Legge 40: affondata!

Maura Cossutta
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La sentenza della Corte Costituzionale ha cancellato il divieto di eterologa previsto dalla legge 40 del 2004. Questa sentenza ha valore di legge e non è oppugnabile. Da oggi cioè non potrà mai più essere votata dal Parlamento una legge che prevede il divieto di fecondazione di tipo eterologa. Un colpo durissimo, definitivo, ad una legge sbagliata, crudele, ideologica, la prima legge confessionale della storia della Repubblica.

Legge contro la quale per ben 30 volte già si erano espresse altre sentenze di Tribunali civili e amministrativi regionali oltre che la Corte Costituzionale, dichiarando illegittimi il divieto di produrre più di 3 embrioni e quello della diagnosi pre impianto. Pezzo dopo pezzo è crollato tutto l’impianto ideologico della legge, fino al colpo finale, questo sull’eterologa.

La Corte ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale degli articoli 4, comma 3, 9, commi 1 e 3 e 12, comma 1, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, relativi al divieto di fecondazione eterologa medicalmente assistita». Di cosa si parla? Soprattutto di chi?

In sostanza è anticostituzionale la parte della legge in cui si vieta di ricorrere alla donazione di gameti (ovociti o spermatozoi) esterni alla coppia per concepire un figlio. Sull’eterologa la discussione in Parlamento e fuori dal Parlamento è stata fortissima: si sono evocati scenari apocalittici, si è dato vita ad una comunicazione da terrore antropologico, prevedendo un blad runner di casi limite, come quelli di mamme/nonne che hanno guadagnato le prime pagine dei quotidiani. Invece, delle storie quotidiane di migliaia di persone normali nessuno parlava.

Eppure sono tante, tantissime le donne e gli uomini che si ritrovano sterili dopo un percorso di malattia, o dopo una chemioterapia,o dopo l’asportazione delle ovaie, o perché portatori di patologie potenzialmente trasmissibili di tipo infettivo o genetico, o perché ancora troppo giovani con una menopausa precoce.

Sono tutte persone con seri problemi di salute, che fino ad oggi non hanno potuto utilizzare la legge 40 per diventare genitori perché la procreazione assistita omologa per loro era inutile, in quanto i loro gameti non erano utilizzabili. L’unica possibilità fino ad oggi è stata quella di emigrare, cercare all’estero centri in cui si praticasse la fecondazione eterologa.

E infatti sono state più di 4 mila le coppie che ogni anno si sono rivolte a centri esteri, per lo più in Spagna (dove il 63% di trattamenti per fecondazione di gameti è rivolto a coppie italiane) e nei Paesi dell’Est, ma anche a Lugano e in Belgio, pagando un costo variabile tra gli 8 mila euro della Spagna, i 3- 5 mila del Belgio, ai 2 mila euro dei Paesi dell’Est, con l’Ucraina in testa.

Divieti quindi, quelli della legge 40, tanto crudeli quanto inefficaci perché non hanno potuto certo impedire i “viaggi della speranza”. Divieti assurdi, miopi, perché non hanno voluto e saputo prevedere la conseguenza più pericolosa, quella dell’assenza di controlli sull’insorgenza di eventuali infezioni nei genitori e nel neonato, che non vengono seguiti dal nostro Servizio sanitario nazionale, fino all’assenza di dati genetici del bambino nato con le tecniche.

Divieti ipocriti, perché dietro la rassicurazione di un divieto dentro i nostri confini, si chiudevano gli occhi di fronte al diffondersi ovunque del mercato di gameti. Oggi infatti in tutta Europa e in America non si contano più i siti che pubblicizzano centri per l’acquisto di un seme o di un ovocita, tutto senza controllo.

La decisione della Corte ristabilisce quindi il principio di equità, fra coppie sterili e infertili e il principio della tutela della salute, garantendo un sistema di controlli. L’eterologa sarà possibile, sono mantenute le tutele per i nati dalla tecnica eterologa (cioè il divieto di disconoscimento di paternità), la tecnica sarà gratuita, cioè non bisognerà pagare alcun donatore.

