Dopo l’Agenda Monti, arriva quella Cei

Cecilia M. Calamani
http://cronachelaiche.globalist.it/

«Basta slogan. Renzi ridisegni l’agenda politica». Non lo dice l’opposizione né qualche illustre politologo, bensì la Conferenza episcopale italiana. Secondo il segretario generale Nunzio Galatino, il governo dovrebbe prima di tutto affrontare i temi legati al lavoro e dà precise indicazioni in merito. Ma la strigliata non risparmia neanche i sindacati, secondo la Cei «troppo conservativi».

Che simili concioni provengano da chi nella vita non ha mai lavorato fa un certo effetto, ma in fondo siamo abituati: i vescovi parlano di famiglia senza averne una, di amore senza poterlo provare, di sessualità quando non dovrebbero conoscerla, di educazione dei ragazzi senza avere figli. E questo è solo il lato comico. Quello tragico è un altro, e cioè che una minuscola monarchia teocratica pretenda di dare ordini politici a uno Stato democratico confinante.

Salvo poi accusare di indebite ingerenze chi, viceversa, critica il suo ordinamento. È il caso dell’Onu, che a febbraio di quest’anno ha chiesto esplicitamente al Vaticano di modificare il diritto canonico e l’insegnamento morale riguardo alla pedofilia, alla confessione (il cui inviolabile segreto ha permesso il proliferare indisturbato degli abusi sui minori), alla contraccezione, all’aborto, e alle discriminazioni verso l’omosessualità. Richiesta bollata dalla Santa Sede come «un tentativo di interferire nell’insegnamento della Chiesa Cattolica sulla dignità della persona umana e nell’esercizio della libertà religiosa».

Insomma, c’è qualcosa che non torna. Anzi due: perché la Cei strattona pubblicamente Renzi? A ben guardare, l’ex sindaco di Firenze non ha mai toccato gli interessi di Oltretevere e anzi li ha assecondati in questi pochi mesi più e meglio dei suoi predecessori. A cominciare dalle scuole paritarie tanto care ai vescovi: «Va offerto al settore privato e no profit un pacchetto di vantaggi graduali per investimenti in risorse umane e finanziarie destinato a singole scuole o reti di scuole, attraverso meccanismi di trasparenza ed equità che non comportino distorsioni» (Linee guida “La buona scuola” redatte dal governo).

E che dire del Fondo edifici di culto, dedicato alla ristrutturazione di immobili ecclesiastici, magicamente comparso tra i beneficiari della quota di otto per mille statale da quest’anno riservata all’edilizia scolastica? Ma già che ci siamo parliamo di Imu e Tasi: in barba al timido tentativo di Monti di farle pagare alle strutture ecclesiastiche dedite ad attività commerciali, il regolamento dell’Agenzia delle Entrate pubblicato a giugno di quest’anno esonera sia le cliniche convenzionate sia le scuole che chiedono alle famiglie un “importo simbolico” (stimabile, secondo Il Fatto quotidiano, a circa 700 euro al mese).

Sul fronte dei diritti della persona (nel linguaggio della Chiesa «valori etici»), infine, solo un velocissimo accenno del presidente del Consiglio durante la presentazione alla Camera del programma dei Mille giorni: «Al termine dei mille giorni ci sarà una legge sui diritti civili perché non è pensabile che questo tema torni a essere argomento di discussione politica» (dieci secondi in tutto, come rileva acutamente Alessandro Gilioli sull’Espresso, contro i 48 minuti complessivi del discorso). Che messa così non fa capire neanche di cosa stia parlando.

Cosa vuole (ancora) la Cei, dunque? Ce lo facesse sapere in modo un po’ più chiaro, ché a fare troppi giri di parole si rischia di non essere ben compresi.