Lettera aperta alle donne e agli uomini che possono…

UDI – Unione Donne in Italia
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“GIU’ LE ARMI” e “FUORI LA GUERRA DALLA STORIA” – Riprendiamo lo slogan di Bertha Von Suttner, grande pacifista europea dimenticata, unito a quello che Lidia Menapace ha coniato quasi trent’anni fa nella prima grande assemblea in Italia delle Donne in nero, associazione creata da Hagar Rublev a Gerusalemme con donne israeliane e palestinesi.

Incominciamo con le parole di un poeta:

” Per ogni casa che gli israeliani distruggono, ogni vita che quotidianamente uccidono e persino ogni giorno di scuola che fanno perdere ai ragazzi di Palestina, va perduta una parte dell’immenso deposito di verità e sapienza che, nella e per la cultura d’Occidente, è stato accumulato dalle generazioni della Diaspora, dalla sventura gloriosa o nefanda dei ghetti e attraverso la ferocia delle persecuzioni antiche e recenti. Una grande donna ebrea cristiana, Simone Weil, ha ricordato che la spada ferisce da due parti. Anche da più di due, oso aggiungere. Ogni giorno di guerra contro i palestinesi, ossia di falsa coscienza per gli israeliani, a sparire o a umiliarsi inavvertiti sono un edificio, una memoria, una pergamena, un sentimento, un verso, una modanatura della nostra vita e patria. […] la nostra vita non è solo diminuita dal sangue e dalla disperazione palestinese; lo è, ripeto, dalla dissipazione che Israele viene facendo di un tesoro comune. Non c’è laggiù università o istituto di ricerca, non biblioteca o museo, non auditorio o luogo di studio e di preghiera capaci di compensare l’accumulo di mala coscienza e di colpe rimosse che la pratica della sopraffazione induce nella vita e nella educazione degli israeliani.

E anche in quella degli ebrei della Diaspora e dei loro amici. Uno dei quali sono io. Se ogni loro parola toglie una cartuccia dai mitra dei soldati dello Tsahal, un’altra ne toglie anche a quelli, ora celati, dei palestinesi. Parlino dunque.“

Così scriveva Franco Lattes Fortini, italiano, ebreo nel 1989.

Citiamo le sue parole perché non vogliamo esibire compianto per i morti o esecrazione per gli assassini. Sono sentimenti che non ci bastano più, e da troppo tempo.

Vogliamo appellarci alla responsabilità di chi è cittadino, di chi esercita il diritto di deporre il suo voto per decidere del bene comune e ai governi legittimati da quel voto e quindi doppiamente responsabili per il grande potere da ognuno affidato alle loro mani.

Soprattutto vogliamo appellarci alle cittadine, incluse nella responsabilità civile da meno di un secolo, depositarie di un diritto di voto conquistato da altre donne che l’hanno radicato in una pressante richiesta di pace e giustizia, a differenza degli uomini che l’hanno fondato su proprietà e armi.

In questa differenza di intenti e pratiche, di sentimenti e orizzonti noi riconosciamo l’ascendenza politica di cui vogliamo lasciare eredità e testimonianza a donne e uomini.

Non ci appelliamo alle donne per una comune condizione, come nel passato, ma per quella storia di pensiero e lotta che ci ha regalato le libertà di cui ora possiamo disporre, quella libertà che oggi rende visibili anche le differenze tra noi e quindi le diverse responsabilità.

Ci appelliamo per questo alle donne che sono al governo, alle donne che siedono in parlamento, alle donne che possiedono e amministrano beni, capitali, produzione, che esercitano un potere di azione e visibilità politica.

Chiediamo che escano dall’omologazione alle pratiche tradizionalmente maschili della politica dentro le quali rischiano una cooptazione complice di tutto.

Siamo convinte che le pratiche di pace possano avere credibilità e speranza solo se e quando potranno avere il sostegno attivo, specifico e riconosciuto delle donne, come è scritto chiaramente anche nella Risoluzione 1325 del 2000 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in cui si riafferma “il ruolo importante che svolgono le donne nella prevenzione e nella soluzione del conflitto”.

Se il peggio continua ad accadere ben oltre ogni nostra immaginazione, anche il meglio ha la stessa possibilità. Se vediamo con orrore intelligenza, energia, denaro, sprecati a sostegno della guerra, sappiamo con certezza che c’è una grande riserva di competenze, risorse, creatività politica che possono costruire la pace.

Che ognuna faccia la sua parte per uscire da ogni piccola/grande complicità con le guerre che ci circondano.
Chiediamo alle donne di governo di misurarsi con questa impresa e per aver svolto un dovere ne avranno anche merito.

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Vi scrivo dall’entrata dell’inferno

Nurit Peled El Hanan
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WILPF- Italia fa proprie le parole di Nurit Peled El Hanan premio Sacharov del Parlamento Europeo, che ha avuto una figlia di 13 anni uccisa in un attentato kamikaze a Gerusalemme e che in quell’occasione ha accusato il governo israeliano della sua morte. Nurit è attiva nei movimenti contro l’occupazione e la colonizzazione ed stata fra le promotrici del Tribunale Russel sulla Palestina.

