Ue: sull’aborto l’Italia calpesta i diritti delle donne

Redazione
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L’Italia maltratta le sue donne, questa è la sintesi di questo 8 marzo 2014. Di tutto si può parlare ma non di festa in un Paese senza parità, con problemi di occupazione in cui ancora le donne firmano le dimissioni in bianco ai loro datori di lavoro per essere cacciate se rimangono incinta. Una realtà che sfiora l’oppressione dei diritti, se sei incinta perdi il lavoro, se vuoi abortire ti scontri con il problema degli obiettori di coscienza.

Il documento del Comitato europeo dei diritti sociali non fa sconti: “A causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza, L’Italia viola i diritti delle donne che alle condizioni prescritte dalla legge 194 del 1978, intendono interrompere la gravidanza”. Insomma, l’interruzione volontaria di gravidanza in Italia è solo sulla carta. In realtà è impossibile in molte Regioni. Nero su bianco messo giù dal Consiglio d’Europa, di cui il Comitato è un organismo.

Si tratta di un fatto eccezionale, forse quello che va davvero festeggiato in questo 8 marzo, perché è la prima volta che l’Italia viene condannata in modo così esplicito.

La situazione

In Italia il numero degli aborti eseguiti nel 2012 è stato di 105.968, in diminuzione rispetto all’anno precedente del 4,9%. Tra le minorenni il tasso di abortività nel 2011 è stato del 4,5 per mille. In moltissime Regioni la percentuale di medici obiettori arriva all’85%. La maglia nera ce l’ha il Lazio con il 91,3% dove è davvero difficile eseguire un’interruzione di gravidanza. Al Sud la situazione non è migliore, in Puglia i medici obiettori sono l’89%, seguono il Molise con l’86% e la Basilicata con l’85%.

In questa situazione aumentano gli aborti clandestini, la vera piaga che la legge 194 doveva sanare. Le italiane che abortiscono clandestinamente sono circa 20 mila, le straniere immigrate arrivano a circa 40 mila. Donne rifiutate da moltissimi ospedali che hanno chiuso i reparti, costrette a mendicare da provincia in provincia con il rischio di andare fuori tempo massimo dei limiti previsti dalla legge.

I medici non obiettori sono sempre meno e sempre più su con l’età, il rischio è che tra pochi anni non resti più nessuno ad assicurare l’applicazione della 194. La legge garantisce alle donne il diritto di abortire e ai medici quello di obiettare, ma è chiarissima sul fatto che la struttura pubblica deve assicurare comunque il servizio.

Tuttavia tra la latitanza della politica e quella dei vertici ospedalieri le strutture vengono gradualmente soppresse, e con esse il diritto delle donne.

Cosa può cambiare adesso

Il documento di condanna è il coronamento del grande impegno profuso dalla Ippf (International Planned Parenthood Federazion European Network) e la Laiga (l’Associazione italiana di ginecologi per la l’applicazione della legge 194), presieduta da Silvana Agatone. Quello depositato l’8 agosto del 2012 con il numero 87 è un “reclamo collettivo” che oggi diventa un atto di accusa ed un avvertimento all’Italia.

Le donne e le associazioni avranno ora l’opportunità di avviare azioni legali contro gli ospedali che non rispettano la legge. Potranno farlo proprio grazie al documento europeo, come è successo con la legge 40 sulla fecondazione assistita, demolita a colpi di sentenze emesse da tribunali europei ed italiani.

Silvana Agatone, presidente della Laiga, non può che essere soddisfatta. Per anni ha denunciato la situazione italiana, dal tormento delle donne lasciate sole alla chiusura dei reparti destinati alle Ivg. Ha raccolto i dati necessari che oggi inchiodano e condannano l’Italia.

“Dopo trent’anni dall’applicazione della 194, ancora oggi dobbiamo difenderla con le unghie e con i denti”, commenta Lisa Canitano dell’Associazione Vita di Donna.

“Grazie al documento della Commissione – aggiunge la ginecologa – avremo uno strumento in più, quello di denunciare i responsabili degli ospedali per la mancata applicazione della legge. E lo faremo, ci stiamo già attrezzando chiedendo anche alle donne di segnalarci dove e come i loro diritti non sono stati rispettati”.

