Dalla Francia all’Italia, l’offensiva reazionaria nelle scuole

Marina Boscaino
www.micromega.net

mboscainoTutto il mondo è paese. L’implacabile “Tempi”, una delle avanguardie del conservatorismo e del clericalismo hard nel nostro tormentato Paese, ci informa con soddisfazione che anche in Francia esiste un consistente ostruzionismo all’inserimento dell’educazione di genere nelle scuole. Loro, gli ostruzionisti, per la verità, come tante menti illuminate qui da noi, la chiamano “ideologia di genere”, conferendo al termine ideologia quello sprezzante significato che i tempi moderni hanno saputo attribuirgli.

Il nuovo ministro dell’Educazione, Benoit Hamon, ha ricevuto qualche giorno fa una accorata richiesta da parte dell’associazione Les Einsegnants pour l’Enfance, che si batte in Francia contro l’“introduzione subdola” dell’ideologia di genere, con particolare riferimento all’operato del ministro uscente – Vincent Peillon – che si era dato come obiettivo quello di “cambiare la mentalità dei giovani”. L’ideologia di genere, scrivono, “non può trovare spazio nella scuola della Repubblica, la cui missione resta la trasmissione della conoscenza” (sic!). Chiedono quindi di ritirare l’“ABC dell’uguaglianza” dalle scuole elementari e il programma di lotta all’omofobia dalle scuole secondarie, in partenza dal prossimo anno scolastico, che il ministro uscente aveva approvato con l’obiettivo di «educare alla cultura dell’uguaglianza fra i sessi» fin dall’età di sei anni per «eliminare pregiudizi e stereotipi che possono essere alla base di discriminazioni», riservando una particolare attenzione «alle violenze commesse a causa dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere».

Les Einsegnants pour l’Infance hanno minacciosamente evocato il “forte sospetto che l’impresa del signor Peillon ha avuto l’effetto di risvegliare nei genitori” e “il divorzio che si è instillato al cuore della nostra Repubblica e che separa ormai lo Stato dalle famiglie”. “Queste iniziative – hanno concluso – non riguardano la prima missione della scuola, interferiscono nell’educazione che i genitori vogliono donare ai loro figli e non possono che gettare discredito sulla nostra professione”.

Torniamo nel Bel Paese. Da noi accorati ed indignati appelli hanno avuto un effetto immediato. Da noi è bastato qualche alzata di toni del cardinal Bagnasco (”La lettura ideologica del genere è una vera dittatura che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni.” “I genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? I figli non sono materiale da esperimento in mano di nessuno, neppure di tecnici o di cosiddetti esperti. I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga.”); qualche esternazione delle associazioni dei genitori cattolici; un’interpellanza di un manipolo di senatori (Giovanardi, Sacconi, Formigoni, Compagna, Chiavaroli e Bianconi), di cui uno in particolare – Formigoni – notoriamente in odor di santità e un intensissimo bombardamento da parte di “Avvenire” e “Tempi”, i cui toni apocalittici mettevano in guardia sul pericolo che la famiglia tradizionale e la libertà di educazione delle famiglie correvano.

Questo implacabile schieramento di forze, questa chiamata alle armi per la difesa dei sacri valori patri è riuscita in men che non si dica a bloccare l’iniziativa dell’Unar, Ufficio antidiscriminazioni razziali del Dipartimento per le Pari opportunità, che fu incaricato da Elsa Fornero, allora ministro del Lavoro (con deleghe per le Pari opportunità), di farsi promotore di un progetto sull’educazione alle diversità, inserito in una più ampia sperimentazione del Consiglio d’Europa per la lotta alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. Gli opuscoli informativi dell’Unar, che dovevano essere distribuiti nelle scuole, sono stati prima a più riprese stigmatizzati da Toccafondi, sottosegretario all’Istruzione (“il governo si deve esprimere sui problemi a monte, che risiedono nell’ambiguità di certi organismi come l’Unar, e poi sulle loro conseguenze che vediamo in atto”) poi bloccati da Giannini.

Il commento finale di tutta questa vicenda lo lascio invece alla Sis (Società Italiana delle Storiche): “Altri episodi, istituzionalmente meno gravi, ma non meno rilevanti, hanno mostrato in atto una campagna di mobilitazione di settori dell’opinione pubblica contro l’introduzione della cosiddetta ‘teoria del gender’ nelle istituzioni scolastiche del paese. Vorremmo innanzitutto segnalare la parzialità e anche l’erroneità delle affermazioni che hanno accompagnato questi episodi, precisando la complessità della questione contro ogni pretesa riduzionistica.

Non esiste, infatti, una ‘teoria del gender’. Con questa categoria, usata in modo fecondo in tutta una serie di discipline che ormai costituiscono l’ambito dei gender studies, non si introduce tanto una teoria, una visione dell’essere uomo e dell’essere donna, quanto piuttosto uno strumento concettuale per poter pensare e analizzare le realtà storico-sociali delle relazioni tra i sessi in tutta la loro complessità e articolazione: senza comportare una determinata, particolare definizione della differenza tra i sessi, la categoria consente di capire come non ci sia stato e non ci sia un solo modo di essere uomini e donne, ma una molteplicità di identità e di esperienze, varie nel tempo e nello spazio. Proprio per la sua notevole capacità analitica e il suo carattere non prescrittivo il gender ha aperto nuove e importanti direttrici di ricerca, che nella comunità scientifica e nell’insegnamento superiore di molti paesi sono ormai riconosciuti e sostenuti, a differenza di quanto accade nel nostro Paese: del resto, la disinformazione di cui stiamo avendo prova in queste settimane conferma ampiamente il ritardo cumulato”.

Al Cardinal Bagnasco, ai genitori cattolici e alle attuali vertici del Miur di tutto ciò – come degli atteggiamenti di bullismo e omofobia che hanno portato persino a vari suicidi tra i nostri adolescenti – non importa evidentemente nulla. La nuova controriforma – come l’ondata di incoraggiante consenso nei confronti delle paritarie – passa impunemente attraverso, oscurantismo, razzismo e pregiudizio, celebrando il primato incondizionato della famiglia benedetta dalla Chiesa; tra la cassa di risonanza dei potenti media di orientamento cattolico e il sostanziale disinteresse di chi dovrebbe battersi per laicità, principio di uguaglianza e educazione alla cittadinanza consapevole hanno, ancora una volta, vinto loro.