E l’Europa dov’è?

Andrea Bellavite *
Adista Segni Nuovi n. 18 del 17/05/2014

Mancano pochi giorni alle elezioni europee, una grande occasione per riavvicinarsi alla Politica con la P maiuscola, perché i temi sono veramente tanti e di enorme importanza. La prima e più urgente sfida, 100 anni dopo l’inizio della tragica prima guerra mondiale, è la promozione della pace mondiale, del disarmo generale, della realizzazione di arbitrati internazionali in grado di gestire le contese. La tensione in Ucraina non può far dimenticare che anche la Russia è parte integrante del continente e che quindi non deve essere dimenticato il sogno di un’Europa unita, “dall’Atlantico agli Urali”.

Sono inoltre da rideterminare il ruolo, gli obiettivi e gli assetti istituzionali dell’Unione Europea, a partire da alcune domande di ordine culturale. Che cosa è l’Europa? È possibile pensare a una “casa comune”?

A che punto sono i processi di reciproca conoscenza e integrazione fra i diversi ambiti linguistici e culturali? Quali interventi in ambito sociale, delle politiche del lavoro? Come uscire insieme dalla grande crisi?

L’assenza di un convinto e consapevole progetto di cooperazione internazionale e la recrudescenza della crisi finanziaria e del lavoro portano in primo piano la questione dell’accoglienza degli immigrati, il cui numero sarà incrementato dall’ulteriore dislivello che si va creando tra i pochi sempre più ricchi e i tantissimi sempre più poveri.

Sono questi, o altri contigui, i punti chiave dei programmi elettorali dei partiti o dei gruppi d’opinione italiani?

Purtroppo la domanda è retorica. No, in Italia, con le dovute e lodevoli eccezioni, non si parla quasi mai d’Europa. La tornata elettorale sembra essere ridotta di fatto a una gara non fra idee portate avanti da partiti, ma tra leader, in primis Renzi, Grillo e Berlusconi, pronti a gettare nella mischia le loro “truppe”. Gli altri – se andrà bene – potranno raccogliere le briciole.

Renzi, sospinto da un fin troppo straordinario consenso mediatico e di conseguenza popolare, sembra cercare nelle elezioni europee quella legittimazione elettorale che finora gli è mancata e che costituisce tuttora il vulnus originale della sua arrembante politica: una rivoluzione garantita dai cultori della conservazione, un ossimoro divenuto realtà.

Anche se l’incertezza regna sovrana, Grillo sembra non risentire delle accuse interne. Insuperabile nel mettere il dito sulla piaga, risulta molto meno efficace in sede di proposta e di progetto. Per questo sembra usare l’antieuropeismo, cavalcando gli evidenti disagi della base, come un mezzo per accalappiare voti, senza avventurarsi in prospettive alternative, che richiedono le mediazioni “imposte” dalla democrazia.

Berlusconi è ancora in corsa, con il “partito” accreditato molto sopra a quel “nulla” che chiunque – esclusi i suoi supporter – avrebbero immaginato dopo la condanna definitiva, la scissione del Nuovo Centro Destra, le “verità” che emergono quotidianamente sui suoi vizi privati e sulle inesistenti pubbliche virtù. Ha già avviato la “sua” campagna elettorale, seguendo la collaudata regola del “non importa se bene o se male, l’importante è che se ne parli”.

Degli altri c’è poco da dire, la Lega sembra quella dei primi anni ‘90, Scelta Civica è diventata Scelta europea ma il prodotto non cambia. Interessante è invece l’ennesimo tentativo di convergenza elettorale a sinistra: dopo l’Arcobaleno e l’Alba, dopo Cambiare si può e Rivoluzione Civile, è la volta dell’Altra Europa con Tsipras. Di fatto è l’unico raggruppamento che antepone le drammatiche problematiche del cittadino europeo a quelle di casa nostra. Ed è l’unico partito o movimento che, collegato ad altri simili negli altri Paesi in cui si vota, propone un alternativa non capitalista alla crisi del capitalismo. Non sembra avere molte chance, sarebbe un grande successo se i nomi molto noti che hanno accettato di essere candidati, riuscissero a spingere le percentuali di consenso oltre la fatidica soglia del 4%. Ma da qui a pensare di invertire la marcia di un’Europa in difficoltà…

Un’ulteriore ragione d’interesse è legata, sia pur indirettamente, al nuovo corso inaugurato dal vescovo di Roma. Per la prima volta i fedeli saranno chiamati a una scelta dettata soltanto dalla loro coscienza, senza scomuniche pregiudiziali, principi “non negoziabili”, privilegi da garantire. È evidente che Francesco indica anche alla Cei la necessità dell’esercizio della libera responsabilità. Dove si sposteranno i voti dei cattolici, finalmente liberi dalle interferenze magisteriali del recente passato?

Insomma, tante domande e poche risposte. Nella speranza che avvenga un miracolo e che gli eletti – invece di perdersi nei corridoi di Strasburgo, come accaduto a chi li ha frequentati finora – riescano nell’ardua impresa di far comprendere agli italiani che solo con un’Europa davvero unita è possibile sperare in un sostenibile futuro!

* Prete di Gorizia; giornalista professionista, già direttore del settimanale diocesano Voce Isontina