Più coraggio contro l’Europa dell’austerità. Proposte per una sinistra coerente (e vincente)

Enrico Grazzini
www.micromega.net

Quale è l’umore dell’elettorato italiano sulla questione cruciale della moneta unica? E che cosa pensano i lavoratori italiani dell’euro? Il centrosinistra soddisfa le richieste sull’euro dei lavoratori e dei cittadini? E comunque, quali possono essere le proposte di una sinistra coerente di fronte alla crisi dell’euro e dell’Unione Europea?

Le elezioni europee si avvicinano, e la questione dell’euro diventerà assolutamente centrale nel dibattito politico. Anche perché euro e mercato unico sono le uniche “conquiste” dell’Unione Europea dal momento che (ricordiamolo) la UE non ha una politica sociale, industriale, una politica estera e di difesa comune.

Gran parte della sinistra radicale (o coerente, come giustamente preferisce chiamarla Paolo Flores d’Arcais) intende opporsi alla politica di suicida austerità imposta con metodi autoritari e antidemocratici dalla UE e dalla Troika (UE, BCE, FMI) alla Grecia e ai paesi debitori del sud Europa. La novità di queste elezioni è che finalmente la sinistra intellettuale, sociale e politica per una volta può agitare la stessa bandiera.

Dagli intellettuali raccolti intorno a MicroMega alla sinistra sindacale, a buona parte dei movimenti ecologisti, per l’acqua pubblica e i beni comuni, a quelli di difesa del territorio, gli altermondialisti, a Sinistra Ecologia e Libertà e Rifondazione Comunista: auspichiamo che, come sembra accadere, tutti appoggino, anche se ovviamente con diverse prospettive, la lista per Tsipras, presidente di Syriza, la sinistra federata greca. La lista dovrà rivolgersi all’elettorato più ampio, ai milioni di elettori di qualsiasi partito e senza partito che non sopportano più questa situazione e cercano un’alternativa credibile.

Ma quale è l’opinione degli italiani sull’euro e sull’Unione Europea? Al di là della solidarietà a Tsipras, a Syriza e al popolo greco, quali possono essere le proposte vincenti perché la “sinistra coerente” italiana riesca finalmente a trovare una larga adesione da parte dell’elettorato e a superare – cosa che non è scontata nella maniera più assoluta – lo sbarramento elettorale del 4%? L’obiettivo minimo è di ottenere almeno due milioni di voti per eleggere almeno tre parlamentari a Strasburgo.

Per raggiungere e superare questo traguardo occorre che la sinistra italiana elabori rapidamente progetti capaci di sintonizzarsi con l’opinione pubblica più ampia. Ciò è tanto più necessario considerando che molto probabilmente più del 90% del popolo italiano non sa neppure chi siano Tsipras e Syriza. Quali proposte una sinistra coerente, collegata alla sinistra europea, potrebbe avanzare sull’euro e sulla UE per conquistare il cuore e il cervello di larga parte del popolo italiano?

Occorre innanzitutto comprendere quali sono i sentimenti popolari sull’euro. Ce lo rivela un sondaggio recentissimo condotto per Scenari Economici nello scorso dicembre[1]. Chi scrive non propone di credere ciecamente a tutti i sondaggi e di seguire passivamente gli umori popolari. Ma è certamente necessario tenerne conto per formulare delle proposte politiche. Il sondaggio appare scientificamente affidabile e i risultati convergono con quelli di altre indagini (vedi Eurobarometer e Gallup), anche se sono più approfonditi e illuminanti.

Tutte le ricerche indicano che in ogni paese i cittadini europei, compresi ovviamente quelli italiani, sono tuttora in buona maggioranza favorevoli alla Unione Europea. Il desiderio comune – a parte i britannici – è certamente di avere una Europa unita. Ma la maggioranza degli italiani, il 49% contro il 44%, non vuole più l’euro, e il 24%, un italiano su quattro, sarebbe pronto a votare subito un partito schierato contro l’euro, mentre un altro 32% prenderebbe in considerazione la proposta. Solo il 44%, una minoranza, non è disposto a votare per un partito contro la moneta europea.

I più contrari all’euro sono gli operai e i disoccupati (circa70%), le casalinghe, ma anche gli imprenditori, i liberi professionisti e gli impiegati. Mentre sono favorevoli per il 56% al mantenimento dell’euro solo i pensionati e i dipendenti pubblici cioè chi ha un reddito minimamente garantito. I più inclini al mantenimento dell’euro sono gli anziani e i laureati, mentre chi ha minori livelli di istruzione vorrebbe uscire dalla moneta unica (ma non dalla UE).

Ma la cosa più strabiliante è che la stragrande maggioranza, 90%, del popolo di centrosinistra e di centro è schierato a favore dell’euro, mentre la grande maggioranza del popolo di centrodestra, 77%, e del M5S, 73%, è senz’altro a favore del ritorno alla lira, purché la Banca d’Italia garantisca il valore della moneta nazionale. Anche la maggior parte di chi non ha scelto per chi votare, il 58%, vorrebbe tornare alla moneta nazionale.

