Val di Susa, un’inchiesta No Tav fa tremare la Procura di Torino

Andrea Doi
www.huffingtonpost.it

Che la Val di Susa sia una terra magica è cosa risaputa, soprattutto tra gli amanti dell’esoterismo e dei misteri. Qui sorge il monte Musinè, secondo alcuni una sorta di base degli Ufo, per altri luogo dove le energie magiche si raccolgono.

Ma questo pezzo di Piemonte è anche custode di altri segreti. Qui, infatti, in alcune grotte erano nascoste le armi di Gladio, organizzazione Stay Behind, che aveva il compito, durante la Guerra Fredda, di evitare in qualsiasi modo che i comunisti prendessero il potere. Inoltre sempre in questo corridoio per la Francia è stato appurato che la ‘ndrangheta è di casa.

La mafia calabrese ha forti interessi dai tempi antecedenti le Olimpiadi invernali di Torino del 2006, piatto molto ghiotto per tanti.

Oggi tutti conoscono questa valle per la protesta contro il treno ad Alta Velocità Torino-Lione, iniziata più di vent’anni fa. Una “guerra” che per fortuna non ha fatto vittime, nonostante ci siano stati duri scontri tra le forze dell’ordine e i No Tav, svariate volte.

Però lunghissima è la lista degli indagati per vicende legate alla lotta contro il Tav. Tra i reati anche quello di terrorismo: addirittura quattro giovani sono dallo scorso dicembre in carcere con quest’accusa. Pesantissima. Come è duro il regime di carcere a cui sono sottoposti visto l’imputazione. Tanto che molti intellettuali, ad esempio lo scrittore Erri De Luca (anche lui indagato), hanno deciso di solidarizzare con i quattro, annunciando la loro partecipazione alla manifestazione nazionale che si terrà a Torino il 10 maggio. Ma, sempre sul fronte Tav, in queste ore è accaduto qualcosa di importante che ha a che fare con l’informazione.

Infatti una contro-inchiesta del movimento contro l’Alta Velocità svelerebbe dei retroscena sul pubblico ministero Antonio Rinaudo, titolare dei fascicoli aperti contro gli attivisti della Valsusa e tra i principali accusatori dei presunti terroristi. Questo lavoro certosino d’inchiesta ripercorre gli ultimi dieci anni della carriera del magistrato, raccoglie anche testi di intercettazioni e parla di presunti collegamenti tra Rinaudo e esponenti della malavita organizzata calabrese. Spunta anche il nome di Luciano Moggi, l’ex dirigente della Juventus coinvolto in Calciopoli.

Una contro-inchiesta ben fatta, che nulla ha che invidiare con altre inchieste. Eppure magicamente questo “lavorone”, il cui compito è quello di far sorgere alcuni dubbi sull’operato dei magistrati della Procura torinese, non viene ripresa da nessun quotidiano nazionale. Come se non esistesse. Ci sono passaggi che dovrebbero essere approfonditi, come la presunta amicizia tra Rinaudo e tale Antonio Esposito, emissario, secondo gli inquirenti, di Rocco Lo Presti, boss della ‘ndrangheta, che operava a Bardonecchia, comune che nel 1995 verrà commissionata per infiltrazioni mafiosi. Primo caso nel Nord Italia. Basti pensare che le intercettazioni tra il pm e il boss risalgono già al 2003, quando arrivano sul tavolo di un collega di Rinaudo, Antonio Malagnino.

Eppure, le presunte conoscenze malavitose che queste telefonate proverebbero, non compromettono la carriera del magistrato che anzi, sempre nel 2003, diventa titolare di un’inchiesta per reati legati alla ‘ndrangheta. Il risultato? Rinaudo chiuderà il fascicolo solo dieci anni dopo, nel 2013, chiedendo un rinvio a giudizio che non potrà mai avvenire visto che per tutti gli imputati sono stati raggiunti i tempi della prescrizione. Ironia della sorte, dieci giorni dopo firmerà la domanda di arresto per i quattro No Tav accusati di terrorismo: in quel caso i fatti però risalgono solo alla primavera dello stesso anno.

Questo è solo uno dei tanti esempi contenuti nel dossier che uno dopo l’altro tira fuori i nomi della malavita da sempre intrecciata alla realizzazione delle opere in Valsusa. Fino ad arrivare all’ex dirigente juventino Luciano Moggi, condannato per lo scandalo di “Calciopoli” e comune amico di Rinaudo e Esposito, con i quali si intratteneva in costose cene in alberghi di lusso. Insomma una sorta di libro bianco che però rischia di girare solo tra gli ambienti No Tav, mentre invece meriterebbe ben altra sorte.

Ma come dicevo la Val di Susa è magica: qui le cose normali appaiono complicate e quelle inutili diventano utili. Probabilmente quando un giorno finalmente qualcuno capirà che il Tav non si farà perché non ci sono i soldi, quando si capirà che spesso in questi anni si è giocato sulla pelle di tanti, magicamente quest’inchiesta tornerà a galla (forse!) e il lavoro del pm Rinaudo verrà visto sotto una luce diversa. E saranno in molti a salire sul carro dei vincitori, anche quelli che hanno preferito non informare pur avendo il dovere di farlo, dimenticando quest’inchiesta dentro un cassetto.