“Noi siamo cittadini del mondo” di M.Signorelli

Mario Signorelli *
Adista Segni Nuovi n. 26 del 12/07/2014

Un incontro molto partecipato e molto intenso, quello dei Preti operai europei svoltosi dal 6 al 9 giugno scorsi. Gli amici di Torino sono stati eccezionali per la loro disponibilità e per la preparazione delle visite con i gruppi. Una forte presenza tedesca, belga, spagnola e italiana. Francesi e inglesi: due a due come si dice nel Vangelo. Una bella sorpresa l’ha fatta Luca, partito da Roma a piedi all’inizio di maggio ed arrivato all’incontro il sabato. Sta facendo il cammino di Santiago, con l’obiettivo, alla fine del percorso, di diventare prete operaio emigrante. Una nuova pista, inedita. Battere le strade di tanti poveri cristi che lasciano le proprie radici per avventurarsi in un mondo pieno di incertezze e precarietà.

Il luogo dell’incontro è stato la certosa di Avigliana, luogo stupendo, restaurato in questi anni da don Luigi Ciotti che l’ha acquisita da un ordine religioso. È diventata un “luogo di sosta e di pensiero”, di incontri, dibattiti e conferenze. La sera del nostro arrivo Ciotti ha raccontato la sua storia, tutto quello che sta facendo con l’associazione “Libera” in Italia e nel mondo. Un panorama pieno di realizzazioni e proposte che danno speranza.

Il tema dell’incontro era “L’onda attuale dei movimenti migratori” nella cornice del “Noi siamo cittadini del mondo”. Un problema che investe tutto il mondo, a cui bisogna dare delle risposte concrete che non partono dalla semplice volontà di aiuto e di accoglienza. Quello che sta succedendo è un dramma dell’umanità e nello stesso tempo un crimine contro l’umanità, che va affrontato in maniera globale, politica, economica. Non è un problema di un solo Stato.

Prima dell’analisi della situazione si è partiti dalla memoria delle migrazioni dai nostri Paesi, quando i migranti eravamo noi. L’Italia ha un primato nel mondo con 27-30 milioni di emigrati dal 1875 al 1960, senza contare le migrazioni interne dal Sud al Nord. Capire la nostra emigrazione significa entrare nel merito delle migrazioni attuali, i meccanismi sono sempre quelli: crisi economica, guerre.

Analizzando i diversi Paesi europei ci siamo trovati di fronte a delle sorprese. L’Inghilterra nel 1800 ha registrato una forte emigrazione verso America e Australia (in quest’ultimo caso molti erano orfani o criminali, un modo per “ripulire” il Paese). Dal Belgio, tra il 1873 e il 1934, due milioni di persone sono partite verso New York.

Abbiamo cercato di capire come gli immigrati-rifugiati possono diventare da oggetti a soggetti del discorso. In questi anni sono stati considerati solo “oggetto” di leggi speciali, per limitare il loro flusso, mentre dovrebbero interrogarci sul nostro stile di vita, che si è avvalso delle politiche predatorie dell’Occidente nei confronti dei loro Paesi, devastati da guerre e sostenuti da governi e multinazionali del Nord. Una situazione destinata ad aggravarsi sempre più se non si pone mano alle cause e ai meccanismi perversi di questo mercato che diventa sempre più aggressivo. Ne è un esempio il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (Ttip) che Usa e Ue stanno negoziando per un mercato libero da vincoli che frenino i loro profitti. Il Ttip vuole stabilire delle regole a cui tutti devono attenersi modificando le legislazioni statali relative a quei campi da cui le multinazionali possono trarre vantaggi.

Durante la tre giorni, abbiamo anche avuto testimonianza di alcuni segnali di cambiamento di tendenza, come ci ha mostrato il movimento Slow Food, con il quale abbiamo avuto un incontro. Slow Food si sta impegnando per aiutare, con proposte concrete, il rientro di molti migranti nei loro Paesi d’origine affinché possano riappropriarsi della loro terra per creare un’economia locale. Piccole storie, ma significative, che fanno da apripista.