“Cari Amici e militanti della pace,
vi scrivo dall’entrata dell’inferno. Genocidio a Gaza, massacri in Cisgiordania e paura dei razzi ad Israele.Tre coloni israeliani rapiti ed uccisi, mentre la polizia, che è stata avvertita sul momento, non ha fatto niente. La loro morte è stata usata come pretesto per portare avanti l’attacco già pianificato alla Cisgiordania e a Gaza.

Un ragazzo palestinese di Gerusalemme rapito e bruciato vivo, e la polizia, avvertita immediatamente, non fa niente.Più di 200 vittime dei raid su Gaza (adesso il numero è molto aumentato e purtroppo destinato ad aumentare ancora). Intere famiglie assassinate da piloti israeliani e come risultato lancio di razzi su Israele. Pericoloso e violento razzismo contro cittadini arabo-israeliani, incoraggiato entusiasticamente da ministri e membri del Parlamento israeliano, che porta a disordini nelle strade, fomenta aggressività e forte discriminazione contro i palestinesi, insieme al risorgere della violenza contro attivisti pacifisti israeliani.

Nonostante accordi, risoluzioni internazionali e promesse israeliane, gli insediamenti si stanno espandendo, mentre le abitazioni palestinesi a Gerusalemme Est e in Cisgiordania continuano ad essere distrutte. L’acqua scorre senza alcuna limitazione nelle piscine degli insediamenti, mentre i bambini palestinesi soffrono la sete ed interi villaggi e città vivono sotto un crudele razionamento dell’acqua, come ha recentemente sottolineato il presidente del PE, Schultz. Strade per soli ebrei ed un numero infinito di checkpoint rendono impossibile la vita e gli spostamenti dei palestinesi. Il carattere non democratico dello stato di Israele lo sta sempre più trasformando in un pericoloso stato di apartheid.Tutte queste atrocità sono frutto di un’unica mente diabolica e criminale: la mente dei razzisti, crudeli occupanti della Palestina.

Quindi la responsabilità per tutti questi crimini contro l’umanità dovrebbe essere attribuita ai dominatori israeliani che hanno le mani sporche di sangue. Politici e generali israeliani, soldati e piloti, delinquenti di strada e membri della Knesset sono tutti colpevoli dello spargimento di sangue e dovrebbero essere processati dalla Corte Penale Internazionale. A tutt’oggi la comunità internazionale non ha fatto abbastanza per porre fine al regime di occupazione israeliana. Di conseguenza Israele non paga alcun prezzo per le sue gravi violazioni della legislazione internazionale e dei valori umani. Al contrario l’Europa paga anche per molti dei danni umanitari dell’occupazione, rendendo persino più facile ad Israele mantenerla. Benché siano state pubblicate linee guida che proibiscono ad istituzioni dell’Unione Europea di investire o finanziare organizzazioni che fanno ricerca e attività negli insediamenti e 20 paesi europei abbiano diffidato formalmente propri cittadini ed imprese dal fare commercio e avere rapporti finanziari con gli insediamenti, ciò non basta.

Questi provvedimenti non mettono seriamente in discussione la politica di Israele nella Palestina occupata. L’Europa potrebbe fare qualcosa di molto meglio, come ha dimostrato la sua dura risposta all’annessione della Crimea da parte della Russia. Nel giro di poche settimane – non anni – l’Unione Europea ha imposto sanzioni mirate nei confronti di funzionari russi ed ucraini e di imprese di affari operanti in Crimea. L’Unione Europea è andata anche oltre ed ha esteso le sanzioni mettendo al bando l’importazione di merci della Crimea.

Noi cittadini di Israele e popolazione senza stato della Palestina, non possiamo da soli ottenere la fine dell’occupazione o fermare da soli il bagno di sangue. Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutta la comunità internazionale e della Comunità Europea in particolare.

Abbiamo bisogno che voi mettiate sotto accusa il governo e l’esercito israeliani, abbiamo bisogno che boicottiate l’economia e la cultura israeliana, abbiamo bisogno che facciate pressione sul vostro governo perché cessi di trarre profitto dall’occupazione e abbiamo bisogno che facciate un appello perché ad Israele sia imposto un embargo sulle armi e sia tolto l’assedio a Gaza. Israele è la più grande e pericolosa organizzazione terroristica esistente al giorno d’oggi. Tutte le sue munizioni vengono usate per uccidere civili innocenti, donne e bambini. Questo non è niente di meno di un genocidio.

Come persona insignita del premio Sakharov del Parlamento Europeo per i Diritti Umani e in qualità di madre e di essere umano, io faccio appello all’Unione Europea affinché usi tutti i mezzi diplomatici ed economici a sua disposizione per aiutare a salvare il mio paese da questo abisso di morte e disperazione in cui viviamo.Vi prego di mettere al bando Israele dalla comunità internazionale fino a quando non diventerà un vero stato democratico. Boicottate e sanzionate chiunque faccia affari con questo stato dell’apartheid , aiutateci a liberarci di questo governo razzista e assettato di sangue . Vogliamo un governo che restituisca la vita sia ai palestinesi che agli ebrei israeliani.”