Chi di ideologia ferisce… di M.Vigli

Marcello Vigli
www.italialaica.it

Si può discutere della validità dell’articolo 18, della utilità/necessità di conservarlo o sopprimerlo, ma non si può negare che ha assunto negli ultimi anni un valore simbolico, ha cioè perso il suo significato originario, assumendo così un valore “ideologico”.

Ovviamente sia per chi vuole abolirlo sia per chi vuole confermarlo: l’articolo 18 non è un problema solo del dibattito mediatico, come commentava lo stesso Renzi ospite di Michele Santoro nell’aprile del 2012.

Appare quindi contestabile la scelta di Renzi di accusare il sindacato – quale? ha giustamente chiesto Bonanni per sottolineare che si tratta solo della Cgil – di aver pensato a difendere solo le battaglie ideologiche e non i problemi concreti della gente. Soprattutto all’indomani del suo terzo incontro con Berlusconi responsabile della politica governativa al tempo in cui si è prodotta la più grande ingiustizia, tra chi il lavoro ce l’ha e chi no.

Non interessa in questa sede riaffermare che le argomentazioni, addotte dagli abolizionisti confortati dal Presidente dalla Repubblica, sono pretestuose: basterebbe infatti estendere a tutte/i i lavoratori l’art. 18 per evitare l’ingiustizia del diverso trattamento!!!

Interessante, invece, è riflettere sull’uso, in tale dibattito, del termine “ideologia” per delegittimare l’avversario politico.

Ideologia, lo abbiamo già sostenuto, non è, come religione, una parola a senso unico, univoca. La caratterizzano i contenuti. Anche chi, privo di scrupoli, privilegia sempre e comunque la cura esclusiva del proprio tornaconto ha assunto il suo particulare come idea guida del suo agire all’interno di una, più o meno consapevole, accettazione del primato dell’interesse individuale come criterio di scelta di vita.

La sua è una scelta ideologica!

Anche Renzi è ideologico nello scegliere la meritocrazia, come principio ispiratore del progetto di Buona scuola, che va proponendo a studenti, genitori, insegnanti chiamandoli a partecipare ad una Consultazione per coprire il vuoto di interventi legislativi e strutturali. Rinvia così concreti provvedimenti per avviare la eliminazione dei tanti guasti apportati dalla dissennata politica scolastica dei governi ispirati alla altrettanto ideologica finalizzazione della scuola alla formazione/produzione di merce lavoro qualificato … magari adeguata solo alle scelte produttivistiche del momento.

Che cosa nasconde, quindi, con la scelta di crearsi nemici la Cgil e la sinistra del suo partito all’insegna della demonizzazione, tipico cavallo di battaglia delle destre di ogni tipo e di tutti i tempi?

Non ha un solo obiettivo.

Certo l’intento d’indebolire la democrazia interna nel partito per rendersi sempre più indispensabile e insindacabile arbitro fra maggioranza e minoranza è il più evidente.

L’esigenza, come lo accusano i suoi avversari, di offrire l’abolizione dell’articolo 18 come scalpo alle istanze europee e alla Confindustria nostrana è altrettanto chiara. In aggiunta per arricchire il quadro si può pensare all’effetto sui previsti interlocutori statunitensi.

Forse, però, per non divagare sull’ovvio val la pena di riflettere sull’effetto collaterale, ma non troppo: il discredito della politica, come naturale dialettica fra avversari, non nemici, promotori di soluzioni diverse, ma di pari dignità, a problemi reali.

Ha ragione Bersani a chiedere un trattamento pari almeno a quello riservato al condannato Berlusconi e a Verdini rinviato a giudizio!

Richiesta irricevibile perché in verità si vuole riaffermare che deteriore è solo la politica della sinistra, non quella che si nasconde dietro il Patto del Nazareno. Non sono accettabili paragoni.

In questa prospettiva, l’enfasi sul 40% dei voti alle elezioni europee, non si limita ad essere una pur legittima valorizzazione pubblicitaria di un successo elettorale, se si considera il clima da ultima spiaggia all’interno di una crisi economica lunga e senza prospettive e di una situazione internazionale gravemente compromessa.

Assume un significato diverso: diventa un’investitura personale e plebiscitaria. Se ne fa cioè un uso “ideologico”.

E’ la proposta di trasformare un segretario di partito, pur scelto da una forte maggioranza, in un Capo che, scavalcando gli organi statutari, si rivolge direttamente per lettera agli iscritti per distinguere i buoni dai cattivi: Noi siamo qui per cambiare l’Italia e non accetteremo mai di fare le foglie di fico alla vecchia guardia che a volte ritorna.

Un Capo impegnato, per di più, come racconta il sito di Angelo Maria Perrino, a coltivare un progetto che – secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it – comprende la creazione di un nuovo soggetto unitario nel quale ci sarebbero sia il premier, come leader, sia l’ex Cavaliere.

Non è chiaro, però, lo progetta privo di una sua Ideologia, magari convinto, come un suo predecessore alla guida del Governo italiano, che sia meglio chiamarla Dottrina!