Obiezione di coscienza, il richiamo all’ordine della Regione Lazio

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A norma della legge 194/78 la donna che vuole abortire deve parlarne con un medico che esamini con lei i motivi della decisione. Al termine di questo colloquio il sanitario le deve rilasciare un documento (comunemente chiamato certificato), che attesti la sua richiesta, l’esame effettuato insieme ai motivi e la inviti a riflettere per un periodo di sette giorni (attesa non necessaria se il documento è rilasciato con procedura urgente). Trascorsi sette giorni la donna può recarsi in una struttura autorizzata per richiedere l’aborto.

La Legge 194 consente ai medici obiettori di non partecipare a questa attività. La Regione Lazio introduce invece il principio che questi medici, qualora siano in servizio presso i Consultori Familiari, non possano sottrarsi a questa incombenza. Nel Decreto del Commissario ad acta, Linee di indirizzo regionali per le attività dei Consultori Familiari NU00152 del 12/05/2014, da noi contestato in altre parti, c’è una novità importantissima, che salutiamo con piacere.

Nell’allegato 1 a pagina 1 leggiamo testualmente: «Si ribadisce come questa (l’obiezione di coscienza, ndr) riguardi l’attività degli operatori impegnati esclusivamente nel trattamento dell’interruzione volontaria di gravidanza, di seguito denominata IVG. Al riguardo si sottolinea che il personale operante nel Consultorio Familiare non è coinvolto direttamente nella effettuazione di tale pratica, bensì solo in attività di attestazione dello stato di gravidanza e certificazione attestante la richiesta della donna di effettuare IVG. Per analogo motivo, il personale operante nel Consultorio è tenuto alla prescrizione di contraccettivi ormonali, sia routinaria che in fase post-coitale, nonché all’applicazione di sistemi contraccettivi meccanici, vedi IUD (Intra Uterine Devices)».

Questa presa di posizione del Presidente è tanto più significativa in quanto l’articolo 9 della Legge 194/78 recita: «Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 (appunto la cosiddetta certificazione per l’IVG volontaria e per la cosiddetta terapeutica) ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione».

A nostra memoria, nessun governatore, anche delle Regioni guidate dal PD o da amministrazioni di centro sinistra, è riuscito a ribadire con tanta forza il diritto delle donne ad essere assistite per la documentazione necessaria per l’aborto nei Consultori familiari. La Legge 194/78, come detto sopra, specifica che gli obiettori sono esentati sia dalla pratica dell’intervento attivo nell’IVG, sia dalla documentazione precedente che la permette.
Noi siamo perfettamente d’accordo, per questa volta, con il Governatore del Lazio.

L’obiezione deve essere ammessa, contrariamente a quanto la Legge prescrive, solo per le procedure “attive” dell’IVG. Se un ginecologo del Lazio lavora in un Consultorio familiare è tenuto, anche se obiettore, ad effettuare il colloquio con la donna e a rilasciarne il relativo documento. Bravo Zingaretti!
Non ultimo ci fa piacere sottolineare anche l’obbligo (sempre contenuto nel Decreto) di inserire lo IUD, che, in quanto anche anti-annidante (cioè può intervenire dopo l’ingresso dello spermatozoo nell’ovulo) viene di solito compreso nell’obiezione di coscienza.

Chi lavora nel Consultorio deve poter rispondere alle donne in tutte le loro esigenze, compreso l’inserimento dello IUD anche se obiettore di coscienza. Ci auguriamo che le donne vigilino su questa sacrosanta presa di posizione del Governatore del Lazio e che i Direttori Generali intervengano prontamente in caso venisse disattesa.