Un altro momento centrale dell’incontro è stata la visita al Lingotto di Torino, simbolo “sacro” della Fiat, dove ora non si producono più auto. È stato trasformato in spazio per musei, mostre, eventi, commercio, incontri e concerti. Con l’aiuto di Marta Margotti e dell’ex sindaco di Torino, Valentino Castellani, ci è stato illustrato il cambiamento della città in questi ultimi 120 anni: da città industriale che ruotava intorno alla Fiat, a città del terziario, degli eventi letterari e sportivi, e città turistica, che non si è afflosciata su se stessa, ma che ha saputo aprire nuovi orizzonti.

Un gruppo di noi si è incontrato in Val di Susa con il movimento NoTav. È stata una sorpresa vedere persone di ogni età che da anni difendono la loro valle, opponendosi a un progetto non per il semplice “Non nel mio giardino” ma per l’inutilità di tale impresa. Un movimento di solidarietà che, con caparbietà, da vent’anni propone alternative realistiche e rispettose del territorio.

La visita al Lingotto ci apre un’altra prospettiva: una città può morire se con lei muore un’industria causando disoccupazione e nello stesso tempo emigrazione, ma può offrire delle opportunità, puntando su altre risorse direi ad “arcobaleno”, a più colori e dimensioni.

Il movimento Slow food propone un radicamento nel territorio, con produzioni rispettose dell’ambiente, e non su vasta scala. La perdita del territorio da parte di milioni di esseri umani per le guerre e lo sfruttamento delle multinazionali è una delle cause, se non la più importante, dell’immigrazione.

Sulla stessa lunghezza d’onda il movimento NoTav che sta portando avanti una lotta per la difesa della valle e dei suoi abitanti, contro un progetto faraonico che soprattutto oggi non ha più senso, visto anche il tramonto delle grandi concentrazioni industriali.

Un altro incontro significativo è stato quello con il centro immigrati della città, che ci ha portato a conoscere un’esperienza particolare: l’occupazione di un edificio abbandonato da parte di alcuni migranti. Una storia come tante, ma l’incontro con i volti, con le storie e traversie che passano da Lampedusa è il primo gesto per un’azione veramente efficace. Un detto arabo dice: «Quando incontri uno sconosciuto, non aver paura, potrebbe essere un angelo». L’angelo è il portatore di un annuncio, di un messaggio. Questi volti che abbiamo visto proiettati sullo schermo durante la celebrazione di Pentecoste, ci hanno interrogato.

Abbiamo considerato: «Non è facile stare sotto lo sguardo di qualcuno, soprattutto se estraneo. È uno sguardo che inquieta e, nello stesso tempo, libera, apre a un modo di stare al mondo più umano. Ci insegna a guardare, a cogliere non solo le immagini viste con gli occhi, ma anche ciò che va al di là del visibile: i volti che dicono il dramma di chi, in un attimo ha perso tutto… Eppure quegli sguardi stanno lì davanti a noi, al nostro mondo, ormai scassato e vuoto di umanità. Un mondo assente, chiuso in un autismo dilagante, patologia che isola dalla realtà e chiude nel perimetro circoscritto dell’individualismo. Fermiamoci a cogliere lo sguardo; lasciamoci trafiggere da quegli occhi… perché il loro sguardo buca le nostre ombre».

Abbiamo vissuto giornate intense, attraversate da un fil rouge: perché l’immigrazione? Che possiamo fare? Quali i segnali di speranza? Gli incontri sul territorio ci hanno aperto delle piste: con Ciotti la lotta alla mafia è fondamentale, con la restituzione delle terre a cooperative di giovani. Una mafia che opera a livello internazionale e che gioca un ruolo fondamentale anche negli spostamenti dei migranti, avendo trovato modo di farvi profitto. Dietro alle decine di migliaia di migranti che ogni anno arrivano in Europa c’è un’industria fatta di grandi professionisti del crimine, uomini d’affari il cui fatturato mondiale è secondo solo a quello della droga.

L’incontro ha prodotto un documento finale indirizzato «a rifugiati, immigrati e sfruttati di ogni condizione e di tutti i Paesi, a tutti gli uomini e donne di ogni Paese impegnati per la giustizia contro tutte le forme di esclusione».Appuntamento al prossimo anno a Barcellona.

* Prete operaio di Bergamo