Insomma gli elettori di centrosinistra sono eccentrici rispetto alla media dell’opinione pubblica. Sembra che molti elettori del centrosinistra appartengano al ceto medio superiore, colto e anziano, con meno problemi economici, e quindi siano meno contrari all’euro. Molti, pur di mantenere la solidarietà europea, accettano anche la moneta unica e le conseguenti politiche monetarie e fiscali recessive che provocano disoccupazione e desertificazione produttiva.

Invece i lavoratori e i giovani che soffrono di più sarebbero anche più attratti dalle sirene populistiche e nazionalistiche. I lavoratori rimpiangono la lira e i bei tempi di buona occupazione e più salari: e sono in forte sintonia con Beppe Grillo e, disgraziatamente, la Lega, Forza Italia e i post-fascisti. L’esito è paradossale per un centrosinistra che vorrebbe (forse) rappresentare i lavoratori e il popolo. Invece, quanta distanza tra i sentimenti popolari e il centrosinistra accomodante verso l’euro e complice dell’austerità diretta dalla UE!

Ormai quasi tutti gli economisti riconoscono che l’austerità scaraventata sulle spalle dei lavoratori, del ceto medio e delle piccole e medie aziende è generata dall’euro, che non è solo una moneta ma una politica monetaria ed economica mirata a salvare solo la finanza a scapito dei redditi da lavoro, dell’occupazione e dello stato sociale.

Ormai quasi tutti gli economisti riconoscono che sarebbe stato meglio non entrare affatto nella moneta unica, che un regime di moneta unica amplifica gli shock economici; che l’Europa – a differenza degli USA – non ha le caratteristiche necessarie per costituire una unica area valutaria; e che inoltre l’euro è una moneta unica incompleta – perché non ha alle spalle una banca centrale prestatrice in ultima istanza e non ha politiche solidali di bilancio – e perché è sostanzialmente guidata e dominata in maniera del tutto miope, in questo momento, dalle classi dirigenti tedesche.

E’ certo che la situazione europea peggiorerà: il trattato del fiscal compact sottoscritto dal governo italiano (e dai partiti di Berlusconi, Monti e Bersani) imporrà il rientro automatico dai deficit pubblici a ritmi forsennati (per l’Italia 80 miliardi all’anno) anche in tempi di crisi e di recessione, con penalità automatiche in caso di non rispetto degli accordi. Un trattato impossibile da soddisfare! E, a causa dei trattati Two Packs e Six Packs i nostri bilanci pubblici subiscono l’esame preventivo della Commissione UE prima di essere portati in Parlamento! Questi vincoli non sono però ancora completamente noti al popolo italiano e sono tenuti accuratamente in ombra dal governo Letta (PD).

La Germania e qualche altra nazione creditrice (Finlandia, Austria, Olanda) sono le uniche a beneficiare della folle politica di austerità che sta facendo diventare l’Europa il malato del pianeta. Perfino gli USA e i cinesi sono preoccupati dell’avida e restrittiva politica tedesca della coalizione CDU-SPD della Merkel che guida senza molte resistenze (certamente non quella del presidente francese François Hollande!) l’economia sociale di mercato europea verso la distruzione e il baratro.

Per attuare questa politica la UE spinge verso l’estrema concentrazione di potere verso organismi non eletti. Infatti nessuno nella Troika è stato eletto dai cittadini europei. I governi, come quello italiano, sono diventati la cinghia di trasmissione delle politiche decise dalla Bundesbank e dalla Merkel, con il supporto (critico?) del socialismo tedesco, la SPD. L’Europa unita e solidale era un bel sogno e l’euro doveva garantirci stabilità e crescita: ma come fare oggi a uscire dall’incubo?

Se questa è la situazione, allora perché il centrosinistra difende l’euro, nonostante il suo evidente fallimento e anche a costo di perdere completamente la sua tradizionale base sociale? Perché il centrosinistra confonde la moneta unica – criticata dalla grande maggioranza degli economisti – con la possibilità di costruire una Europa unita e solidale?

Se si volesse dare una spiegazione marxista-materialistica della posizione morbida pro-euro della sinistra attuale, sulla base del sondaggio esposto sopra, si potrebbe affermare che in generale molti elettori di centrosinistra fanno parte del ceto medio superiore colto e magari anziano che ha meno problemi economici e risente meno della crisi, e quindi è meno contrario all’euro e alla conseguente austerità. Invece i lavoratori che soffrono di più sarebbero anche maggiormente attratti dalle sirene protestatarie di Grillo e nazionalistiche della destra.

La verità è che il centrosinistra si mostra “molto responsabile” verso l’Unione Europea la cui adesione è stata decisa dalle elite dirigenti italiane, per assimilarsi a queste. Da più di venti anni le forze di centrosinistra declamano acriticamente le sorti magnifiche e progressive della UE: diventa allora per loro difficile cambiare direzione di marcia – anche se Romano Prodi ha giustamente cominciato a dire che questa UE non è più quella di prima a direzione franco-tedesca perché oggi è dominata solo dalla Germania.

