Innovazione

Elettra Deiana
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Non sarà un caso che i numi tutelari del premier – teorico della rottamazione – siano, come per un ossimoro politico esistenziale, tre signori tutt’altro che giovani. Anzi per niente giovani.
Siamo ormai alla deflagrazione del campo semantico della politica, al moltiplicarsi degli slittamenti di significato e di senso, all’inseguimento di metafore che fanno intendere fischi per fiaschi. Nell’evoluzione del linguaggio, soprattutto quando la lingua è ricca e complessa come la nostra, c’è una tendenza intrinseca allo slittamento e alla risignificazione delle parole o alla moltiplicazione delle sfumature del loro significato. In campo politico però si tratta di tutt’altro fenomeno.

La deflagrazione è, prima che linguistica, intenzionalmente concettuale, non è l’esito di una fisiologica evoluzione del parlare ma di un intento manipolatorio, massimamente imputabile e chi ha il potere di indirizzare, condizionare. influenzare il dibattito pubblico e i meccanismi dell’informazione.

L’idea guida, ormai palese – basta voler capire un po’ come va il mondo – è di rendere indecifrabile non soltanto il significato di molte parole, in particolare quelle che oggi sono le parole “chiave, ma di non far capire più nulla del contesto in cui tutto ciò prende forma, del perché quella parola può essere usata a destra e a manca, “a prescindere”. Come se si trattasse di una parola da tabernacolo divino, che ti salva in sé, se la pronunci, come un Amen, un Salve Regina, un Pater noster.

Prendiamo, tanto per fare un esempio di grande attualità, la parola “innovazione”: un must, un best seller renziano da scrivere in mille giorni e omaggiare così l’Europa che ci dà i voti, una delizia per le orecchie degli italiani, che non si aspettano altro. Per stare al significato stretto della parola, essa significa “portare del nuovo”, andare verso il nuovo, dal tardo latino ” innovatio”, vocabolo formata dalla preposizione “in” che, in questo caso, indica movimento verso e dall’aggettivo “novus”, nuovo. Il mio Devoto Oli suggerisce a mo’ di spiegazione del significato: “introduzione di sistemi e criteri nuovi”, oppure anche “singolo fatto imposto nell’ambito di un rinnovamento radicale di una prassi”.

Insomma il significato da dizionario è chiaro. Restano però da capire alcuni aspetti non poco importanti: “in che senso nuovo?”, “rispetto a che nuovo” “da quale data nuovo?”.

L’innovazione a cui pensa Matteo Renzi, e che ispira il mantra ideologico dei, barra delle, componenti della sua ineffabile squadra, è vecchia di almeno un terzo di secolo. Almeno rispetto alla cronologia delle date clou della sua fonte ispiratrice, che è lo post modernità avviata sulla strada del neo liberismo economico e del neo liberalismo come idea per ridisegnare in radice l’dea di mondo e dello stare al mondo. Innovazione? Non dovremmo scherzare con le parole.

Stando al vocabolario “progressista” della modernità ( e di quella che, in particolare, fu la parte di sinistra di quell’epoca) la fonte ispiratrice di quel tipo di innovazione si sarebbe dovuta chiamare non”innovazione” ma, assai più pertinentemente, “restaurazione”. Di che cosa? Del vecchio ordine delle cose, quello antecedente al costituzionalismo democratico che mise strettamente insieme le idee della democrazia politica con quelle della democrazia sociale, i diritti sociali con quelli del lavoro, la dignità della persona nella sua individualità con quella del cittadino (poi infine sia pure con difficoltà anche della cittadina) nei suoi rapporti sociali, compresi quelli col luogo di lavoro. Articolo 18, per esempio.

Da più di trent’anni il neo liberismo e la vision neo liberale, le cui teste d’uovo lavorano a rendere adattivi gli umani al nuovo ordine delle cose, a liberarli delle ubriacature costituzionali e dell’illusione di poter accampare dei diritti, e soprattutto ad arrendersi all’ineluttabile destino che, per natura, le cose vadano come vanno e c’è solo da ringraziare il Renzi di turno che ti promette che, alla fine, in qualche modo, per qualche misterioso intervento, ti salverà. Renzi arriva al traguardo grazie al fatto che il messaggio è pressoché passato grazie anche all’inerzia della sinistra, ammaliata, come in tutto l’occidente, dalle ricette della nuova religione del mondo, incapace di pensare alternativamente, solo speranzosa di adattare l’Italia alle nuove regole senza farsi – lei sinistra – troppo male. Poi la crisi ha reso tutto più evidente, decisivo, Non aggirabile.

