Italicum: se non è democratico, non può essere paritario

Giulia Rodano
www.womenews.net

Alle parlamentari che si accingono a discutere l’Italicum e la legge elettorale delle Europee vorrei dire: vi prego, prima di andare incontro a una nuova cocente sconfitta, fermatevi un attimo a riflettere. Quello che è accaduto in queste settimane, prima con la bocciatura dell’alternanza uomo-donna nelle liste bloccate, poi con quella della doppia preferenza per le elezioni europee ha costituito un colpo molto duro.

Il messaggio lanciato dai principali partiti dalla vicenda del voto alla Camera sulla proposta della alternanza nelle liste bloccate è stato molto chiaro: la questione della rappresentanza delle donne non viene ritenuta questione essenziale nella definizione di una nuova legge elettorale, non fa parte delle condizioni per poter definire democratiche delle regole. Sono molto più rilevanti altri contenuti.

Non si mette in discussione un accordo politico per una “questione di donne”. Eppure si trattava della legge elettorale. Quante solenni risoluzioni congressuali, quante autorevoli prese di posizione, quanti impegni di candidati segretari alle primarie. Chi nel Pd avrebbe messo in discussione il valore della pari rappresentanza dei generi?

Che cosa ha indotto allora i deputati del Pd a voto segreto ad allinearsi alla scelta del loro nuovo leader Renzi e a preferire l’accordo con Berlusconi alla rivendicazioni delle loro colleghe parlamentari?

La parità nella rappresentanza di genere presuppone una democrazia inclusiva, finalizzata alla massima rappresentatività di tutte le differenze, delle minoranze, che consideri il conflitto, regolato e non violento, come ricchezza, come fisiologia del suo funzionamento.

Non a caso il suffragio femminile in Italia è giunto sull’onda della grande apertura democratica portata dalla sconfitta del fascismo e dalla Costituzione repubblicana.

L’accordo tra Renzi e Berlusconi ha come contenuto fondamentale l’esatto contrario. Per ammissione, anzi per rivendicazione esplicita dei suoi contraenti, l’accordo sulla legge elettorale ha l’obiettivo di ridurre la rappresentanza, mettere a tacere le minoranze, limitare i contrappesi all’azione dell’esecutivo, negare ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti e limitare l’autonomia dei parlamentari. In una parola nascondere e comprimere i conflitti.

La rappresentanza di genere e la rappresentatività dei punti di vista di genere costituiscono in questo quadro una contraddizione difficilmente sopportabile. E infatti è stata negata.

Non a caso si è rinviata la questione ai partiti, e cioè al potere di nomina. Le donne, come i cittadini, non devono avere autonomia di scelta. La politica e l’economia sono troppo importanti e complesse perché i cittadini – e meno che mai le donne – ci possano mettere le mani.

Era sbagliato e illusorio dunque per le donne pensare di potersi ritagliare uno spazio dentro un accordo di potere finalizzato a ridurre la rappresentanza democratica.

Era sbagliato pensare di poter inserire la parità della rappresentanza, il famoso 50 e 50, dentro lo schema disegnato dall’Italicum. Così, non solo si è perduto, ma si è immiserita una battaglia per cambiare la natura della democrazia e della rappresentanza, in una lotta, per altro perduta, per conquistare spazi per sé dentro il confine angusto di una legge che vuole limitare e ridurre la rappresentanza di tutte e di tutti.

La stessa trasversalità tra donne collocate in diverse schieramenti, espressione della loro capacità di elaborare un proprio autonomo punto di vista sul mondo, si è ridotta, in questa occasione, nella convergenza tra le parlamentari delle larghe intese. E così la trasversalità è subito scomparsa, assieme al punto di vista e alla rappresentazione di sé di fronte alla possibilità di votare e ottenere la preferenza e la doppia preferenza di genere. Ancora una volta, a cospetto dell’accordo tra Renzi e Berlusconi, le donne hanno fatto marcia indietro.

Eppure, proprio questa vicenda ci dimostra quanto sarebbe rilevante l’autonoma capacità delle donne di rappresentare se stesse e di interpretare e battersi con le altre donne. Si potrebbe fare al Senato, se le senatrici si disponessero davvero a uscire dal recinto partitico e si facessero portatrici di una legge elettorale che può essere paritaria se è democratica, inclusiva, affidata alla volontà dei cittadini e delle cittadine e non dei partiti.

Ci rappresenterete questa volta?