Dopo la sentenza della Corte non serve modificare la legge. Oggi spetta piuttosto al Ministero della Salute, insieme alle società scientifiche e con il supporto delle associazioni di cittadini e pazienti, predisporre un Regolamento e delle Linee Guida per definire il sistema appropriato per la donazione dei gameti. Per esempio – è questa la proposta che più merita attenzione – si potrebbe adottare il modello inglese con l’impiego gratuito dei gameti extranumerari, quelli prodotti con le tecniche omologhe e non utilizzati.

A 10 anni di distanza dalla legge, non serve quindi modificare la legge, quanto piuttosto attuare tutto quello che ancora non è stato attuato. Cosa? Innanzitutto occorre per esempio inserire la procreazione medicalmente assistita tra i Livelli Essenziali di Assistenza (nazionali e non solo in alcune regioni) e includere le tecniche (FIVET e altro) in precise tariffe, prevedendo quindi una tariffa unica nazionale con il relativo ticket, correggere il sistema della mobilità sanitaria tra le varie regioni.

Senza questo, oggi le coppie del sud non andranno magari all’estero, ma saranno comunque costrette ad emigrare al nord per accedere alle tecniche; la prescrizione dei farmaci per l’infertilità non potrà essere garantita a carico del Servizio sanitario nazionale; nelle regioni continuerà il “regno del fai da te”; i centri pubblici saranno sempre più soffocati dall’offerta del privato; cresceranno i costi inappropriati per la sanità pubblica.

A 10 anni di distanza dalla legge, per difendere il diritto di tutte le coppie a poter diventare genitori, è giusto quindi ripartire da qui: da questa sentenza e dalle cose ancora da fare, per garantire che la procreazione assistita possa continuare a essere un ambito della sanità pubblica.

Infine, un’ultima considerazione: questa sentenza è stata possibile solo perché alcune coppie hanno scelto di portare nei Tribunali le loro storie, perché hanno creduto nella Costituzione, utentico faro per i diritti individuali e collettivi, perché non si sono arrese. Nella storia della legge 40, invece, troppo poco si sono ascoltate queste storie: o parlavano i medici o parlavano i preti.

Uno scontro che andava oltre i soggetti, che restavano muti. Oggi hanno vinto innanzitutto loro, ma con loro abbiamo vinto tutti. Impariamo quindi da loro: una lezione per ognuno di noi, di soggettività politica, di impegno civile, di pratica di cittadinanza, di testimonianza dei valori costituzionali.

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Fecondazione assistita, dai giudici costituzionali solo semplice buonsenso

Carlo Flamigni
l’Unità, 10 aprile 2014

Credo che la cosa più importante accaduta in Europa negli ultimi anni, almeno per quanto riguarda i problemi della bioetica e del biodiritto, sia una sollecitazione arrivata proprio al nostro Paese, dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (Cedu) a proposito delle donazioni di gameti. In una prima sentenza, del 1°aprile 2010, una Camera della I Sezione della Cedu aveva affermato che il dispositivo della legge austriaca che vietava la donazione di gameti femminili violava l’articolo 14 della Cedu stessa, in combinato disposto con l’articolo 8.

La sentenza criticava poi in modo molto severo le motivazioni addotte dall’Austria per giustificare le proprie scelte in materia di donazione di gameti. La sentenza ha trovato, come era naturale, forte opposizione ed è stata sottoposta al giudizio della Grande Chambre per una revisione; nel giudizio definitivo, il Collegio l’ha ribaltata ricordando anzitutto che la normativa europea non si schiera su questi temi e lascia agli stati membri un ampio margine di discrezionalità. Inoltre, l’ingerenza della legge nelle libere scelte delle coppie appare giustificata, sempre secondo la Grande Chambre, anche in una società democratica, in quanto persegue lo scopo legittimo di proteggere la salute, la morale, i diritti e la libertà di tutti i cittadini.

