È «fondamentale capire la connessione fra armi e politica», afferma il comboniano. «È stata questa la domanda che avevo posto al popolo italiano come direttore della rivista Nigrizia negli anni 1985-1987, pagandone poi le conseguenze (Zanotelli fu allontanato dalla direzione del mensile per ordine del Vaticano su pressione di alcuni uomini politici e di governo, Craxi e Spadolini su tutti, ndr). All’epoca avevo saputo che alla politica andava dal 10 al 15%, a seconda di come tirava il mercato. Tutti i partiti lo avevano negato. Noi cittadini italiani abbiamo il diritto di sapere se quella pratica è continuata in questi ultimi 20 anni» in cui «l’industria bellica italiana è cresciuta enormemente», vendendo armi, «violando tutte le leggi, a Paesi in guerra come Iraq e Iran e a feroci dittature da Mobutu a Gheddafi, che hanno usato le nostre armi per reprimere la loro gente».

Per questo, scrive Zanotelli, «chiediamo al governo Letta e ai deputati e senatori di sapere la verità sulle relazioni tra armi e politica», per esempio con la costituzione di «una commissione incaricata di investigare la connessione tra vendita d’armi e politica. Non possiamo più accettare che il segreto di Stato copra tali intrecci!».

È «immorale», tuona Zanotelli, spendere oltre 25 miliardi di euro per il settore militare (v. ancora notizia precedente) «mentre non troviamo soldi per la sanità e la scuola. È immorale spendere 15 miliardi di euro per i cacciabombardieri F35 che potranno portare anche bombe atomiche, mentre abbiamo 1 miliardo di affamati nel mondo. È immorale il colossale piano dell’Esercito italiano di digitalizzare e mettere in rete tutto l’apparato militare italiano, un progetto che ci costerà 22 miliardi di euro, mentre abbiamo 8 milioni di italiani che vivono in povertà relativa e 3 milioni in povertà assoluta. È immorale permettere sul suolo italiano che Sigonella diventi entro il 2015 la capitale dei droni e Niscemi diventi il centro mondiale di comunicazioni militari, mentre la nostra Costituzione “ripudia” la guerra come strumento per risolvere le contese internazionali».

«Mi appello – conclude p. Zanotelli – a tutti i gruppi, le associazioni, le reti, impegnati per la pace, a mettersi insieme, a creare un Forum nazionale come abbiamo fatto per l’acqua. Cosa impedisce al movimento della pace, così ricco, ma anche così frastagliato, di mettersi insieme, di premere unitariamente sul governo e sul Parlamento?». Otteniamo poco perché «siamo divisi», ma «se saremo capaci di metterci insieme, di fare rete, credenti e non, ma con i principi della nonviolenza attiva, riusciremo ad ottenere quello che chiediamo».