No al rinnovo del contratto dopo i «sospetti» di omosessualità

Elena Tebano
http://27esimaora.corriere.it

Niente rinnovo del contratto di lavoro a causa di un «sospetto» di omosessualità. È successo a un’insegnante di una scuola privata cattolica di Trento, l’istituto del Sacro Cuore. Giovedì, in un comunicato stampa, Eugenia Libratore, la madre superiora che dirige la scuola ha negato che la scelta di non ri-assumere la docente fosse legata al suo presunto orientamento sessuale, sostenendo che dipendesse da motivi economici. Oggi, 19 luglio, al telefono con il Corriere, la religiosa ha detto invece di aver scelto di bloccare il contratto per «tutelare l’ambiente scolastico: qui ci sono mille studenti», si è giustificata. «Il problema esiste; la scuola cattolica ha una sua caratteristica e un insieme di aspetti educativi e orientativi: a noi sembra di doverla difendere a tutti i costi», ha aggiunto. Per la portavoce di Sel in Trentino Renata Attolini l’istituto paritario ha invece «violato l’articolo tre della Costituzione, secondo cui tutti i cittadini sono uguali e non possono essere discriminati per motivi di condizioni personali e sociali». La polemica è rovente.

«Sono stata convocata dalla madre superiore a contratto scaduto – racconta l’insegnante, che ha chiesto di mantenere l’anonimato –. Mi ha domandato del mio orientamento sessuale perché secondo lei giravano le voci che io avessi una compagna. E voleva che le dicessi se era vero, altrimenti avrebbe avuto difficoltà a rinnovarmi il contratto».

Negli anni precedenti, secondo la docente, il rinnovo era invece sempre arrivato «praticamente in automatico». «Anche quel giorno la madre superiora ha iniziato il colloquio dicendo di essere soddisfatta del mio lavoro e convinta della mia professionalità. Proprio per questo, ha proseguito, voleva sapere quale fosse il mio orientamento sessuale, perché per lei un’eventuale omosessualità sarebbe stata un problema, visto che si riteneva in dovere di difendere l’istituto».

La docente però si è rifiutata di rispondere. «Trovo illegittima la domanda perché si riferisce alla vita privata di una persona, che in quanto tale deve rimanere privata: la scuola e i datori di lavoro non hanno alcun diritto di chiedere cose simili. Ero indignata che avesse ritenuto possibile anche solo pensare di farlo. Quando ha ribattuto che se mi esprimevo così era perché forse le voci erano vere, mi sono alterata – ammette l’insegnante –. Le ho replicato che la sua era una discriminazione bella e buona, e che mi sembrava avesse già deciso sul mio futuro». Da lì, secondo la professoressa, la decisione di non farla più insegnare nella scuola cattolica: «Mi ha detto che non ci sarebbe stata più alcuna possibilità di rinnovo se rispondevo in quei termini. Poi ha per così dire ammorbidito la sua versione: l’istituto sarebbe potuto andare oltre, ha detto, se io avessi dimostrato il desiderio di risolvere quello che lei ha definito un problema. Per me – spiega l’insegnante – qui c’è una doppia offesa: si rifiuta l’omosessualità e si dà per scontato che se una persona è omosessuale si debba curare».

Raggiunta al telefono all’Istituto del Sacro Cuore, madre Eugenia Libratore ha dapprima accusato la docente di aver inscenato «una montatura furbesca, tanto è vero che ho iscritto l’altro giorno due ragazzi figli di gay» (l’Arcigay ha contattato i genitori dei due ragazzi i quali hanno affermato di aver solo chiesto il piano formativo all’istituto e di non aver intenzione di iscrivere i figli). Poi però ha ammesso di aver fatto il colloquio per un posto di docente alla donna: «Le ho detto che ho sentito queste voci – ha raccontato – e che speravo fossero solo voci, perché devo tutelare l’ambiente scolastico. Dovendo scegliere un insegnante per una scuola cattolica, devo fare anche valutazioni dal punto di vista etico morale», ha affermato.

