Diritti civili: l’anatema dei vescovi italiani

Pier Paolo Caserta
www.cronachelaiche.it

Con una mossa a dir poco incisiva, la Cei entra nel merito dello scontro sull’articolo 18, per voce del segretario Galantino che ieri ha parlato ad ampio raggio a margine della conferenza stampa conclusiva del Consiglio episcopale permanente. Galantino ha sottolineato, per cominciare, la necessità di mettere al centro «la famiglia, il lavoro, i giovani e i temi della formazione e della scuola», incalzando Renzi e il suo governo con il monito severo battuto dalle agenzie: «Basta slogan, Renzi ridisegni l’agenda politica». «La Chiesa – prosegue Galantino – pensa che bisogna guardare con più realismo alle persone che non hanno lavoro e che cercano lavoro. Il dibattito su articolo18 sì, articolo18 no è meno centrale».

Quello in corso è uno «scontro sterile», si legge ancora, nel quale «sventolano troppe bandiere»; ma occorre arrivare fino in fondo, con il deciso altolà sui diritti civili ribadito da Galantino, per capire che il vero sottotesto del discorso sta tutto nella richiesta che non abbia a mancare proprio la bandiera più importante. Non c’è dunque di che sorprendersi se, subito dopo aver auspicato che l’innovazione nel mercato del lavoro non vada a discapito dei diritti, Galantino abbia espresso il timore dei vescovi «per la disponibilità al riconoscimento delle cosiddette unioni di fatto o all’accesso al matrimonio da parte di coppie di persone dello stesso sesso».

È una preoccupazione per i diritti piuttosto strabica, nel segno della più squisita tradizione clericale. Il messaggio, dunque, non potrebbe essere più chiaro. Dopo aver prodotto, con la rimozione dalla sua diocesi del vescovo accusato di aver coperto casi di pedofilia, il segnale di massima discontinuità apparente, non tarda ad arrivare la pretesa della massima continuità sostanziale, che lega strettamente il pontificato di Bergoglio ai due precedenti. Quale dovrebbe mai essere, infatti, l’agenda che si chiede a Renzi di “ridisegnare”, se non quella conservatrice e oltranzista nella richiesta di non estendere per nessuna ragione i diritti civili, e che la Chiesa di Bergoglio, ristabilito il suo consenso sociale con un papa dagli altissimi indici di gradimento, è più che mai in grado di dettare?

Del resto, non esiste necessità oggettiva di unire, nello stesso contesto, il pronunciamento sull’articolo 18 con la chiusura sui diritti civili, all’infuori dell’esigenza dei vescovi di mettere le cose in chiaro su quest’ultimo fronte. Sotto la guida dell’abilissimo gesuita, le forze più conservatrici godono di ottima salute e, come sempre, si muovono in un orizzonte ben più lungo di quello circoscritto dalle miserevoli convulsioni della Seconda Repubblica, o meglio della res pubblica. Sia quello che sia della lunghissima transizione italiana, nessuno pensi di estendere i diritti civili.