Inoltre il centrosinistra, e in parte la sinistra, sono tuttora egemonizzati da una cultura nobile ma molto idealista, quella federalista di Altiero Spinelli, che però non trova riscontro nella realtà politica attuale dell’Unione Europea. Infatti il federalismo europeo può diventare una linea guida strategica di lungo periodo, ma non è più citato attualmente in nessun documento europeo ed è osteggiato sia dalla Germania che dalla Francia e da quasi tutte le altre nazioni. Non è un obiettivo certamente attuale.

Infine il centrosinistra e la sinistra sono preoccupati (giustamente) del fatto che l’uscita dall’euro sarebbe un salto nel buio per l’Italia, e che potrebbe addirittura provocare una disastrosa rottura della UE.

Il problema è però che la sinistra coerente sbaglierebbe difendendo a spada tratta questo euro e questa Unione Europea che ha cambiato natura genetica rispetto agli ideali dei fondatori dopo il crollo dell’impero sovietico, dopo l’unificazione tedesca e la ripresa dell’egemonia germanica sull’economia europea. E’ difficile affermare che gran parte del popolo italiano sbagli per ignoranza. Il populismo di destra e quello sguaiato alla Beppe Grillo – che pure attrae milioni di persone – non è un destino inevitabile.

La sinistra dovrebbe trarre più di una lezione dai risultati dei sondaggi di opinione: dovrebbe prendere atto che la maggioranza della popolazione vorrebbe una opposizione molto dura a questa Unione anti-democratica dell’austerità e dell’euro. Gli Stati Uniti d’Europa rappresentano un’ottima prospettiva, ma solo se innanzitutto viene rispettata la sovranità nazionale. Infatti per ora la democrazia si esprime solo a livello nazionale.

La UE oggi non è democratica ma autoritaria e completamente subordinata ai voleri della finanza. La sinistra dovrebbe chiarire che punta a ottenere per il Parlamento Europeo un vero potere legislativo che attualmente non ha. E dovrebbe comunicare chiaramente all’elettorato che intende contrastare duramente la politica economica della UE; e che occorre rivedere radicalmente tutti i trattati, a partire da quello di Maastricht e del Fiscal Compact, fino a minacciare di uscire veramente dall’euro – come suggerisce anche l’insospettabile Financial Times[2] – pur di ottenere un cambio di rotta da questa Germania.

Una UE rifondata per prima cosa dovrebbe stabilire, come dividendo della nuova Europa solidale, un reddito minimo garantito per tutti i disoccupati e quelli in cerca di prima occupazione, e uno stipendio minimo, differente nei diversi paesi ma avviato a un processo sicuro di convergenza.

E’ però importante affermare che, se la UE non ribalterà la sua politica economica e sociale, il popolo italiano deciderà autonomamente la sua politica economica: l’Italia dovrebbe essere pronta a proporre agli altri paesi europei di uscire in maniera concordata dall’euro per riprendersi la sovranità monetaria e per avviare un cammino di sviluppo sostenibile e di piena occupazione. In questa prospettiva la proposta di una moneta comune europea al posto di una moneta unica – simile al Bancor proposto da Keynes a Bretton Woods – potrebbe essere vincente[3].

E’ ora di affermare il principio fondamentale per la democrazia: le politiche economiche non possono essere decise da riunioni a tavolino della Troika, ma dai popoli sovrani, dai loro Parlamenti e dai loro governi.

La competizione elettorale sarà dura e aspra, e la sinistra dovrà distinguere le sue proposte rispetto a quelle scioviniste e corporative del centrodestra, della Lega e dei post-fascisti; a quelle del centrosinistra che fa una falsa e inesistente opposizione all’austerità europea; e a quella gridata e protestataria, ma inconcludente, di Grillo.

Ma la sinistra non dovrebbe essere timida a opporsi a questa UE perché l’Italia è ancora una grande nazione europea, con un peso molto maggiore della Grecia; e dovrebbe avere il coraggio di opporsi duramente a questo euro, anche perché è proprio la Germania il paese che senza dubbio avrebbe più da perdere dalla rovina della moneta unica. Se si ha timore di andare decisamente contro questo euro e contro questa UE, Berlusconi o Beppe Grillo in Italia – e in Francia la destra più estrema di Marine Le Pen – vinceranno le elezioni, e la sinistra si condannerà per l’ennesima volta all’irrilevanza.

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NOTE
[1] Sondaggio Scenarieconomici , 20 dicembre 2013, Sarebbe favorevole alla reintroduzione di una VALUTA NAZIONALE? SI 49% – NO 44%. Un Partito Anti-Euro, potrebbe valere il 24%.
[2] Scrive Wolfgang Munchau sul FT del 28 aprile [1]: “paradossalmente la sola maniera di rendere sostenibile la posizione attuale dell’Italia nell’eurozona consiste, in linea di principio, nella capacità di essere pronti a lasciare l’euro. Se invece, per principio preso, il governo italiano scarta questa opzione, aumenta davvero per l’Italia la probabilità di uscire dall’euro, perché ci sarà una minore pressione sui paesi dell’eurozona nell’attuare i cambiamenti necessari”.
[3] Enrico Grazzini, Micromega online, Da moneta unica a valuta comune: una terza via per superare l’Euro, 27 dicembre 2013