Tempi Fraternità e la ElleDiCi di E.Cucuzza

Eletta Cucuzza
www.adistaonline.it

La rivista Tempi di Fraternità, nel numero di giugno, sollecita il direttore amministrativo della casa editrice salesiana Elledici, Alessandro Cavalitto, ad esprimersi su due questioni piuttosto controverse: la vendita della sede storica della casa editrice e la chiusura delle librerie (v. Adista Notizie nn. 46/13, 2, 7 e 15/14).

La prima questione origina un paio di anni fa, quando i salesiani cedettero alla Sibar s.r.l., per una somma rimasta ignota, i circa 13mila metri quadri siti in corso Francia 124 a Cascine Vica, frazione di Rivoli e provincia di Torino (lì era sita anche la libreria, per la quale è stata attrezzata una nuova sede a 300 metri di distanza).

La Sibar è una società che opera nel settore sanitario di proprietà della famiglia del vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, on. Michele Vietti, che ne è stato procuratore fino all’estate 2010, quando, in concomitanza con la nomina nell’organo di autogoverno dei magistrati, lasciò tale incarico.

La Sibar non riscuote il massimo del favore in Piemonte: una delle 36 cliniche private sotto indagine per aver «programmato la dimissione di pazienti in modo fraudolento e tale da consentire un rimborso maggiore di quello consentito» (dalla relazione del 2013 del procuratore generale Salvatore Nottola) è proprio legata alla Sibar; ed inoltre la “politica” – legittima – della società ad ampliare la sua presenza nel panorama delle strutture sociosanitarie assistenziali private è talora temuta come monopolista nella Regione, dove la Sibar gode di un buon radicamento.

Cavalitto nell’intervista si esprime con un paragone significativo: «Lo sanno tutti che in Piemonte una parte delle strutture socio-assistenziali private fanno riferimento all’onorevole Vietti. È come per la Lombardia: là, le strutture di questo tipo sono quasi tutte in mano alla Compagnia delle Opere». Ciò non è di impedimento alla soddisfazione dei salesiani per la compravendita andata in porto: nelle strutture della ex casa editrice, sottolinea Cavalitto, sarà allestita una casa di riposo per anziani, «un indirizzo sociale in senso lato, rivolto comunque alla collettività piuttosto che ad una mera speculazione edilizia» e dunque «un progetto con un risvolto etico», in linea con l’ispirazione cristiana.

È più controversa la seconda questione. Alla domanda del giornalista di TdF, Davide Pelanda: «A Roma come a Milano mi pare abbiate chiuso le strutture librarie che avevate e messo in cassa integrazione parte del personale. Qui a Torino è successa la stessa cosa?», Alessandro Cavalitto risponde: «No, qui tutte le persone sono state mantenute e trasferite in altre sedi, la struttura è stata divisa: uffici redazionali, casa editrice, ecc. trasferiti in altro edificio, mentre la parte di magazzino, che prima era nel medesimo comprensorio, è stata separata.

Ora le attività non sono più tutte insieme, ma non vi sono stati impatti occupazionali. A Roma le persone sono state concentrate tutte in una libreria ed è stato fatto ed accettato un contratto di solidarietà in modo tale da garantire il proseguimento dell’occupazione per tutti».

Gli ex dipendenti di Milano: non è così

Letto questo sul mensile torinese, il gruppo degli ex dipendenti della Libreria Don Bosco di Milano, licenziati nella primavera appena trascorsa, avendo seguito l’informazione di Adista sulla vicenda loro e dei dipendenti di altre librerie Elledici e ritenendo complessivamente l’intervista «piena di mezze verità e parecchi omissis», ci ha fatto pervenire alcune delle osservazioni già indirizzate a TdF. «Nessun dipendente della filiale di Roma o Milano – precisa il gruppo – ha potuto godere della cassa integrazione, visto che la Elledici e quindi anche Cavalitto, legale rappresentante della stessa, non ha mai attivato le procedure per accedervi.

E questo nonostante la Elledici ci avesse fatto perdere la mobilità, avendo chiuso la filiale di Genova solo tre mesi prima di Milano (e chiaramente loro ai tempi di Genova – ironizza il gruppo – non sapevano che ci avrebbero chiusi: grande strategia aziendale… oppure malafede)».

Gli ex dipendenti si chiedono anche come mai un’azienda che «aveva 2 milioni di euro per ristrutturare una casa vacanze a Cogne» ha messo a disposizione «un budget di soli 50mila euro» per i 17 dipendenti da licenziare (poi licenziati in minor numero perché va ricordato che i sette dipendenti della libreria che era in via della Conciliazione a Roma sono stati assorbiti dall’altra sede romana, sita in via Marsala, anch’essa con 7 dipendenti, con tempo di lavoro e mensile ridotti per tutti, così come è stato riassorbito qualche altro della libreria di Firenze. Si è tuttavia in attesa di altri 18 licenziamenti, come richiesto dalla Elledici al Ministero del Lavoro, v. Adista Notizie n. 15/14).

«Si sono dimenticati di dire – osserva fra l’altro il gruppo – che la Sibar srl è indagata per rimborsi fraudolenti dalla Regione Piemonte». Il gruppo avanza poi una curiosità: «Prima o poi sarebbe carino scoprire a quanto è stato venduta la sede storica di Rivoli (praticamente mezzo quartiere) ed a quanto è stata venduta la palazzina di tre piani sita davanti al Vaticano. Chissà… magari riusciranno ad usare quei soldi per costruirsi un magazzino, visto che ad oggi i libri della Elledici si trovano ancora in un campo di grano sotto una tettoia», insomma altro che «magazzino».

A smentire Cavalitto, osservano poi gli ex dipendenti, è giunta negli ultimissimi giorni, certamente ben dopo l’intervista rilasciata a TdF, la notizia che una dipendente della sede torinese della casa editrice è stata licenziata praticamente su due piedi per cessata attività del suo settore. Dunque «non è vero – è la constatazione contenuta nelle osservazioni – che tutto il personale di Torino è stato mantenuto. (…). La mattanza non è finita».

Il no comment della Elledici

Per avere conferma di quest’ultimo licenziamento, ci siamo rivolti telefonicamente alla direzione della Elledici. Ahi, indarno!, si diceva anticamente. Non un parola in merito, né un sì, né un no, irritati (questo sì ce l’hanno detto) dai nostri precedenti servizi che «non tengono conto – in sintesi, queste le parole che abbiamo ascoltato – delle difficoltà che, come tante altre case editrici, sta affrontando la Elledici», la quale «si è vista costretta a tagliare sulle librerie per non penalizzare il lavoro di pubblicazione e diffusione di testi validi».

In realtà Adista aveva già sollecitato – e pubblicato sul n. 46/2013 – il punto di vista della direzione della Elledici. Ora abbiamo anche chiesto al vertice aziendale che si esprima direttamente attraverso le nostre pagine, che ci invii una dichiarazione, un testo qualsivoglia che spieghi la propria posizione in questa contingenza, e dia risposta ad alcuni perché: perché, per esempio, la chiusura delle librerie è stata fatta goccia a goccia, impedendo così che il numero dei dipendenti fosse sufficiente per ottenere la cassa integrazione; e perché l’avvio della procedura di chiusura di ulteriori librerie comunicata al Ministero del Lavoro con la lettera di maggio, così ferma nel non lasciare spazio ad una reale trattativa sulla sorte dei dipendenti, non sia stato dato a conoscere per tempo alle maestranze interessate.

Anche a questa richiesta non abbiamo ottenuto una risposta chiara, ma attendiamo fiduciosi al fine di poter completare al meglio la nostra informazione.