«Sono stati violati diritti fondamentali di un lavoratore. Abbiamo chiesto di intervenire al presidente della Provincia Ugo Rossi, che ha anche la delega alla scuola», ha detto la portavoce di Sel Renata Attolini. La legge italiana tutela la riservatezza dei dati sensibili e nei colloqui dei lavoro è vietato fare domande ai candidati che riguardino le convinzioni personali, affiliazione sindacale o politica, credo religioso, sesso, orientamento sessuale, stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, età, handicap, razza, origine etnica, colore, ascendenza, origine nazionale, gruppo linguistico, stato di salute, a meno che questi aspetti non incidano sul lavoro da svolgere (in un ospedale, per esempio, si può chiedere il test Hiv a un infermiere che nel lavoro potrebbe tagliarsi, ma non a un dipendente amministrativo). Nel caso dell’insegnante di Trento però la madre superiora ha ribadito fino all’ultimo di non avere rimostranze su come svolgeva il suo compito di insegnante. La docente intanto non ha ancora deciso se fare denuncia: «Non voglio certo essere reintegrata in una scuola che ha questo atteggiamento», ha detto.

——————————————————-

Insegnante lesbica licenziata, siamo tutti omofobi?

Alex Corlazzoli
www.ilfattoquotidiano.it

Licenziata perché lesbica. Ciò che è accaduto nella scuola cattolica il “Sacro Cuore” di Trento deve farci riflettere. Ammettiamo pure quanto detto dalla madre superiore che dirige l’istituto ovvero che la professoressa in questione è stata dimessa dal suo ruolo perché giunta alla scadenza naturale del contratto. Resta il fatto che quella suora si è permessa di interrogare quella donna “per capire se vivesse un problema personale” in merito al suo essere lesbica.
Pubblicità

E’ stata la stessa suor Eugenia Libratore ad ammettere d’aver chiesto delucidazioni in merito: “Ho sentito queste voci e speravo fossero solo voci. Dovendo scegliere un’insegnante per una scuola cattolica, devo fare anche valutazioni dal punto di vista etico morale”. Forse suor Eugenia si è scordata di leggere, oltre alle preghiere, l’articolo 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Oppure vogliamo pensare che all’istituto “Sacro Cuore” la Costituzione vale quanto la carta da formaggio? E se domani iniziassimo a “interrogare” gli insegnanti di religione, nominati dai Vescovi, nelle scuole pubbliche statali? Quanti tra questi convivono, violando i principi morali della Chiesa Cattolica? Quanti di loro hanno “consumato” prima del matrimonio? Quanti hanno fumato una canna? Chi tra questi frequenta la Messa ogni domenica e rispetta i dieci comandamenti?

Il licenziamento della prof gay solleva una questione più complessa in merito al reclutamento del corpo docente, sia nelle scuole private che in quelle pubbliche. Se la scuola privata, cattolica o non, riceve dei finanziamenti dalla Regione, dal Comune o dallo Stato non può che accettare le minime regole del gioco. Gli insegnanti dell’istituto Sacro Cuore di Trento, probabilmente sono stati scelti da suor Eugenia. Nella scuola statale non sono selezionati da nessuno ma assunti con un concorso o con lo scorrere di una graduatoria. Da una parte ciò permette la discriminazione di una suora che ha le sue idee e i suoi orientamenti morali dall’altra si portano tra i banchi persone senza averle mai viste negli occhi, senza aver guardato mai un loro curriculum.

Chi lavora con dei minori dovrebbe essere selezionato attraverso un’attenta valutazione della capacità, delle competenze e anche degli aspetti psicologici da persone che hanno competenze per selezionare il personale. In altre parole credo che un “addetto al personale” che non può essere certo una suora o il dirigente scolastico, dovrebbe essere parte dello staff di un istituto che sia privato o pubblico.

Infine un’ultima osservazione o meglio una curiosità: da nessuna parte ho letto delle reazioni dei genitori degli alunni che hanno avuto la donna lesbica come loro prof. Perché nessuno ha reagito? Come mai non abbiamo assistito a una levata di scudi da parte delle mamme e dei papà che conoscono quell’insegnante? Tutti d’accordo con suor Eugenia? Forse dobbiamo pensare che l’atteggiamento omofobo non l’ha avuto solo la madre superiore ma tutti quelli che sono stati zitti di fronte a questa discriminazione. Questa è l’Italia.