E’ il momento di realizzare davvero delle chiese inclusive per tutti

Riflessioni di Carlos Osma pubblicate sul blog homoprotestantes (Spagna) il 25 luglio 2014, libera traduzione di Marco Galvagno

Ancora oggi ci sono migliaia di persone LGBT sono nascoste con un travestimento eterosessuale dentro le chiese eterosessuali. Ci sono anche persone LGBT che vivono senza questo travestimento, però che non vogliono lasciare queste comunità fatte per eterosessuali, perché hanno paura di cambiare e di dover incominciare da zero, soffrono a dover lasciare una chiesa che, anche se non li accetta, è sempre stata per loro come una famiglia.
Per questo molti si consolano con l’idea che le cose cambieranno e che i passi si fan a poco a poco, che è necessario lasciarsi discriminare anche se solo un po’ in modo da poter rendere le chiese che amano tanto comunità più evangeliche.

Però alla fine è solo un autoinganno e lo sanno. Molte chiese sono fatte solo per eterosessuali e dicono di essere inclusive, solo per mostrare che non sono fondamentaliste come le altre. In fondo continuiamo a pensare che una persona LGBT debba accettare di essere discriminata in una chiesa che non lo accetta per quello che è. Però ci sono anche nuovi sentieri, le chiese post-eterosessuali o inclusive, le chiese formate da persone che si sono rese conto che non c’è niente da fare nelle chiese eterosessuali. Anche nel nostro paese e in molti altri a poco a poco stanno nascendo comunità inclusive, che vogliono portare il messaggio di salvezza a tutte le persone in modo particolare a quelle persone omosessuali o transgender che non hanno comunità che le rispettino o le accettino per come sono. Da un lato è una soluzione, un’ulteriore rottura in seno al cristianesimo, sarebbe stata migliore l’unità, però la realtà è che alcune persone per vivere il Vangelo devono scappare dai luoghi che dicono di predicarlo.
Inoltre potrebbe avere i suoi lati positivi le nuove chiese sono comunità che propongono una maniera diversa di essere chiesa diversa dalla chiesa tradizionale: la chiesa eterosessuale. Tuttavia nel momento di costruire una nuova comunità è importante ricordarci che un tempo siamo stati schiavi in Egitto e questo ci serve per potere costruire nuove chiese dove non esista nessun tipo di schiavitù.
Aver avuto l’esperienza di vivere in alcune comunità che parlano dell’amore di Dio verso tutti gli esseri umani e poi vedere che, in seno a queste chiese, le persone non eterosessuali vengono discriminate deve avere conseguenze nel momento in cui ci accingiamo a costruire comunità non eteronormative. E per fare questo oserei fare alcune osservazioni…..

Sull’interpretazione della Bibbia…

La Bibbia è stata l’arma utilizzata dagli omofobi per fare danni. La Bibbia letta fuori dal suo contesto e usando tecniche di studio e lettura sfasate è stata la pietra che ci veniva lanciata contro spesso nelle chiese eteronormative.
Le chiese inclusive non possono continuar a leggere la Bibbia nello stesso modo, devono appropriarsi di lei tenendo conto delle conoscenze teologiche attuali, devono respingere il fondamentalismo e le letture letterali del testo. Non si può costruire una chiesa inclusiva interpretando la Bibbia alla lettera, serve formazione.
E’ necessario capire che la Bibbia non è un’arma da brandire contro nessuno, ma anzi il luogo in cui tutti e tutte possiamo essere felici. La Bibbia può trasformarsi in un luogo d incontro e riconoscimento delle diversità.

Sulla diversità

Il cristianesimo non è una macchina per rendere le persone le une identiche alle altre, le chiese inclusive non dovrebbero cercare di costruire una tipologia precisa di persone. Le persone sono diverse le une dalle altre e le comunità inclusive devono cercare di mostrare questa diversità e capire che è una ricchezza che può dare benefici a favore della diffusione del Vangelo.
Dio ci ha resi diversi e diverse in modo che queste nostre caratteristiche possano essere messe al suo servizio, in modo che possiamo trovare nel fratello o nella sorella una persona che mi pone interrogativi sul mio modo di esistere e di vivere con gli altri. Dio ci ha fatti diversi in modo che possiamo riflettere meglio la diversità divina e perché possiamo il Padre anche attraverso la vita e le esperienze di altre persone.

