E se la campagna contro la violenza alle donne finisse col risultare contro le donne?

Giovanna Pulvirenti
www.womenews.net

Vedere la donna maltrattata per la seconda volta dalla pessima pubblicità che si sta facendo intorno alla “violenza contro le donne”, occultando nella “denuncia” una realtà, sia maschile che femminile, molto più articolata e ricca, mi addolora molto.

Non ci sono alternative a tali rappresentazioni “artistiche” di donne maltrattate, (vedi spettacoli ad hoc, concorsi di fotografia e simili); di donne massacrate a cui si dice in forma imperativa “non provare a cambiare l’uomo che ami, cambia uomo” (vedi cartello pubblicitario contro la violenza alle donne in metropolitane e bus di Roma)? Alternativa c’è, a mio modesto parere.

Di sicuro uno strumento “buono” è quello di dar voce agli uomini violenti pentiti e ai nonviolenti, affinché venga superata la falsa equazione maschio=violenza. Per fortuna questo tipo di iniziative di uomini contro la violenza esistono e sono da sostenere. Ma gli uomini la parola sono abituati a prendersela e sanno prendersela, non hanno bisogno che le donne gliene diano in più.

Altro strumento è quello di proporre esempi positivi di donne libere, non vittime: donne verso cui sarebbe impossibile usare violenza. Esempi reali del passato e del presente (e ce n’è!) su cui le giovani donne possano trovare riferimenti e sentirsi sostenute a reagire alla violenza. Soprattutto, ad agire la loro quotidiana vita sicure di se stesse in piena autonomia e coscienza della propria forza.

Anche sarà molto utile non permettere l’occultamento e la ingannevole ritrascrizione di quello che è stata ed ancora è la libertà femminile e la Storia dell’emancipazione femminile. Partiamo da una ipotesi, diciamo così, “evoluzionista”, e perdonatemi se può sembrarvi un po’ semplicistica. Supponiamo l’idea di essere testimoni di un passaggio storico – il cambiamento della relazione uomo-donna – iniziato intorno al periodo della Rivoluzione francese.

Supponiamo che il conflitto relazionale (connesso ai complessi cambiamenti storici) sia una delle tappe di questo passaggio e che la prima vittima di tale conflitto sia stata Olimpia De Gouge, ghigliottinata per aver preteso di inserire anche i diritti delle donne nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789.
La morte del patriarcato e la nascita di nuove forme di debolezza maschile potrebbero essere state perdite sul fronte opposto. Le donne hanno inoltre vinto alcune battaglie (non la guerra): uguaglianza dei diritti in vari campi, rottura del tetto di cristallo che vedeva solo uomini nei luoghi dirigenziali, il riconoscere la complessa ambivalenza sia maschile che femminile nell’animo di tutti noi, l’emergere del pensiero della differenza femminile, etc.

Adesso succede che il cadavere del patriarcato risorge in molte forme (dalle olgettine alle molte campagne mistificatorie e ingannevoli contro la violenza alle donne, ma in realtà contro le donne).
Succede che si propongano esempi maschili e femminili stereotipati e non reali, istruendo alla violenza gli uomini ed alla rassegnazione e alla passività le donne.

Non auspico la vittoria di una sola delle due parti. Assolutamente no. Auspico piuttosto che il passaggio evolutivo possa svolgersi nel consolidarsi di nuove forme di relazioni uomo-donna, che oggi non vengono comprese dai più, che sono già esistite in passato (in minoranza, ma in tutt’altro contesto storico), che esistono oggi nella pratica concreta di vita e in poche narrazioni, visive, filmiche o letterarie, relegate nella “nicchia”.

Ci sono realtà fatte di relazioni positive, di storie di donne che costruiscono la propria vita in maniera autonoma, costruttiva e creativa; di donne e uomini che, pur nella conflittualità, non ricorrono alla violenza ma ad argomentazioni. Di donne e uomini in grado di parlarsi rispettandosi. Persino comprendendosi e amandosi, talvolta!

Per fortuna, la realtà è sempre più complessa di come noi riusciamo a appresentarla. Nonostante oggi sia molto più di moda la parola “femminicidio” della parola “femminismo”, nonostante oggi la sessualità sia spesso rappresentata come un incontro di boxe piuttosto che come un colloquio tra anime, non è detto che anche per la Storia audience e botteghini siano più importanti della realtà concreta di fatti e persone.

Anzi, probabilmente è vero il contrario. Non è un caso che le voci dissonanti (Gesù Cristo, Gandhi, Nelson Mandela per dire i soliti noti) siano poi quelle a cui si consegni la chiave di cambiamenti e passaggi storici cruciali: non potendone fare a meno, probabilmente, e nonostante ci sia comunque sempre in agguato la trascrizione ingannevole, la mistificazione, la bugia, a voler farci indietreggiare ancora.

Ma ci sono luoghi da cui non è possibile tornare indietro. Io ne sono persuasa. Tra questi mi limito a nominare i seguenti due: la possibilità dell’autonomia di pensiero sia femminile che maschile (oggi intaccata dal nuovo dittatore universale rappresentato dai mass-media); l’uso di tutte le potenzialità e risorse umane, senza lasciarsi scoraggiare da forze depressive che agiscono dall’interno e che, dall’esterno, rischiano di essere nutrite da errate campagne pubblicitarie “contro” la violenza alle donne, ed in realtà contro la libertà di donne e uomini, imprigionati in stereotipi.