Scomunica contro la fondatrice di Noi siamo Chiesa di L.Kocci

Luca Kocci
il manifesto, 23 maggio 2014

Durissimo provvedimento contro i gruppi cattolici di base. Il Tribunale diocesano della diocesi di Innsbruck ha scomunicato – quindi escluso dai sacramenti ed espulso dalla Chiesa cattolica – Martha Heizer, cofondatrice e presidente di We are Church (Noi siamo Chiesa), il principale movimento cattolico internazionale progressista, presente in oltre 20 nazioni e impegnato per una riforma della Chiesa in direzione di una maggiore collegialità, pluralismo e povertà.

Da tre anni Martha Heizer e suo marito Ehemann Gert (scomunicato anche lui), per sollevare pubblicamente la questione dell’ordinazione presbiterale delle donne, celebrano l’eucaristia nella loro casa ad Absam (vicino Innsbruck, in Austria) insieme ad altre persone della comunità e senza preti. Una prassi peraltro comune nelle comunità cristiane di base, moltissime delle quali anche in Italia.

La Congregazione per la dottrina della fede (l’ex sant’Uffizio) – guidata dal card. tedesco Müller, nominato da Ratzinger e annoverato fra i conservatori – aveva avviato un’indagine e mercoledì sera il vescovo di Innsbruck, mons. Manfred Scheuer, ha consegnato alla coppia il decreto di scomunica per aver infranto le regole canoniche sul sacramento dell’eucaristia. I coniugi però lo hanno respinto e non hanno nemmeno voluto ritirarlo. «Siamo stati trattati come i preti che hanno compiuto delitti gravissimi, come gli abusi sessuali sui minori, anzi peggio perché non conosciamo un solo caso di un prete pedofilo che è stato scomunicato», dichiarano Heizer e suo marito. «Abbiamo rifiutato di ritirare il decreto, non lo accettiamo perché sappiamo di non aver commesso abusi tali da essere scomunicati. Anzi continueremo a impegnarci con maggior forza per la riforma della Chiesa cattolica: proprio queste modalità mostrano con quanta urgenza la Chiesa debba essere rinnovata». «Con le loro azioni, Heizer e suo marito hanno creato una situazione per cui era necessario prendere provvedimenti», lo scarno commento di mons. Scheuer, «in un certo senso si sono auto scomunicati».

Secondo l’agenzia Kathpress, papa Francesco non era personalmente informato del procedimento, perché l’accertamento della scomunica era di competenza del vescovo diocesano. Trattandosi di un delitto contro l’eucaristia, il vescovo, in conformità al diritto canonico, ha informato la Congregazione vaticana per la dottrina della fede alla conclusione della sua istruzione preliminare. La Congregazione ha poi accertato che si trattava di un caso che, secondo il canone 1379 del codice di diritto canonico, comportava come punizione la scomunica. E il vescovo di Innsbruck ha così proceduto.

Per Vittorio Bellavite, portavoce della sezione italiana di Noi siamo Chiesa, l’intervento è un attacco dell’ala conservatrice delle gerarchie al nuovo clima ecclesiale: questa vicenda è stata «usata per un attacco, indiretto ma molto duro, al nuovo corso di papa Francesco e alle riforme indispensabili che egli cerca di proporre. Non è possibile nessuna altra interpretazione davanti a un intervento nei confronti della presidente del principale movimento che da anni si impegna per la riforma della Chiesa cattolica nella linea del Concilio e che, ora, ha accolto con convinzione il messaggio del nuovo vescovo di Roma. La questione, di cui era imputata Martha, era ferma da tre anni e sembrava abbandonata. Non a caso viene risollevata ora che nella Chiesa lo scontro si sta facendo vivace».

Noi siamo Chiesa è nata in Austria nel 1996 attorno ad un “Appello al Popolo di Dio” che raccolse 2 milioni e 500mila firme in tutta Europa (oltre 35mila in Italia) e che chiedeva riforme radicali nella Chiesa cattolica: maggiore democrazia, abolizione dell’obbligo del celibato ecclesiastico, fine delle discriminazioni contro gli omosessuali, accesso ai sacramenti per i divorziati risposati. La scomunica alla presidente è un duro colpo al dialogo con il mondo cattolico di base, che sembrava essersi riaperto con papa Francesco.

***********
Nota a margine: In un primo momento sembrava che il decreto di scomunica fosse stato emanato dal prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, card. Müller – quindi con la presumibile approvazione del papa -, come peraltro affermava la stessa Martha Heizer nel suo comunicato (http://www.tt.com/panorama/gesellschaft/8423709-91/akzeptiere-schuldspruch-nicht-heizer-%C3%BCber-vorgehen-roms-schockiert.csp). E così è stato riportato nell’articolo pubblicato sul manifesto (http://ilmanifesto.it/il-santuffizio-scomunica-martha-heizer-fondatrice-di-noi-siamo-chiesa/). In un secondo momento, a giornale ormai chiuso, il comunicato di Martha Heizer è stato emendato, e dalla nuova versione è scomparso il riferimento alla Congregazione per la Dottrina della fede (http://www.wir-sind-kirche.at/content/index.php?option=com_content&task=view&id=1994&Itemid=14). Pertanto il decreto di scomunica è da intendersi emesso non dalla Santa sede ma dal vescovo di Innsbruck, mons. Scheuer. Non è dato sapere se il pontefice fosse stato preventivamente informato di tale iniziativa della diocesi austriaca. Questa informazione è stata recepita nell’articolo pubblicato sopra.