In definitiva secondo la Corte il margine di discrezionalità del quale deve disporre ogni singolo paese non può che essere ampio, ferma restando la necessità di un armonioso equilibrio tra gli interessi dello Stato e quelli dei cittadini e in particolare di quei cittadini che sono particolarmente toccati dalle scelte che lo Stato decide di compiere. La sentenza si conclude però con una affermazione che molti commentatori hanno ritenuto qualunquista, ma che in realtà ha un contenuto fortemente innovatore: in materia di Pma il diritto è in costante evoluzione (ma il riferimento è chiaramente fatto a tutte le innovazioni che conseguono al progresso della scienza) sia perché la ricerca scientifica in questo campo è in rapido sviluppo, sia perché cambia continuamente la capacità della morale di senso comune di accettare le nuove proposte che la scienza continuamente le sottopone e tutto ciò richiede una attenzione permanente da parte degli Stati contraenti.

Queste conclusioni rappresentano un chiaro invito ai Governi a considerare in modo sistematico l’evoluzione della coscienza sociale relativamente ai temi della vita riproduttiva, per potere adeguare le normative vigenti a questi mutamenti, considerati molto probabili e costanti, oltre che in chiaro rapporto con i progressi delle scienze mediche e con l’efficacia della divulgazione operata in questi settori. Solo per confermare la rapidità con la quale si modificano morale e normative in questo campo, ricordo che nel gennaio del 2014 la Corte Costituzionale austriaca ha giudicato illegittima la proibizione della ovodonazione, dando in effetti ragione alle decisioni prese dalla sezione della Cedu, quelle successivamente contraddette dalla Grande Chambre.

Tutto ciò conferma una cosa che i laici hanno sempre sostenuto: la norma etica si struttura soprattutto per l’influenza di una generale disposizione della coscienza collettiva, che definisco per semplicità morale di senso comune, che si forma dentro ognuno di noi per molteplici influenze e che, pur essendo generalmente restia ad accettare anche le più elementari proposte di cambiamento, si modifica in rapporto a quelle che vengono definite «le intuizioni dei vantaggi che possono derivare dalle conoscenze possibili». Tutto ciò naturalmente avviene solo se è possibile trovare, in queste nuove conoscenze, indicazioni attendibili e comprensibili sui miglioramenti che ne deriveranno e garanzie nei confronti dei presumibili rischi.

Deve dunque cessare da subito – e la sentenza della nostra Consulta lo conferma – l’incomprensibile divario e la inaccettabile contraddizione tra il senso morale della nostra società e le norme giuridiche approvate dal Parlamento, norme troppo spesso suggerite da una morale religiosa ossificata, rigida e incapace di adattarsi al mondo moderno.
Adesso però ci sono cose che debbono essere affrontate con animo sgombro da risentimenti e da preoccupazioni assurde. La prima riguarda il fatto che la donazione di gameti deve tornare ad essere, nel nostro Paese, oblativa e non può essere affidata ad alcun tipo di commercio. Dovranno essere affrontati poi alcuni temi di rilevante interesse, come quello dell’opportunità di preparare un semplice protocollo che consenta di selezionare in modo semplice e non punitivo le coppie richiedenti, di affrontare il problema dell’età dei candidati a questa genitorialità e di discutere il problema del segreto, cioè se garantire al figlio la conoscenza della propria origine genetica (o in alternativa di affidare ai genitori la scelta di dargli o no accesso a questa informazione).

Merita certamente una analisi anche il problema della richiesta di donazioni di gameti e di embrioni che certamente arriverà da parte di donne sole e di coppie omosessuali e lo stesso deve riguardare il problema del dono del grembo (come si vede non dell’affitto dell’utero, che cosa completamente diversa).

Penso che se esiste ancora un po’ di logica nei nostri parlamentari queste questioni debbano essere affrontate, in prima battuta, dal Comitato Nazionale per la Bioetica il quale, tra l’altro (anche se nessuno se ne è accorto ) è stato creato proprio per occasioni come questa.

E se posso permettere di dare un consiglio alle persone religiose che trovano scandalosa questa decisione, vorrei ricordare loro che modificare la dottrina tenendo conto dello spirito del tempo non è alito del demonio, è solo semplice buonsenso.