Otto per mille, che fine fanno i soldi dei contribuenti

Claudia La Via
www.lettera43.it

È in vigore da 30 anni. Secondo gli ultimi dati disponibili (dichiarazione dei redditi del 2009) nel 2013 vale ben 1 miliardo e 225 milioni di euro. Non costa nulla (quasi) alle tasche degli italiani. Ma su una quota millesimale del gettito Irpef si giocano equilibri importanti. Fra Stato e Chiesa. E fra le diverse confessioni religiose.

LA SCELTA TRA 12 SOGGETTI. Stiamo parlando dell’8xmille. Ogni cittadino che presenta la dichiarazione dei redditi può scegliere fra 12 soggetti a cui destinarlo: Stato, Chiesa cattolica, Unione chiese cristiane avventiste del 7° giorno, Assemblee di Dio in Italia, Unione delle chiese metodiste e valdesi, Chiesa evangelica Luterana in Italia, Unione comunità ebraiche italiane, Unione buddista, Unione induista, Chiesa apostolica, Sacra diocesi ortodossa d’Italia, Unione cristiana evangelica battista d’Italia. In realtà nessuno destina il proprio gettito: il meccanismo assomiglia più a un gigantesco sondaggio d’opinione, al termine del quale si “contano” le scelte, si calcolano le percentuali ottenute da ogni soggetto e, in base a queste percentuali, vengono poi ripartiti i fondi.

LA SCELTA DELLA DESTINAZIONE. Uno dei punti più controversi riguarda infatti la procedura di scelta della destinazione. Secondo la legge il contributo viene assegnato non solo in base a ciò che il contribuente esprime, ma conteggia anche chi non ha scelto nulla. Attualmente infatti, non più del 45% dei contribuenti aventi diritto sceglie in maniera palese la destinazione dell’8xmille. La parte restante, però, viene assegnata ugualmente secondo un meccanismo un po’ complesso: le quote dei cittadini che non esprimono la propria preferenza vengono ripartite tra i beneficiari scelti in modo diretto, in proporzione a quando già percepito. In pratica chi ottiene la maggior parte delle assegnazioni dirette si aggiudica anche quelle indirette.

AI CATTOLICI I 4/5 DELLA TORTA. A ciò si aggiunge anche la parte di contributi che provengono da chi non è tenuto a presentare la dichiarazione. Il paradosso finale è che in questo modo le varie confessioni ricevono più dalla quota di fondi non espressa che da quella espressa. E la Chiesa cattolica – che di solito ottiene la maggior parte delle assegnazioni dirette – arriva a guadagnare i quattro quinti dell’intero incasso. Alcune confessioni però (come Assemblee di Dio e Chiesa apostolica) lasciano invece allo Stato le quote non attribuite.

La nascita con il Concordato del 1984

L’8xmille è un provvedimento nato dopo un accordo di revisione del Concordato fra Stato e Chiesa del 1984 che mirava a introdurre un nuovo metodo – più moderno – di finanziamento alla Chiesa cattolica. Prima infatti l’Italia pagava parte dello stipendio del clero attraverso un apposito fondo. Poi, questa norma nata a favore del Vaticano è stata estesa anche ad altre confessioni religiose. Oggi sono in 12 a correre per aggiudicarsi i soldi messi a disposizione dalla quota del gettito Irpef. Fra queste la Chiesa valdese, la Comunità ebraica e – da poco – anche buddisti e induisti.

L’ITER PER IL RICONOSCIMENTO DELLE RELIGIONI. Perché una comunità religiosa entri a far parte delle istituzioni ‘riconosciute’ a cui è possibile assegnare una quota dell’8xmille occorre che vi sia un’intesa stipulata con lo Stato italiano e che questo accordo sia ratificato dal parlamento. Ma l’iter è spesso complicato (o reso complicato) e parecchio lungo. Come nel caso dei Testimoni di Geova la cui intesa con lo Stato è stata approvata dal Consiglio dei ministri nel 2000 ma da allora non è mai stata ratificata dal parlamento. I buddisti, invece, avevano firmato l’intesa nel 1999 e hanno dovuto attendere 15 anni prima di essere riconosciuti. E in questo arco di tempo – grazie al meccanismo delle quote non espresse – i soldi finivano comunque alla Chiesa cattolica.