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Aborto, “ministero della Salute fornisce numeri falsati su obiezione di coscienza”

Adele Lapertosa
www.ilfattoquotidiano.it | 8 marzo 2014

Solo 1,7: tante sarebbero le interruzioni volontarie di gravidanza (ivg) eseguite ogni settimana del 2011 da ciascun medico non obiettore. Un tasso dimezzato rispetto alle 3,3 del 1983. Considerato quindi che il numero degli aborti in Italia è costantemente in calo, anche se in trent’anni il numero dei ginecologi obiettori è aumentato di quasi il 20 per cento, “i numeri del personale non obiettore appaiono congrui rispetto al numero complessivo degli aborti, e quindi eventuali difficoltà nell’accesso ai percorsi di ivg sembrano dovute a una distribuzione inadeguata del personale fra le strutture sanitarie all’interno di ciascuna regione”. Questa la lettura del fenomeno fatta dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, nella sua ultima relazione inviata al Parlamento sulla legge 194. Una lettura fuori dalla realtà secondo i ginecologi non obiettori.

“Io ogni settimana di interruzioni di gravidanza – commenta Anna Pompili, ginecologa della Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 194 (Laiga) – ne faccio almeno 10, e non 1,7 come dice il ministro. Non ne possiamo più di queste discrepanze dei dati. Le cifre ufficiali sull’obiezione di coscienza parlano di una media del 70 per cento, quelli che abbiamo raccolto noi, struttura per struttura, sono invece del 91,3 per cento”. Senza contare, conclude la ginecologa, “che con tanti medici obiettori, le liste d’attesa si allungano e le donne sono costrette ad abortire più tardi, con maggiore rischio di complicazioni”.

Secondo i dati del ministero circa il 60 per cento delle donne effettua l’aborto in meno di 14 giorni tra la certificazione e l’intervento, il 24,7 per cento tra i 15 e 21 giorni, l’11 per cento tra i 22 e 28 giorni e il 4,6 per cento oltre 28 giorni. “Il punto importante è il tempo di attesa – rileva Eugenia Roccella (Ncd), vicepresidente della Commissione affari sociali – ma mi pare che i dati siano abbastanza buoni, visto che la maggior parte delle donne abortisce nel giro di una settimana. Quello dell’obiezione è un falso problema, come dimostra la relazione del ministero. Ciò su cui si deve lavorare è l’offerta sanitaria e i tempi di attesa. Gli strumenti per una migliore organizzazione ci sono, basta adoperarli”.

Poiché quello dell’alto tasso di medici obiettori è però un problema dibattuto da tempo, e Forza Italia e Sel avevano presentato nei mesi scorsi delle mozioni per chiedere la piena applicazione della legge 194, il ministero della Salute ha deciso di avviare, da settembre, un tavolo di monitoraggio con le Regioni su ogni singolo ospedale e consultorio per verificare le criticità e vigilare se vi sia una piena applicazione della legge su tutto il territorio nazionale, “garantendo – spiega il ministero – l’esercizio del diritto all’obiezione di coscienza dei singoli operatori sanitari e il pieno accesso ai percorsi di ivg per le donne”. Un tavolo che però è in ritardo sui tempi previsti.

A seguirlo al ministero è Assuntina Morresi, autrice con Eugenia Roccella del volume “La favola dell’aborto facile”, e consulente scientifico per la bioetica dell’ex ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. “Sono arrivati dati da poco più di metà delle regioni – spiega – anche se il termine previsto era dicembre. Finora si è avuto un dato complessivo sull’obiezione di coscienza, ma con questo monitoraggio si vogliono avere dati completi struttura per struttura”.

Insomma, per ora le cose non cambiano, come sempre in Italia. L’unico fatto certo al momento è che in Europa abortire sta diventando sempre più difficile, come dimostrano la legge che vuole adottare il governo spagnolo, che vuole cancellare il diritto della donna di abortire, limitandolo fortemente, e la bocciatura in Europa della Risoluzione Estrela, che chiedeva il diritto all’aborto legale e sicuro per le donne di tutti i paesi dell’Unione. Ora però interviene duramente il Consiglio d’Europa che, accogliendo il ricorso del novembre 2012 presentato da oltre un anno dalla Cgil insieme ad altre associazioni, boccia l’Italia accusandola di “violare i diritti delle donne a cui viene impedito di abortire a causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza.