CDB – Oltre quarant’anni di storia di M.Vigli

Marcello Vigli
Confronti, n°1/2015

“Ecco, vi mando come agnelli in mezzo ai lupi (Lc 10,3). Povertà evangelica in una società violenta”. Questo il tema del trentacinquesimo Incontro nazionale delle Comunità cristiane di base che si è tenuto a inizio dicembre. Si rinnova la sfida: tentare di misurarsi con le trasformazioni in atto senza perdere la propria specificità.

La convocazione a Roma, dal 6 all’8 dicembre, del XXXV Incontro nazionale delle Cdb italiane può essere letta come una volontà di tornare alle origini per adeguare agli accenni di cambiamento di stile introdotti da papa Francesco il loro impegno a costruire una chiesa altra. A Roma, infatti, nel lontano 1971 Comunità e gruppi del cosiddetto dissenso ecclesiale riuscirono, superando diversità e diffidenze, ad avviare in un primo convegno un cammino comune.

Avevano trovato, senza perdere ciascuna/o le proprie specificità e mantenendo una piena autonomia, un denominatore comune nel riconoscere che qualunque proposta di rinnovamento della Chiesa ispirata ai recenti documenti conciliari dovesse, per essere credibile, prevedere l’abrogazione del regime concordatario perché, come si leggeva nel tema del convegno, il Concordato è una struttura clericale «strumento di potere contro la liberazione del popolo di Dio, contro l’unità delle masse operaie e contadine, contro la giustizia nel mondo».

Da allora in questi oltre quarant’anni la ricerca, da un lato, si è arricchita nella «riappropriazione della Bibbia», come chiamarono il lavoro di alfabetizzazione biblica accompagnato nei primi passi dalla preziosa iniziazione degli amici valdesi, per poterla leggere, come si diceva, dalla parte delle lotte di liberazione. Dall’altro lato si è sviluppata con la costruzione di un vissuto comunitario di comunione ecclesiale intrecciato con la partecipazione alla vita politica, col- legando l’impegno, per quella italiana, con l’attenzione all’affermarsi della dimensione planetaria.

Ne è nata per le diverse comunità una ricerca, fatta di radicamento sul territorio e di condivisione a livello nazionale, di intreccio fra impegno ecclesiale e partecipazione politica, che si è declinata nel tempo in costante rapporto alle diverse fasi delle dinamiche, locali e mondiali, in continua e accelerata trasformazione.

Nel misurarsi oggi con tale trasformazione hanno centrato l’attenzione e l’impegno perché i frutti, che si stanno producendo attraverso il lavoro libero o sfruttato, siano finalizzati a migliorare le condizioni di vita di tutti per consentire a ciascuno di essere se stesso. Costruire uguaglianza è l’obiettivo da assumere per evitare che «l’impegno per i poveri» si riduca alla redistribuzione del benessere, pur preliminare e necessaria.

Nell’aiutare donne e uomini ad essere signori di sé e non oggetti dell’altrui generosità consiste il vero stare dalla parte dei poveri alla ricerca del proprio riscatto «in un mondo oppresso dalle più diverse forme di violenza: da quella del sistema economico, che produce impoverimento e precarietà, nel nostro paese specialmente tra le nuove generazioni, alle diverse forme di violenza di cui sono vittime soprattutto le donne, ma anche omosessuali, minori e diverse altre categorie di persone» (come si legge nel documento di convocazione dell’assemblea).

Questo è il messaggio emerso dagli interventi e dalle riflessioni in assemblea e nei gruppi di lavoro, per rendere concreto, oggi, il detto evangelico «La buona novella è annunciata ai poveri», senza dimenticare il comandamento, tema del convegno: «Ecco io vi mando come agnelli fra i lupi» (Lc 10,3). Nel misurarsi con tale progetto i convegnisti, sollecitati anche dalla appassionata relazione di Antonietta Potente, si sono interrogati su quanto del proprio tempo sia da destinare alla lotta alla povertà, specie nei Paesi in cui è endemica e diffusa oltre misura fino a ridurre persone e famiglie in condizioni di miseria, o, invece, all’impegno per contrastare, all’interno della comunità ecclesiale, le prevaricazioni della gerarchia ecclesiastica, spesso accompagnate da sorde lotte intestine.

Dal radicale rifiuto dell’impegno per la riforma della Chiesa cattolica di chi, convinto della sua irriformabilità, non è interessato ai suoi problemi e privilegia quello per contrastare l’esclusione a cui sono condannati i poveri, si distingue la scelta di chi sente il do- vere morale – condividendo con quella Chiesa il riferimento a Gesù di Nazareth – di opporsi all’alleanza che i potenti, nel promuove- re quella esclusione, stringono con la sua gerarchia per servirsi della sua capacità di pro- durre un immaginario, da usare per legittimare – se non nobilitare – quella esclusione.

Questa scelta diventa oggi particolarmente significativa in un tempo in cui le religioni e le strutture, che ne organizzano i fedeli e ne gestiscono il patrimonio ideale, hanno ritrovato, come ha confermato Luigi Sandri con la sua documentata relazione, un ruolo rilevante nelle società nel loro essere, pur nella loro debolezza, parti integranti dell’attuale sistema socioeconomico.

In verità lo è stata anche in passato, come è emerso nel far memoria dei quarant’anni trascorsi a partire da due libri: in uno Rocco Pezzano ripercorre la vita di don Mario Bisceglia, fondatore della Comunità di Lavello; nell’altro Giovanni Franzoni, nello scrivere della sua esperienza, apre al futuro delle Cdb.

A quel passato guarda anche il libro Tracce di percorsi comunitari. Una guida agli archivi delle comunità di base italiane presentato, fresco di stampa, ai convegnisti. In esso è confluito il progressivo ed intenso lavoro di ricerca sugli archivi delle Cdb svolto dalla Comunità fiorentina dell’Isolotto nel realizzare un progetto ideato da Enzo Mazzi.

Ha concluso il convegno una verifica della possibilità di una convergenza dell’impegno del- le Cdb con quello di altri gruppi e reti di cristiani, impegnati nel recupero del messaggio conciliare di rinnovamento ecclesiale, in questa stagione di crisi politica e sociale. La si è sviluppata attraverso il confronto con Enrico Peyretti (Il Vangelo che abbiamo ricevuto), Lilia Sebastiani (Fraternità degli Anawim), Franco Ferrari (I viandanti) e Vittorio Bellavite (Noi siamo chiesa).

Prospettive e difficoltà sono state analizzate e valutate con molta franchezza per concludere che il processo riformatore, innescato da papa Francesco, offre ampi spazi di iniziativa ai laici che sentono la responsabilità di «essere chiesa», in particolare nell’ambito del convegno della Chiesa italiana (previsto per novembre 2015) e in vista del- la prossima sessione del Sinodo dei vescovi sulla famiglia. Da più parti è stata confermata l’esigenza di contrastare le forze, che nella comunità ecclesiale si oppongono a tale processo, privandole del sostegno che deriva dal regime concordatario e, al suo interno, dai finanziamenti pubblici attraverso il meccanismo dell’otto per mille.

Ne deriva infatti da un lato una deresponsabilizzazione dei fedeli nei confronti della loro Chiesa e dall’altro il costante rischio, per questa, di non poter essere segno di contraddizione contro le varie forme di autoritarismo e affarismo che inquinano la vita politica del sistema Paese.