Nel 2013 la Chiesa ha raccolto 1 miliardo e 33 milioni di euro

Fra i soldi destinati alla Chiesa cattolica e quelli che arrivano alle altre religioni che hanno accesso all’8xmille, infatti, c’è un abisso. Basti pensare che la seconda confessione in lista – quella valdese – raccoglie il 2% delle preferenze e la terza – l’Unione delle Comunità ebraiche italiane – vanta percentuali risicatissime, sotto l’1%.

15 MILIONI DI FIRME PER LA CEI. In base agli ultimi dati disponibili – relativi alle dichiarazioni dei redditi effettuate nel 2010 – la Conferenza episcopale italiana (Cei) è sempre in cima alla classifica con più di 15 milioni di firme (circa l’82% delle scelte espresse). Secondo un comunicato emesso dalla Cei la somma dell’8xmille assegnata alla Chiesa cattolica per il 2013 è stata di 1 miliardo e 33 milioni di euro (in pratica la fetta più grande). Di questi circa 420 mila sono stati destinati alla voce «eventi di culto e pastorale» (l’anno prima erano stati 479.226) mentre 382 mila sono andati per il sostentamento del clero (nel 2012 erano 363.850). Infine 235 milioni andranno in opere di carità di vario genere come i ‘solo’ 85 milioni destinati al Terzo mondo.

BUDDISTI E INDUISTI GUARDANO ALL’ESTERO. Fra le altre confessioni, la Chiesa valdese rifiuta di destinare i fondi ottenuti alle esigenze di culto e al sostentamento del clero. L’Unione buddista italiana destina invece i fondi a «interventi culturali, sociali e umanitari anche a favore di altri Paesi, nonché assistenziali e di sostegno al culto», mentre gli induisti li utilizzano per «il sostentamento dei ministri di culto, esigenze di culto e attività di religione, nonché interventi culturali, sociali, umanitari ed assistenziali eventualmente pure a favore di altri Paesi».

E lo Stato divora il “suo” 8xmille

Il secondo beneficiario dell’8xmille è comunque lo Stato che si aggiudica il 13,74% delle preferenze. Nonostante, però, sia previsto un impiego ben preciso di queste risorse (lotta alla fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati e conservazione di beni culturali), la legge viene infatti puntualmente disattesa. Lo dimostrano i numeri: sempre per il 2013 lo Stato ha intascato 170 milioni di euro ma ne ha spesi poco più di 400 mila per opere umanitarie. In pratica appena lo 0,24% del totale. Pochi spiccioli, insomma, a fronte di un cospicuo tesoretto.

TESORETTO EROSO PER FINANZIARE PROGETTI. Non si era mai registrata una quota così bassa ma le ragioni vanno ricercate indietro nel tempo. In questi anni, infatti, il tesoretto è stato eroso dagli interventi dei vari governi che hanno attinto a piene mani al fondo per finanziare progetti più disparati. E, nella maggior parte dei casi, non di utilità sociale. Come il “Fondo volo” su cui nel 2004 sono stati dirottati ben 5 milioni di euro con l’obiettivo di creare un portafogli di previdenza per il personale di volo delle compagnie aree. A questo si aggiungono i 35 milioni dell’8xmille statale investiti dal governo Letta per sbloccare i pagamenti alle imprese che vantano crediti verso la Pubblica amministrazione, altri 10 per la copertura del decreto del fare e poi 20 milioni per gli incentivi e le agevolazioni per il risparmi energetico (Ecobonus).

COME UN BANCOMAT. Insomma dallo Stato spesso l’8xmille è stato visto come un bancomat. Dalla riduzione del debito al salvataggio di Alitalia passando per il rifinanziamento delle missioni militari all’estero.