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Parità di genere, iniziamo a cambiare dal voto europeo

Valeria Fedeli, Vicepresidente del Senato
www.womenews.net

Carissime deputate, mi appello a voi, che con coraggio ed in piena autonomia avete combattuto la battaglia per sostenere la modifica in senso paritario dell’Italicum, perché possiate sostenere con forza il ddl sulle elezioni europee in arrivo in questi giorni alla Camera e la sua veloce approvazione.

Lo scrivo a voi, per dirlo in realtà a tutte le deputate e i deputati, perché so che il vostro lavoro in questa direzione è già partito. L’alleanza trasversale che avete saputo costruire e sostenere per modificare l’Italicum è stata guardata da me, e da tante che come me fanno politica con e per le donne, con ammirazione, accompagnando il vostro lavoro con azioni esplicite di sostegno: la dimostrazione che una stagione diversa delle relazioni tra donne è pienamente matura. Per questo non abbiamo mancato, noi che siamo al Senato, di sostenere con forza il vostro impegno, la vostra iniziativa, e come noi le tante associazioni di donne che da anni lavorano per la piena affermazione della democrazia paritaria.

Purtroppo il voto segreto ha bocciato le vostre, le nostre, qualificate proposte, ma quello che siete state capa-ci di fare non può smarrirsi dopo questa prima sconfitta.

La legge che abbiamo votato in Senato sulle elezioni europee prevede una norma «transitoria» per le prossime elezioni di maggio per il 2014, secondo la quale nel caso di tre preferenze espresse queste devono riguarda- re candidati di sesso diverso pena l’annullamento della terza. A partire dal 2019, poi, l’adozione della presenza paritaria nelle liste, l’alternanza nel ruolo di capolista e la preferenza di genere con seconda e terza preferenza annullate se il principio non viene rispettato.

Il ddl presentato originariamente, di cui ero prima firmataria, prevedeva parità di genere al 50 per cento e la doppia preferenza di genere sin dalle prossime elezioni. Questa proposta di legge era stata poi firmata da tutte e tutti i senatori Pd, da Scelta Civica, dal Nuovo Centro Destra, da esponenti di Forza Italia, dalla Lega, da senatrici dei 5 Stelle (che solo il giorno del voto, hanno ritirato la firma).

Malauguratamente non si sono realizzate le condizioni per avere la maggioranza dei voti a favore della proposta della relatrice Lo Moro in Aula. Si è dunque raggiunta una mediazione che rappresenta comunque un risultato, sancendo per legge un diritto che, nelle norme per le elezioni europee, non era finora riconosciuto.

Nel Parlamento europeo le deputate sono il 31% e solo il 21% in seno alla delegazione italiana (il quinto peggior dato tra tutti i Paesi membri). Vi appare dunque evidente come una norma che contribuisca ad un riequilibrio di genere nella rappresentanza al Parlamento europeo sia urgente e necessaria. È lì, in quel Parla- mento, che si formano gli atti di indirizzo delle politiche comunitarie, politiche che senza lo sguardo delle donne sarebbero monche.

Non possiamo più accettare che la composizione delle delegazioni nel Parlamento europeo sia discriminatoria verso le donne. L’Europa è l’orizzonte istituzionale, politico ed economico nel quale costruire ogni nostra prospettiva, se vogliamo cogliere con serietà e credibilità le opportunità di ripresa e di rilancio.
Se vogliamo un’Europa che innovi il modo di considerare la propria funzione, che assuma la prospettiva de- la crescita, che scelga lo sviluppo etico e sostenibile per creare lavoro e benessere. Se vogliamo, di conseguenza, lavorare per la crescita e l’uguaglianza anche in Italia, non possiamo rinunciare al pieno contributo di donne e uomini, pieno contributo che deve partire dal riconoscimento delle differenze e dalla paritaria condivisione delle responsabilità e dell’impegno parlamentare, a livello nazionale e comunitario.

Il voto su questa legge è anche un primo banco di prova per reagire alla bocciatura dell’Italicum. Per questo vi chiedo di non arretrare e di lavorare, con lo stesso spirito che vi ha animato finora, per costruire consenso intorno alla proposta uscita dal Senato e farla diventare legge. Nel contempo, il nostro impegno al Senato sarà altrettanto determinato per l’introduzione nell’Italcum della norma antidiscriminatoria.

Ciascuna di voi può avere, anzi sicuramente ha, opinioni che avrebbero voluto una conclusione diversa: non ce ne sono state le condizioni numeriche e politiche. Non lasciamo comunque cadere questo parziale risultato, portando rapidamente in approvazione anche alla Camera il testo licenziato dal Senato.