Togliere i figli ai genitori gay? Prove di oscurantismo al comune di Trento

Giampaolo Petrucci
http://cronachelaiche.globalist.it

Una diretta streaming particolarmente concitata quella del 25 marzo sera al Consiglio comunale di Trento, nel corso della quale è stato bocciato l’Ordine del giorno 605/2013 “Save the children! I diritti dei bambini non sono quelli delle coppie gay”. Depositata il primo giugno scorso dal consigliere comunale Claudio Cia (eletto nel 2009 con la Lista civica per Trento) e sottoscritta da altri di centrodestra, la mozione proponeva la sottrazione dei figli alle coppie di omosessuali divenuti genitori con metodi “non naturali”. «Meglio in orfanotrofio che in una famiglia dove non si sa chi è l’uomo e chi è la donna», aveva detto Cia i primi di giugno al programma La zanzara di Radio 24. «Riconosco senza ambiguità», ha poi precisato in un post sul suo blog, il 10 marzo, dopo le numerose accuse di omofobia e discriminazione, «il diritto di ogni persona a sentirsi legittimata, rispettata e non giudicata nell’esteriorizzare e vivere la propria affettività, ma non quello di espropriare la famiglia naturale di ciò che le appartiene e la identifica in ogni tempo e cultura».

Il testo

E infatti, scrive Cia nel testo depositato, l’«unicità» della famiglia è riconosciuta dal diritto naturale e dalla storia. Pertanto, «usare il termine “matrimonio” o “famiglia” per indicare ogni qualsivoglia forma di unione è una forzatura» che svuota le parole del loro «vero significato». Parole perentorie, entrate ormai nel lessico quotidiano delle destre politiche e cattoliche impegnate nella crociata contro il relativismo. Il testo afferma inoltre che, in caso di omogenitorialità, il figlio «vede venir meno la dimensione umana e affettiva necessaria per la crescita e il suo armonico sviluppo, ed è lasciato in balia di esperienze, rapporti, relazioni umane sostitutive e del tutto slegate rispetto alla naturalità del rapporto tra padre e madre». Insomma, prosegue, «non basta l’amore a far crescere dei bambini» perché, «se un fanciullo è privato degli elementi costitutivi della sua identità», «si lede la sua dignità di persona umana».

Colpisce poi la narrazione dell’esperienza omogenitoriale, con un linguaggio tra lo pseudoscientifico e il verbale di polizia: il ricorso «a tecniche artificiose ed invasive al fine di raggiungere uno scopo altrimenti irraggiungibile, ricorso che può giungere perfino alla pretesa di ottenere un utero in affitto, una donna-incubatrice, negando a se stesso il dramma umano sotteso a queste pratiche». Una «triste tendenza», già legalizzata in molti Paesi stranieri, alla quale si avvicineranno presto anche gli omosessuali di Trento. Di qui la proposta shock di «difendere dalle pretese dei più forti i più deboli, sia prima, sia dopo la nascita». Come? Cia propone tre passaggi: in primo luogo, i Servizi sociali locali devono identificare e segnalare al sindaco i casi di omogenitorialità; in seconda istanza, il sindaco dispone «immediatamente la collocazione del bambino in un ambiente che favorisca il suo pieno sviluppo umano», in attesa di nuova sistemazione; come ultima richiesta, il Comune non dovrà sponsorizzare, patrocinare o promuovere «in nessun modo azioni culturali orientate a confondere e a sminuire il significato del valore del matrimonio tra un uomo e una donna e della famiglia eterosessuale».

Le reazioni

La provocazione del consigliere ha subito suscitato l’indignazione di molti cittadini e dell’associazionismo, non solo lgbt e non solo trentino. In un comunicato del 27 febbraio, l’Onlus italiana Save the Children si è dichiarata «completamente estranea alla mozione» promossa dal consigliere. «Save the Children chiede pertanto che venga evitata ogni possibile confusione o strumentalizzazione derivante da un utilizzo improprio del nome dell’Organizzazione».

Scandalizzata e indignata l’Arcigay nazionale, che si è espressa per voce del suo presidente, Paolo Romani, con un comunicato del 26 febbraio: «Cia accompagna la sua mostruosa richiesta con argomentazioni surreali, che addirittura disconoscono il rapporto tra genitore e figlio in caso di genitori omosessuali. Un atto inaudito, che supera in violenza i peggiori regimi totalitari. Una dichiarazione di ignoranza e inciviltà, che manipola la Costituzione e i Trattati a difesa dell’infanzia, stravolgendone il senso e arrogandosi il diritto di decidere sopra le teste dei più piccoli e dei loro genitori».

«Siamo sinceramente stupiti che il Consiglio comunale di Trento sia intenzionato a porre in discussione» una mozione che rappresenta solo una «provocazione ideologica», hanno scritto 180 cittadini di Trento in un appello lanciato su Change.org. Nessuna legge dello Stato consente «l’intromissione nella vita privata dei cittadini o la loro “mappatura” senza giustificati motivi di ordine pubblico o repressione di crimini e reati. Non esiste normativa che preveda il rapimento di minori da famiglie in cui sono presenti padri o madri legittimi». «Oggi il consigliere Cia se la prende con pochi indifesi, domani con chi se la prenderà, su chi deciderà di scagliare i suoi anatemi e le sue minacce?».

È ferma anche la dichiarazione di Cinzia Gatto, referente politico di Famiglie Arcobaleno del Triveneto (associazione di coppie e single omosessuali che hanno realizzato il proprio progetto di genitorialità o che aspirano a farlo), intervistata da Adista il giorno stesso della votazione. «Condanniamo qualunque intento volto a legittimare il dilagare di atti omofobi nei confronti delle nostre famiglie e dei nostri bambini; condanniamo chi strumentalizza la nostra scelta di genitorialità per i propri fini propagandistici. Odg come questo sono inammissibili e pericolosi poiché ci pongono innanzi ad un rischio di emulazione e dunque ad una diffusione di messaggi di puro odio camuffati dal simbolismo religioso. Dio è un’altra cosa. Anteporre la croce per far passare come accettabili i propri personalismi, peraltro privi di qualunque essenza contenutistica, è follia. I nostri figli non si toccano, i nostri figli sono voluti, amati e curati. E sono bambini che hanno diritto a vedere riconosciuto il loro status familiare e per questo noi ci batteremo, fino a che avremo fiato, per quel diritto che è di tutti i figli e tutte le famiglie che è l’amore. È l’amore che crea una famiglia!».