Sulle strutture religiose

L’essere umano è al di sopra delle strutture religiose. Abbiamo incontrato molte volte persone che ci dicevano che dovevano rassegnarci ad essere discriminate per il bene della Chiesa. Però le chiese non dovrebbero mettere le comunità al di sopra delle persone che la formano.
La comunità è al servizio di tutti i suoi membri e sono le persone con i loro modi di essere, amare, vivere, capire il mondo, quelli che stanno costruendo che una nuova comunità, fino a dove lo Spirito li conduce. La comunità non può essere una camicia di forza, ma un luogo di vita per quelli che ne fanno parte.

Sull’umiltà

Non abbiamo ragione in tutto, le nostre proposte sono sempre parziali superate da altre che mostreranno quali sono i nostri errori. Non possiamo essere difensori di una verità atemporale e astorica siamo persone che muoviamo con la volontà di essere fedeli al Vangelo e di offrire la vita in abbondanza a persone che come noi vivono tormentate dall’omofobia, però non deve mancare in noi la umiltà reale e non di facciata che capisce che come tutti siamo persone che possono sbagliare e con le nostre contraddizioni. Non cerchiamo superuomini e superdonne nelle nostre comunità, ma esseri umani in carne e ossa con tutto quello che comporta, la vera umiltà non ci dovrebbe ostacolare, ne dovrebbe obbligare gli altri ad accettare i lati del nostro carattere che nemmeno noi stesso accettiamo.

Sul mondo

Formiamo parte del mondo, della società che ci circonda e siamo al suo servizio. Le persone che non fanno parte del nostro gruppo e non sono cristiane non sono nostre nemiche. Sono persone che possono insegnarci molte cose, persino il modo di essere fedeli al Vangelo impegnandoci per i più bisognosi. Sono persone alle quali possiamo avvicinarci per spiegare loro senza complessi la nostra fede, la nostra maniera di vedere il mondo e lavorare per la giustizia. Possiamo e dobbiamo entrare in dialogo con quelli che abbiamo vicino senza vederli come un obiettivo da guadagnare a Cristo, ma persone che come noi cercano di essere felici e rendere felici quelli che le circondano.

Sulle altre chiese

Denunciare l’omofobia, il fondamentalismo i comportamenti poco evangelici che disgraziatamente hanno alcune chiese, riviste, istituzioni, che ci circondano, verso le persone Lgbt non significa che dobbiamo negare che siano membri dello stesso corpo, della stessa chiesa.
Possiamo sentirci più vicini a alcune comunità e affermare che alcune impostazioni e modi di agire sono repellenti per noi, però non possiamo dimenticare che se siamo a favore del Vangelo, allora siamo tutti sulla stessa barca.
Anche se ci vogliono buttare giù dai bordi della barca, alla fine siamo sulla stessa barca. I cristiani e le cristiane che fanno parte delle chiese eterosessuali sono nostri fratelli e sorelle e questo non dobbiamo mai perderlo di vista, anche se in questo momento ci costa molto accettarlo. Dio ci ha resi tutti membri della stessa famiglia, fratelli e sorelle attraverso Gesù. Di sicuro ci sono molti altri punti di cui dobbiamo tenere conto nel momento di costruire le nuove comunità cristiane inclusive, però che almeno con questi possiamo incominciare a considerare ciò che stiamo costruendo, dove siamo e verso dove dove vogliamo andare.
Tornare a costruire comunità cristiane identiche a quelle dalle quali siamo usciti, sarebbe non aver imparato niente dell’esperienza vissute e soprattutto ancor più importante è costruire comunità in cui nessuno possa sentirsi discriminato, ne subire esclusioni e danni fisici e psicologici che molti di noi han già vissuto.
Le chiese inclusive non dovrebbero essere chiese omosessuali, ma chiese che vogliono aprirsi alla vita così com è e alla possibilità che tutte le maniere di essere, pensare e amare possano rafforzarla e renderla più forte e credibile nel trasmettere il Vangelo.