La norma neo liberale presiede alle politiche pubbliche, che devono essere rigorosamente di rigore, tagliare tutto il tagliabile, non guadare in faccia nessuno; governa le relazioni economiche mondiali, trasforma la società e rimodella la soggettività, inibendo ogni forma di pensiero critico, uniformando l’informazione, conformizzando l’opinione pubblica.

Neo liberismo e neo liberalismo stanno insieme e insieme colpiscono sul piano politico, con la conquista del potere da parte delle forze neoliberiste, su quello economico, con il trionfo della finaziarizzazione globale del capitalismo, su quello sociale, con la frammentazione e l’individualizzazione dei rapporti sociali, la rottura di ogni vincolo di solidarietà e soprattutto la crescita di un gigantesca forbice di ricchezza tra chi possiede tutto e chi poco o niente.

Si tratta di dimensioni complementari tra loro che disegnano una idea del mondo post moderna, che recupera in questa chiave antiche suggestioni antropologico-culturali (l’essere a disposizione di chi lavora, corpo, intelligenza, vita, emozioni, inventività…finché servi, poi va’ e ti aiuti la fortuna) e le coniuga con i paradigmi del globalizzato, telematico, digitalizzato, virtualizzato, che costituiscono l’incontrollabile potere del tutto e su tutto, che controlla il mondo e fa mondo.

Renzi è la rotellina italiana, che deve rimettere in ordine il Paese, colmando i ritardi della restaurazione neo liberista, realizzando ciò che in altri Paesi è stato realizzato velocemente e colpi di mannaia (alla Thatcher, come qualcuno oggi ricorda a Renzi) mentre in Italia quelli che ci hanno provato , compresi leader di centrosinistra, lo hanno fatto all’italiana, alla democristiana, potremmo dire, colpendo ma cercando di non andare troppo in là e sperando che alla fine la nottata passasse. Ma la nottata non è passata e la crisi ha fatto esplodere tutto.
L’Europa, ormai dal 2011, ci incalza e non dà tregua.

Renzi non deve innovare niente, deve colmare i ritardi della restaurazione neo liberista che in Europa è andata avanti creando una disoccupazione di massa, soprattutto giovanile, concentrando la ricchezza verso l’alto, creando disincanto e rancore verso l’idea dell’unità europea. E rendendo impossibile, con l’ossessione del debito e del rigore, qualsiasi possibilità di ripresa economica. Anche in Italia, ovviamente, ma in Italia c’è ancora da togliere di mezzo alcuni meccanismi di tutela del lavoro, l’articolo 18 in primis, e anche quelli che presiedono alla percorrenza di salari e stipendi, nonché da tagliare robustamente comparti essenziali dello stato sociale.

Renzi arriva al traguardo grazie al fatto che il messaggio restaurativo è passato proprio grazie all’inerzia della sinistra, ammaliata, come in tutto l’Occidente, dalle ricette della nuova religione del mondo, incapace di pensare alternativamente, solo speranzosa di adattare l’Italia alle nuove regole senza farsi – lei sinistra – troppo male. Ma di male ne h fatto a tutti.
Renzi e la sua squadra hanno forse delle idee un po’ raffazzonate, approssimative su questa realtà.

Più che argomentare, controbattere, spiegare, continuano a sciorinare la narrazione mirica che li vuole difensori veraci del bene degli italiani mentre tutti gli altri fanno ideologia, difendono le poltrone. E poiché in questo ultimo aspetto c’è del vero, vanno avanti sapendo che l’appoggio popolare non svanirà tanto facilmente. O sperandolo.

Ma Renzi e i suoi sono appesi a una robusta, micidiale ideologia della contemporaneità. Forse non lo sanno, perché nessuno alla Leopolda l’ha loro spiegato con i necessari approfondimenti. Ma non a caso i numi tutelari di Matteo Renzi sono tre signori non solo d’antan ma esperti e sostenitori di Trattati, regole e vincoli neo liberisti. Il Presidente Napolitano, ovviamente, e poi Mario Draghi, flessibile dove può e inflessibile con l’Italia sempre, e, a modo suo, Silvio Berlusconi, recalcitrante ai poteri europei sì, che tuttavia ricorda sempre che Renzi fa – o tenta di fare – quello che voleva fare lui e glielo hanno impedito.

Il vecchio e il nuovo, insomma, come sempre, quando in ballo è il potere. Anche se di secondo rango. come quello di Renzi.