La comunità inclusiva di Gesù di S.Borello

Simona Borello *
Adista n. 14 del 12/04/2014

Esistono le “quote rosa” nella Chiesa? È possibile che una donna guidi una congregazione vaticana? Quando nel cattolicesimo potranno esserci preti donne? E papa Francesco riuscirà a cambiare una tradizione ormai secolare? Oppure non sono queste le domande fondamentali?

Quando si parla di donne nella Chiesa, le discussioni sembrano concentrarsi sulla questione dell’accesso del mondo femminile all’ordinazione. In realtà, i nodi della questione sono molti: se ne è discusso in un convegno organizzato a Torino il 29 marzo da Chiccodisenape – in collaborazione con il Coordinamento teologhe italiane – intitolato “Va’ dai miei discepoli. Di’ loro (Gv 20,17). Le voci delle donne nella Chiesa” e preparato da un percorso di riflessione rivolto ai numerosi gruppi della rete intorno a una griglia di questioni urgenti e da un intervento di Maria Cristina Bartolomei sulle donne nella Bibbia.

Il convegno si è aperto ricordando le due figure bibliche che hanno accompagnato il percorso di riflessione: la Samaritana e Maddalena. La Samaritana è stata l’icona del percorso di riflessione iniziale, raccolta dietro l’interrogativo insistente dei discepoli “Di che cosa parli con lei?”. Qui è emerso uno dei nuclei della riflessione: Gesù non parla “delle” donne, non lo fa neanche con i discepoli, ma Gesù parla “con” le donne. È questo che ci si aspetta, oggi in questa Chiesa. Maddalena è, invece, la destinataria del mandato di Gesù evocato nel titolo del convegno: è possibile continuare a ignorare la portata del messaggio, anzi del comando, di Gesù? Non sono riflessioni sterili in un contesto nel quale ancora si sente la mancanza della parola delle donne nella Chiesa (e non della Chiesa sulle donne… che, anzi, è stata sin troppo presente).

Il convegno ha dato la possibilità a teologhe, storiche e giuriste di confrontarsi intorno all’“altra metà del cielo” che, nella storia della Chiesa, è stata spesso esclusa dalle scelte decisive. Hanno dato l’avvio le quattro relazioni, ma il dialogo si è arricchito delle testimonianze di suore attive nel sociale e nella formazione, di docenti di teologia, di donne con incarichi ministeriali, di appartenenti di altre confessioni cristiane, del gruppo donne della Comunità di base di Pinerolo (tutte le riflessioni saranno disponibili negli atti, che è possibile prenotare scrivendo a: chiccodisenape@gmail.com).

Stella Morra, docente presso la Pontificia università Gregoriana e il Pontificio ateneo S. Anselmo, è intervenuta sul tema “Parole e pratiche: le teologie, le donne e le Chiese”, tracciando gli elementi culturali e antropologici che fanno riconoscere l’esistenza di una questione teologica circa le donne, troppo poco esplorata dalla teologia, per poi proporre quattro piste metodologiche: il femminismo (contro l’universalità del soggetto-maschio); la cultura dell’alterità; la cultura della differenza; la questione del genere.

Su questo ultimo aspetto, Morra ritiene che debba essere fatta molta attenzione perché si rischia di mettere insieme teorie molto diverse e di condannare prima di capire. “Genere” non può diventare una parola impronunciabile perché è un metodo che permette di capire le questioni e non un’ideologia. Morra ha poi proposto una serie di strade da percorrere per operare un cambiamento significativo nella Chiesa: pensare la teologia a partire dalla parzialità delle donne e da una autorevolezza riconosciuta, contribuire a creare pratiche inclusive, essere capaci di essere figlie e madri di Dio e del nostro tempo.

Sul tema “Donna soggetto e protagonista nel diritto della Chiesa” è intervenuta la giurista Ilaria Zuanazzi (Università di Torino). Il punto di partenza è stato vedere come il Codice di Diritto canonico attuale abbia vissuto una svolta ecclesiologica rispetto al precedente, valorizzando il fedele laico, senza mettere nessuna distinzione tra uomini e donne. Dopo il Concilio Vaticano II, infatti, vi è stato il riconoscimento della soggettività giuridica della donna come persona umana, con eguale dignità rispetto all’uomo.

Questo significa che secondo il criterio pneumatologico, non vi sono più differenze tra uomini e donne, mentre continuano a mantenersi secondo il criterio gerarchico, perché alle donne è interdetto l’accesso al sacerdozio ministeriale. Per questo motivo Zuanazzi ha preferito non soffermarsi a speculare sul sacerdozio ministeriale, e ha deciso di esplorare alcune contraddizioni che emergono rispetto al sacerdozio comune nei confronti del quale il Codice prevede uno spazio di libertà maggiore ma che, tuttavia, spesso non è vissuto al meglio.

