Le comunità di base italiane a Roma nel segno di Francesco di L.M.Guzzo

Luigi Mariano Guzzo
http://vaticaninsider.lastampa.it/

Essere solidali con gli ultimi, abitare le situazioni di marginalità, impegnarsi nel risolvere le cause strutturali delle povertà, sognare una Chiesa che recuperi, anche nelle sue espressioni liturgiche, lo spirito evangelico. Nel loro XXXV incontro nazionale -a Roma, dal 6 all’8 dicembre- le comunità di base (Cdb) italiane non tradiscono la particolare sensibilità ai temi della giustizia sociale che da sempre le contraddistingue.

Il motivo di riflessione si inserisce direttamente nel solco dell’insegnamento di Papa Francesco. E cioè: “Ecco, vi mando come agnelli in mezzo ai lupi (Lc. 10, 3). Povertà evangelica in una società violenta”. Numerosi gli spunti critici al centro della tre- giorni di studio e di confronto, alla quale partecipa pure, tra gli altri, don Giovanni Franzoni, animatore della comunità di San Paolo.

E’ questo un periodo ecclesiale di grandi attese anche per le comunità di base, che ritrovano con Bergoglio una boccata di ossigeno alle loro rivendicazioni sociali. “Il tema della povertà evangelica –si legge nel documento preparatorio redatto dalla Segreteria tecnica nazionale – torna spesso anche nelle parole e negli accenni di cambiamento di stile introdotti da Papa Francesco.

Ma questo annuncio e questa volontà di cambiamento vanno calati in un mondo oppresso dalle più diverse forme di violenza: da quella del sistema economico, che produce impoverimento e precarietà, nel nostro paese specialmente tra le nuove generazioni, alle diverse forme di violenza di cui sono vittime soprattutto le donne, ma anche omosessuali, minori e diverse altre categorie di persone; tutte queste espressioni di violenza possono essere riconducibili sia al modello di sviluppo capitalistico, sia, in radice, alla natura patriarcale delle nostre società”.

Il convegno si apre con le relazioni di Luigi Sandri, vaticanista di Ecumenical News International (“Le chiese tra fedeltà all’evangelo e incarnazione in un mondo plurale e globalizzato”) e la teologa Antonietta Potente (“Non vi sarà povero presso di te se…”).

Si riscoprono, così, nel dibattito personaggi controversi e dibattuti, come don Mario Bisceglia, fondatore dell’Arcigay, la cui trama esistenziale è raccontata adesso nel libro di Renato Pezzano “Troppo amore ti ucciderà”. Perché è l’uomo con la sua vita, le sue ansie, le sue angosce, ma anche le sue gioie e le sue speranze, ad essere al centro della riflessione generale.

“L’umanità viene prima della Chiesa”, dice Enrico Peyretti, membro del Centro Studi per la pace e la non violenza “Sereno Regis” di Torino, nella relazione “Il Vangelo che abbiamo ricevuto”, durante la tavola di confronto fra gruppi e reti di cristiani impegnati nel recupero del messaggio conciliare di rinnovamento ecclesiale in una stagione di crisi politica e sociale, alla quale intervengono pure Lilia Sebastiani (Fraternità degli Anawim), Franco Ferrari (I viandanti) e Vittorio Bella (Noi siamo chiesa).

La consapevolezza di essere chiesa in queste comunità è radicata anche dalla celebrazione intesa e partecipata dell’eucarestia, presieduta al femminile.

Un mosaico poliedrico, vivace e realmente ecumenico quello delle comunità di base d’Italia, che rappresentano il punto di coordinamento di quel vasto movimento del dissenso nato, a ridosso del Vaticano II e del ’68, all’interno della chiesa cattolica e delle altre chiese cristiane, e che ha subito preso le distanze dagli apparati istituzionali.

Un presente, oggi, innestato in una storia la cui memoria è rinvigorita da un progressivo ed intenso lavoro di ricerca negli archivi storici delle comunità, il cui prodotto iniziale è il testo “Tracce di percorsi comunitari. Una guida agli archivi delle comunità di base italiane” a cura del Centro educativo popolare della Comunità dell’Isolotto. Che cosa rappresentano oggi le comunità di base? E, soprattutto, quale sarà il loro futuro?

“Le comunità di base italiane e del mondo –risponde Luigi Sandri- sono un modo possibile e davvero interessante di inverare il Vangelo nel mondo di oggi, cercando di renderlo credibile nel dare risposte ai problemi della gente. Come cristiani, dobbiamo assumerci delle responsabilità”.

“Il futuro –continua Sandri- cambierà molto per tutti, la Chiesa romana, come tutte le chiese cristiane, dovrà cambiare per forza se non vuole scomparire. Quindi ci saranno delle aggregazioni più leggere e molto più variegate con un tipo di comunione dove ci svilupperanno tante diverse esperienze. Tutte vanno bene. L’importante è che il punto dirimente sia quello che Francesco ha detto ad Istanbul. Come dobbiamo porci nell’atteggiamento complessivo? Dobbiamo sentire tre voci, ha detto il Papa, la voce degli impoveriti, la voce delle vittime delle violenze e la voce dei giovani. Avere questo prisma per giudicare la realtà e quindi farsi interpellare da queste croci drammatiche per cercare di essere autentici nel vivere il Vangelo, pur sapendo i limiti che ciascuno di noi ha e che nelle comunità ci sono. Ritengo che questo sia importante anche perché certe strutture elefantiache non possono più essere accettate da gran parte della coscienza moderna”.