Cinquant’anni fa i cappellani militari… l’obbedienza non e’ piu’ una virtu’

Giancarla Codrignani
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Antefatto n. 1: bisogna spiegare che nel 1965 in Italia era in vigore per tutti i maschi il servizio militare obbligatorio: chi obiettava per ragioni di coscienza andava in carcere.

Antefatto n. 2: nel 1963 era stato condannato per tale reato Giuseppe Gozzini, difeso da p. Ernesto Balducci, a sua volta incriminato “per apologia di reato”; don Lorenzo Milani e don Bruno Borghi solidarizzarono con il confratello.

I fatti: il 12 febbraio 1965 La Nazione di Firenze pubblica un comunicato dei cappellani militari toscani che, nell’anniversario della Conciliazione, “considerano un insulto alla Patria e ai suoi caduti la cosiddetta ‘obiezione di coscienza’ che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà“.

Don Lorenzo Milani si indigna e il 23 invia una sua lettera aperta ai cappellani militari intitolata L’obbedienza non è più una virtù. I conservatori, in particolare i fascisti e la chiesa, attaccano il prete fiorentino e, su denuncia di alcuni ex-combattenti, viene incriminato.

Perché celebrare questa data? perché quella di don Milani resta una grande lezione. C’era già stato Socrate più di duemila anni prima a insegnare come (non) si obbedisce: don Milani si fa carico del suo essere un educatore e un cristiano: “Non posso dire ai miei giovani che l’unico modo d’amare la legge è d’obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate”.

Non accetta in nessun modo di passare per un cattivo maestro (“Dovevo ben insegnare come un cittadino reagisce all’ingiustizia. Come ha libertà di parola e di stampa.”) e ancor meno per un cattivo cristiano. Infatti “il cristiano reagisce anche al sacerdote e perfino al vescovo che erra”. Perché “ognuno deve sentirsi responsabile di tutto”. Non è un caso che su una parete della scuola di Barbiana campeggi la scritta: I CARE, che “è il contrario esatto del motto fascista ‘Me ne frego’ “.

L’obbedienza non è più una virtù è tutta da rileggere, per imparare una lezione ancora valida. Nemmeno l’oggetto dell’obiezione è superato, anche se non c’è più la leva e quella militare è una professione, perché insegna ad obbedire alle leggi pensandole come sempre riformabili ad opera della libera iniziativa dei cittadini.

La responsabilità della coscienza (che significa il consenso individuale informato) vale infatti sempre per tutti: per i genitori, per i maestri, per i politici, per i cittadini che vogliono la buona politica.

Anche i bravi cattolici dovrebbero farsi carico della Chiesa da persone di fede, non da subalterni: il Vaticano II è stato condizionato dalla mancanza di coraggio di molti e oggi non è il caso di essere devotamente adeguati alla “gerarchia”, se vogliamo difendere Papa Francesco.

Se, poi, si volesse stare al tema, non farebbe male considerare che l’Ordinariato militare con i 176 cppellani, i 5 vicari e la scuola di formazione ci costano una ventina di milioni all’anno.

Tenendo conto che si sono aperte – la strategia di Papa Francesco! – trattative tra mons. Santo Marcianò e la ministra Roberta Pinotti per ridimensionare la presenza dei preti cattolici, che la Chiesa ritiene irrinunciabile, ed eliminare i gradi militari (l’Ordinario è attualmente un generale…), sarebbe carino se i cattolici si interessassero della contraddizione, in un campo così delicato, tra il potere e il servizio.

E’ un’esigenza che da molti anni vede impegnata la Pax Christi italiana, sola organizzazione cattolica non omologata all’indifferenza dei più.