Se da un punto di vista giuridico, infatti, le donne non hanno bisogno di mandati, di deleghe, di permessi per annunciare il Vangelo, da un punto di vista pratico la normativa non è applicata in modo coerente. Questo può dipendere sia da resistenze culturali, sia dalla generale involuzione dei ministeri laicali (che sono stati portati da forme del sacerdozio comune a collaborazioni straordinarie del sacerdozio ministeriale), sia da una mancata valorizzazione dello specifico femminile che sappia andare oltre la definizione di “genio femminile”.

Non si tratta di questioni nuove, ma, anzi, di questioni che hanno attraversato la storia del cristianesimo. Il contributo di Clementina Mazzucco, del Dipartimento di Studi umanistici dell’ateneo torinese, ha permesso proprio di riscoprire i “Ruoli femminili nella Chiesa delle origini (I-III sec.)”, anche avvalendosi dei risultati ottenuti dall’esegesi femminista.

Questi studi hanno messo in evidenza l’esistenza di un gruppo di discepole accanto ai Dodici, la cui presenza discreta emerge in alcuni passi cruciali quando gli autori non possono più nasconderle: durante gli annunci della passione, sotto la croce, all’apparizione di Gesù risorto.

I testi permettono anche di vedere come molte donne avessero dei ruoli di responsabilità nelle comunità nelle missioni paoline, fossero profetesse e addirittura diaconesse (anche se la traduzione Cei del 2008 ha preferito dare un altro titolo a Febe). Un fervore indebolitosi progressivamente a causa delle posizioni contrapposte intorno ai ministeri femminili che esistevano nelle comunità, facendo progressivamente scomparire questi ruoli.

A conclusione di questo articolato affresco, la teologa Morena Baldacci ha lanciato delle provocazioni per aprire il dibattito.

La prima è stata biblica: guardando ai passi biblici del Vangelo di Giovanni (19,26-20,26) si può ricordare come i discepoli e le discepoli siano stati separati dopo la morte di Gesù, riuscendo a trovare l’unità solo al ritorno verso Gerusalemme e con l’arrivo dello Spirito Santo (At 1,12-14;2, 1.42; 4,32). La seconda è stata magisteriale, ricordando le affermazioni del papa in Evangelii Gaudium n. 103 e il meno conosciuto documento dell’Assemblea plenaria dei vescovi tedeschi del 21 febbraio 2013 («Noi vescovi conosciamo anche la delusione di molte donne impegnate nella Chiesa ed esprimiamo il nostro rammarico perché le possibilità di incarichi di responsabilità per le donne nella Chiesa non sono sfruttate a sufficienza»).

Infine, ha spronato ciascuno ad assumersi la propria responsabilità – discepole, discepoli, comunità – per inventare nuovi ruoli, allargando gli angusti spazi attuali. Questa innovazione deve essere però accompagnata dal riconoscimento da parte della Chiesa, per evitare che si inneschino processi di delegittimazione.

Insomma, un convegno che ha rinnovato e rinvigorito il desiderio di partecipare attivamente il coinvolgimento ecclesiale della rete di Chiccodisenape, che già negli anni scorsi aveva portato avanti riflessioni rilevanti per i credenti: dire Dio oggi, i segni dei tempi, la fraternità, l’Eucaristia. In collaborazione con altre associazioni cattoliche, aveva poi ricordato i 40 anni dalla pubblicazione della lettera pastorale “Camminare insieme” e i 50 anni dall’inizio del Concilio.

Per far circolare le diverse voci presenti nella Chiesa, Chiccodisenape partecipa a iniziative promosse in Italia dalle numerose realtà simili. Chiccodisenape non si è tirato indietro neanche nei confronti dei temi più scottanti dell’attualità, come ricordano gli organizzatori e le organizzatrici della giornata torinese: «Per esempio, sul “caso Englaro”, con tutto il suo carico di problematicità, abbiamo espresso il nostro punto di vista attraverso un pronunciamento pubblico». L’intenzione del convegno sulle donne nella Chiesa non è rivendicare per le donne ruoli di potere nelle istituzioni ecclesiastiche, ma ritornare alle origini del messaggio del Vangelo, dove Gesù ha offerto a tutti, uomini e donne, la possibilità di costruire relazioni autentiche di fraternità. E anche – si può certamente dire – di sororità.

* Chiccodisenape,Torino (www.chiccodisenape.org)