Le pietre miliari della Chiesa di L.Kocci

Luca Kocci
il manifesto, 3 gennaio 2014

Nella bimil­le­na­ria sto­ria della Chiesa ci sono 21 «pie­tre miliari» che ne segnano chia­ra­mente le tappe. Si tratta dei 21 Con­cili ecu­me­nici e gene­rali che, da Nicea (325) al Vati­cano II (1962–1965), hanno deli­neato il cam­mino della Chiesa, cri­stiana prima e cat­to­lica poi, attra­verso un per­corso lungo il quale si sono sus­se­guiti osta­coli e scor­cia­toie, balzi in avanti (pochi) e ritorni al pas­sato (molti), con­tra­sti, con­sensi e dis­sensi, in una con­ti­nua osmosi con la sto­ria sociale e poli­tica ita­liana, euro­pea e mon­diale. Per­ché i Con­cili, oltre alla defi­ni­zione dei dogmi e alla con­fi­gu­ra­zione del potere papale e dell’organizzazione eccle­sia­stica, hanno inven­tato ere­tici, lan­ciato cro­ciate, pro­dotto inqui­si­zioni e con­tro­ri­forme, infine ten­tato, il Vati­cano II, di ricon­ci­liare la Chiesa con la moder­nità, dopo i roghi, le abiure e gli arroc­ca­menti all’interno delle mura di una cit­ta­della che si rite­neva asse­diata dal resto del mondo.

Venti secoli rac­con­tati da Luigi San­dri – gior­na­li­sta e vati­ca­ni­sta di lungo corso, in pas­sato col­la­bo­ra­tore del mani­fe­sto – in un volume di 1.078 pagine che, mesco­lando accu­ra­tezza sto­rica, sem­pli­cità di lin­guag­gio e «pas­sione rifor­ma­trice», rende com­me­sti­bili anche ai non spe­cia­li­sti vicende intri­cate e que­stioni com­plesse. Dal Geru­sa­lemme I al Vati­cano III. I Con­cili nella sto­ria tra Van­gelo e potere (Il Mar­gine, euro 30) rac­conta la genesi, i lavori e le con­se­guenze dei Con­cili – che, scrive San­dri, «non vivono in una bol­li­cina estra­niata da un pre­ciso qua­dro sociale, cul­tu­rale e geo­po­li­tico» – e, attra­verso di essi, l’intera sto­ria della Chiesa, dalle ori­gini ai giorni nostri, e anche oltre, sognando e imma­gi­nando un 22mo Con­ci­lio per «una Chiesa final­mente libera dal potere e appas­sio­nata sola­mente del Vangelo».

Dopo il pre­am­bolo del «Con­ci­lio arche­tipo di Geru­sa­lemme» – il primo con­flitto nella neo­nata comu­nità cri­stiana, intorno all’anno 50, sull’atteggiamento «rigo­ri­sta» o «aper­tu­ri­sta» da tenere nei con­fronti dei con­ver­titi non pro­ve­nienti dal mondo ebraico –, la sto­ria comin­cia a Nicea, dove si com­pie la scelta di «dog­ma­tiz­zare il cri­stia­ne­simo». Un metodo, nota l’autore, che carat­te­riz­zerà tutta la suc­ces­siva vita della Chiesa – «i soste­ni­tori della dot­trina “orto­dossa” avreb­bero sco­mu­ni­cato i loro avver­sari rite­nuti “ete­ro­dossi”» – e che in un certo pro­se­gue anche oggi.

Dal punto di vista sociale e poli­tico nel secolo di Nicea si veri­fica anche quella «muta­zione gene­tica» del cri­stia­ne­simo (con Costan­tino e Lici­nio la fede cri­stiana diventa «lecita», con Teo­do­sio «reli­gione di Stato»), che spia­nerà la strada alle suc­ces­sive alleanze fra altare e trono e, più in gene­rale, fra Chiesa e potere. Dibat­tito lungo e arti­co­lato quello sul «costan­ti­ni­smo» – più vivo che mai in que­sto anno 2013, anni­ver­sa­rio numero 1.700 del cosid­detto Editto di Milano –, di cui San­dri dà conto e sul quale prende posi­zione, per­ché il libro è rigo­roso ma non aset­tico, giu­di­can­dolo «dele­te­rio», per la Chiesa e per gli Stati: «Entrando prima dalla fine­stra e poi dalla porta prin­ci­pale nel Palazzo del potere, quella che un tempo era l’umile comu­nità delle disce­pole e dei disce­poli di Gesù di Naza­reth si asside ideal­mente alla mensa degli impe­ra­tori per un reci­proco dare e ricevere».

Il viag­gio con­ti­nua con i Con­cili del medioevo, inter­ca­lati dalle nar­ra­zioni della «falsa dona­zione di Costan­tino» – il papato è «dono di Cri­sto o di Costan­tino?», si chiede l’autore –, dello Sci­sma d’Oriente, del Dic­ta­tus papae di Gre­go­rio VII che afferma la supe­rio­rità asso­luta del papa, delle Cro­ciate e del Con­ci­lio di Costanza (1414–1418) che invece pro­clama la pre­va­lenza del Con­ci­lio sul papato. Fino a Lutero e alla Riforma pro­te­stante, a cui la Chiesa cat­to­lica rea­girà con la nuova chiu­sura della Con­tro­ri­forma, ela­bo­rata a Trento alla metà del Cin­que­cento (un Con­ci­lio «spar­tiac­que fra un prima e un dopo») e pro­se­guita dopo, «guida mae­stra di Roma» fino al Nove­cento, quando ci sarà la «svolta» del Vati­cano II e la lunga sta­gione del post Con­ci­lio, carat­te­riz­zata dalla dia­let­tica fra la piena attua­zione del rin­no­va­mento (Chiesa «popolo di Dio», col­le­gia­lità, libertà reli­giosa, ecc.) e la linea vin­cente di Woj­tyla e Ratzin­ger: il ridi­men­sio­na­mento, se non il vero e pro­prio sof­fo­ca­mento, delle istanze conciliari.

Si arriva a papa Fran­ce­sco a cui San­dri guarda con atten­zione, per «alcune pro­met­tenti novità» intra­vi­ste all’inizio del pon­ti­fi­cato, e con la spe­ranza che «avvii la pre­pa­ra­zione di un nuovo Con­ci­lio» – magari da svol­gersi lon­tano da Roma, a Manila, a Nai­robi o a Pue­bla –, per­ché la Chiesa si liberi dal potere e torni al Vangelo.