“Tempi di Fraternità” batte seminario di Acqui. Vince la libertà d’informazione di L.Kocci

Luca Kocci
Adista Notizie n. 34 del 04/10/2014

Nella vicenda giudiziaria che ha opposto il seminario diocesano di Acqui Terme (Al) al mensile Tempi di Fraternità ha vinto la libertà di informazione e il diritto di sapere come la Chiesa cattolica utilizza i propri beni e il proprio patrimonio.

Il seminario di Acqui, che aveva denunciato per diffamazione il mensile cattolico piemontese, dopo aver perso il primo grado di giudizio, ha infatti deciso di ritirare all’ultimo minuto il ricorso. Il processo di appello, fissato al 19 settembre (v. Adista Notizie n. 32/14), non si è svolto. E la disputa si è così definitivamente conclusa, con la vittoria di Tempi di Fraternità e dell’informazione libera e indipendente.

L’articolo incriminato, firmato da Paolo Macina, nell’ambito di un’ampia inchiesta in più puntate sui patrimoni e sulla gestione finanziaria delle diocesi, riguardava in particolare un immobile, “Villa Paradiso”, a Pian d’Invrea, presso Varazze (Sv), sulla riviera ligure, acquistato dal seminario vescovile 40 anni fa, recentemente ristrutturato e trasformato in residenza di lusso da utilizzare per ritiri spirituali, congressi e incontri di seminaristi, preti e religiosi, ma i cui appartamenti, nei mesi estivi e nel periodo natalizio, vengono affittati anche a privati a cifre che vanno dai mille (bassa stagione) ai 2mila euro (alta stagione) a settimana. Ed esente dal pagamento dell’Ici. Un articolo ritenuto diffamatorio dai responsabili del seminario – che avevano chiesto 450mila euro di risarcimento – ma assolutamente corretto secondo la giudice di Alessandria Robertà Poiré, la quale, nella sentenza di primo grado, oltre a dare ragione al periodico cattolico, ha affermato il diritto dei cittadini di sapere come le istituzioni ecclesiastiche gestiscono ed utilizzano i propri patrimoni e se su questi beni pagano le tasse (v. Adista Notizie n. 16/14).

Il ricorso del seminario era già pronto ma, dopo fortissimi pressioni del vescovo di Acqui, mons. Pier Giorgio Micchiardi – di cui Tempi di Fraternità ha riconosciuto l’azione di trasparenza in merito alla gestione dell’otto per mille e del patrimonio della diocesi – all’alba del 19 settembre, quindi poche ore prima dell’inizio del processo, è stato ritirato. Adista ha intervistato Paolo Macina.

Ora che questa storia così poco edificante è conclusa, che impressione complessiva ne hai tratto?

L’articolo si basava su un’affermazione che ancor più, dopo questa vicenda, ritengo veritiera. E cioè che molte diocesi italiane hanno patrimoni ingenti e preziosi; spesso i preti che dovrebbero occuparsene sono anziani e con poca esperienza gestionale, e quindi a volte prestano il fianco ad essere raggirati da personaggi senza scrupoli. A volte purtroppo, nei casi più gravi, le tentazioni rendono anche i religiosi inclini al dolo. Se le diocesi non ammettono questo problema, e non cercano di avere gestioni più trasparenti e con meccanismi di controllo democratico, continueranno periodicamente a comparire nelle cronache dei giornali.

La sentenza di primo grado contiene una forte affermazione del diritto dei cittadini, di sapere come la Chiesa cattolica, che è un soggetto pubblico, utilizza il proprio patrimonio, se paga le tasse, ecc. Si tratta di un incoraggiamento ai mezzi di informazione liberi e indipendenti a proseguire con decisione anche su questo fronte?

La sentenza consegna ai cittadini uno strumento potente che potrà essere utilizzato in futuro da chi volesse chiedere conto del non corretto utilizzo dei beni ecclesiali. Non dimentichiamo che gran parte del patrimonio delle diocesi non piove dal cielo, ma deriva da lasciti testamentari, a volte vincolati da un utilizzo sociale del bene.

Il tuo articolo, e tutto quello che ne è seguito, ha prodotto qualche risultato ad Acqui?

Il vescovo, dopo una riluttanza iniziale ad occuparsi del problema, è intervenuto con decisione, nominando un direttore laico al seminario vescovile. I giornali hanno inoltre riportato la notizia di una sua querela nei confronti della persona che amministra Villa Paradiso per conto del seminario, che forte di un contratto d’affitto pluriennale non vuole abbandonare. Ma la notizia più interessante penso sia la decisione del vescovo di incaricare una società esterna di Genova per valutare beni e bilanci della diocesi, come anche il mio articolo auspicava. Spero di poter vedere a breve i risultati di questo lavoro pubblicati sul sito internet della diocesi, in modo che i fedeli possano essere messi al corrente dell’opera di trasparenza avviata. E auspico che le scelte di mons. Micchiardi vengano replicate in altre diocesi come esempio di buone prassi: altre confessioni religiose sono ben più avanti di quella cattolica su questo terreno.