———————————–

SCOMUNICA PER LA PRESIDENTE DI WE ARE CHURCH: MA IL MOVIMENTO RESPINGE LE ACCUSE

Ludovica Eugenio
Adista Notizie n. 20 del 31/05/2014

Scomunica latae sententiae, vale a dire automatica: è un messaggio molto forte quello che il Vaticano lancia ai movimenti di riforma della Chiesa cattolica con il provvedimento comminato a Martha Heizer, presidente del movimento internazionale di riforma della Chiesa We are church (nonché neopresidente della sezione austriaca), e al marito Gerd. Il motivo: aver celebrato delle eucaristie private senza prete presso il proprio domicilio. Il provvedimento è stato trasmesso alla coppia dal vescovo di Innsbruck, mons. Manfred Scheuer, il 21 maggio. Esso, tuttavia, è stato rifiutato dai coniugi Heizer: «Non l’abbiamo accettato – hanno spiegato all’emittente radio austriaca Orf – perché mettiamo in discussione la procedura nella sua totalità». Il giorno seguente, Heizer ha spiegato in un comunicato di essere «profondamente scioccata del fatto di ritrovarsi nella stessa categoria dei preti pedofili» (affermazione, questa, peraltro inesatta: a tutt’oggi non è contemplata la scomunica per i preti colpevoli di abusi sessuali su minori). «Questa procedura – ha aggiunto – mostra fino a che punto la Chiesa cattolica ha bisogno di rinnovamento».

La misura è stata ugualmente rifiutata anche dal movimento: «Il movimento Noi Siamo Chiesa respinge il decreto del ex-S.Uffizio, esprime la sua solidarietà a Martha e a Gerd e conferma la sua completa collocazione all’interno della Chiesa di cui si sente parte fino in fondo, a dispetto di chi pretende di tutelare la fede e invece tutela solo il diritto canonico», si legge in un comunicato della sezione italiana, a firma di Vittorio Bellavite. Che spiega: «Martha Heizer e il marito Gerd si riuniscono in casa per celebrare insieme l’Eucaristia con altre poche persone con modalità simili a quelle che da tempo sono praticate dalle Comunità di Base, cioè senza un prete canonicamente accreditato. Contemporaneamente, a quanto ci è dato di sapere, continuano a seguire anche le funzioni parrocchiali. È uno dei tentativi di maggiore coerenza con la prassi e con l’insegnamento di Gesù per rendere il Vangelo più accessibile e più comprensibile a tutti. È questa la strada che la Chiesa dovrà seguire in futuro ricorrendo ai cosiddetti viri probati (e in prospettiva alle mulieres probatae) per permettere che alla celebrazione eucaristica, momento principale della fede della comunità cristiana, partecipino tutti i battezzati e le battezzate, tutti i membri del Popolo di Dio». «Questo – continua Bellavite – ha chiesto recentemente a papa Francesco il vescovo della diocesi di Amazzonia in Brasile Ervin Krautler, ricevendo, a quanto si sa, molto ascolto».

È indubbio, prosegue Bellavite, che si tratti di un attacco, indiretto, «al nuovo corso di papa Francesco e alle riforme indispensabili che egli cerca di proporre. Non è possibile nessuna altra interpretazione davanti a un intervento nei confronti della presidente del principale movimento che da anni si impegna per la riforma della Chiesa cattolica nella linea del Concilio e che, ora, ha accolto con convinzione il messaggio del nuovo vescovo di Roma. La questione, di cui era imputata Martha, era ferma da tre anni e sembrava abbandonata. Non a caso viene risollevata ora che nella Chiesa lo scontro si sta facendo vivace».

Perché la scomunica?

Sul motivo della scomunica Heizer non controbatte nulla: è vero che da anni lei e il marito ospitavano in casa celebrazioni eucaristiche, alle quali prendevano parte alcuni credenti. Ma per il Diritto canonico, celebrazioni di questo genere non sono che simulazioni della messa e, in quanto tali, costituiscono uno dei delicta graviora puniti con la scomunica.

La notizia di tali celebrazioni era emersa già nel 2011, grazie ad alcune rivelazioni della televisione austriaca, suscitando un certo scalpore. Era intervenuto il vescovo e la Congregazione per la Dottrina della Fede, informata dei fatti, aveva istituito una commissione d’inchiesta.

Il 22 maggio, il direttore della Sala Stampa vaticana p. Federico Lombardi ha detto all’agenzia I.Media che questa scomunica «è stata pronunciata dalla diocesi di Innsbruck e non direttamente da Roma»: si tratta infatti di un provvedimento automatico che scatta nel momento in cui si è in presenza di «un atto grave» rappresentato dalla «celebrazione di un eucaristia da parte di una persona non ordinata sacerdote». Una sorta di «auto scomunica», insomma, come ha confermato, lo stesso giorno, il vescovo Scheuer. Nel 2011, ha affermato, di fronte alle notizie trapelate, si è visto costretto ad aprire un’inchiesta e a «intraprendere misure legali». È forte in lui il senso di «fallimento per non essere riuscito a convincere i coniugi Heizer a rivedere la loro posizione e a evitare che si aprisse una procedura; «la constatazione di questa auto scomunica – ha detto ancora all’agenzia svizzera Apic – non è una vittoria, ma una sconfitta per la Chiesa», accolta «con enorme dispiacere». Spiega: «Poiché l’Eucaristia nella sua essenza è la festa di tutta la Chiesa, non può esserci un’“eucaristia privata”. I criteri di validità dell’Eucaristia non possono dipendere dalla volontà soggettiva e dalle condizioni spirituali delle persone coinvolte».