Istanbul, gli ortodossi a concilio di L.Sandri

Luigi Sandri
Il Trentino, 10 marzo 2014

Mentre i muezzin sul mezzogiorno invocavano Allah, e la loro preghiera risuonava ieri per tutta l’antica Costantinopoli, i patriarchi e altri gerarchi di una quindicina di Chiese ortodosse autocefale (indipendenti), riuniti al Fanar, l’antica sede del patriarca ecumenico della ”Seconda Roma”, hanno proclamato la loro decisione di convocare nel 2016 un ”Santo e Grande Concilio” panortodosso.

Così, dopo oltre dodici secoli che non aveva fatto nulla di simile, l’Ortodossia prenderà solennemente la parola per dire il suo messaggio al mondo profondissimamente cambiato dai tempi del secondo Concilio di Nicea (787), ultimo della serie degli ecumenici come tale da essa riconosciuto. L’Ortodossia – che oggi raccoglie nel mondo circa duecento milioni di fedeli, la metà dei quali in Russia – è legata all’eredità dei primi sette Concili ecumenici (celebrati tutti, dal 325 al 787, nel territorio dell’attuale Turchia, allora cuore dell’impero bizantino); dopo lo scisma reciproco del 1054 la Chiesa ortodossa non ha celebrato più nessun Concilio: o, meglio, ne ha celebrati due – uno a Lione (1274) e uno a Firenze (1439) – insieme alla Chiesa di Roma, ma li ritenne invalidi pochi anni dopo la loro conclusione. Invece la Chiesa di Roma nel secondo millennio ne ha celebrati altri tredici (ultimo il Vaticano II) e, pur mancando in essi la presenza ortodossa, li ha considerati ”ecumenici”, una scelta inammissibile per gli orientali. Perciò quello che l’Ortodossia celebrerà tra due anni sarà ”panortodosso” ma niente affatto ”ecumenico”.

È dal 1961 che l’Ortodossia pensa di celebrare un suo Concilio, ma solo a poco a poco le varie Chiese autocefale sono riuscite ad organizzarsi. Infine hanno preparato dieci schemi su altrettanti temi (Scrittura e Tradizione, matrimonio, problemi sociali, digiuno…); ma su due – i dittici e l’autocefalia – non si è trovato accordo, e perciò sono stati stralciati dall’ordine del giorno del prossimo Concilio. I dittici sono l’ordine di precedenza nella preghiera liturgica quando vengono ricordati tutti i capi delle Chiese ”Sorelle’. Sul modo e sui criteri per riconoscere la ”autocefalia” d’ una Chiesa vi è un contrasto insuperabile tra il patriarcato di Costantinopoli e quello di Mosca. Sullo sfondo un fattore non teologico ma geopolitico: quello che per secoli è stato un potente patriarcato, ”primus inter pares” tra gli altri, oggi in patria ha solo cinquemila fedeli, mentre quello di Mosca ne ha cento milioni. La ”terza” Roma (Mosca) accusa Costantinopoli di voler fare il ”papa degli ortodossi”. In concreto le due Parti sono in radicale disaccordo su chi tra esse abbia la giurisdizione sulla Chiesa ortodossa estone e sugli ortodossi degli Stati Uniti d’America. E anche il problema oggi cruciale dell’Ucraina rischia di accendere nuovi motivi di rivalità.

Ma la questione più complessa che grava sull’Ortodossia è il rapporto con la modernità. Tanto per fare un esempio, la Chiesa russa è contrarissima alle unioni civili e assolutamente indisponibile ad ammettere la donna-prete o vescovo, come invece in Occidente hanno scelto molte Chiese legate alla Riforma protestante e le Chiese anglicane. L’attaccamento alla tradizione che per l’Ortodossia è un punto dirimente rischia di chiuderla in una prigione dorata. Ma, come si è visto per la Chiesa cattolica, saldare la linfa vitale della tradizione e insieme aprirsi a cammini nuovi per rispondere a problemi un tempo impensabili è un rischio che non potrebbe essere evitato, pena la irrilevanza presso le nuove generazioni.

Nel loro incontro, durato dal 6 marzo a ieri, i patriarchi ortodossi (tra essi Bartolomeo di Costantinopoli e Kirill di Mosca) hanno valutato i molti problemi che attendono ancora una soluzione, prima del Concilio; perciò hanno deciso di prendersi ancora due anni prima che esso sia effettivamente celebrato. Intanto, hanno stabilito che al Concilio non partecipino tutti i vescovi di ogni Chiesa ortodossa ma solo ventiquattro per ognuna. Si sa che la Grande Assemblea si terrà nella chiesa di santa Irene, laddove nel primo millennio si celebrò un Concilio. L’edificio si trova accanto al palazzo di Topkapi, costruito dai sultani dopo che nel 1453 i turchi ottomani conquistarono Costantinopoli, ponendo fine all’impero romano d’Oriente. E così il Santo e Grande Concilio si celebrerà in un paese, la Turchia, massicciamente musulmano, ma, nel contempo, come decise il suo fondatore, Kemal Ataturk, rigidamente laico. Uno scenario quasi inimmaginabile qualche tempo fa. Ma la storia corre in fretta.