Scuola, religione, laicità di M.Vigli

Marcello Vigli
www.italialaica.it, 4 marzo

Neppure questa volta il Consiglio dei Ministri è riuscito a trasformare in proposta di legge il Piano Renzi sulla scuola. Si è limitato ad approvare le sue linee guida rinviando alla prossima settimana l’approvazione di futuri disegni legislativi. Senza entrare nel merito dei contenuti e dei tempi di approvazione di tali disegni pare interessante evidenziare il limite fondamentale del Piano Renzi.

Annunciato un anno fa fra le priorità dell’appena nominato Primo Ministro, che ha per questo avviato anche una consultazione fra gli addetti ai lavori e non solo, sui cui esiti non c’è molta informazione, il Piano per La buona scuola si blocca perché mancano le risorse finanziarie per l’assunzione dei precari imposta dalla sentenza della Corte Europea e la possibilità di poter soddisfare le attese di chi ha vinto un concorso.

Sono anche insufficienti per avviare in tempi ragionevoli la messa in sicurezza delle molte scuole a rischio e per rilanciare un piano organico per l’edilizia scolastica. La mancanza diventa insuperabile, però, perché si considerano necessarie anche risorse per continuare a finanziare le scuole private in gran parte costituite da quello che si configura ormai come un sistema di scuole confessionali.

Per rendere meno scandaloso il ridurre ulteriormente le risorse per le scuole statali per sostenere le private, si è proposto di consentire una detrazione fiscale ai genitori di chi le frequenta!

Proprio da questa contraddizione emerge il nodo che impedisce anche questa volta l’affermarsi, in sede di riforma, di un’idea di scuola coerente con una corretta interpretazione del dettato costituzionale superando le ambiguità del compromesso raggiunto in sede costituente.

Di questo è necessario tornare a parlare prioritariamente perché la formazione delle nuove generazioni è o, purtroppo, dovrebbe essere, una questione essenziale nel dibattito politico. La scuola è infatti la sede della formazione alla cittadinanza, cioè all’esercizio della sovranità di cui ciascun cittadino è partecipe, prima ancora che luogo di formazione professionale, non a caso, tanto esaltata da Renzi e dal suo governo.

Fare chiarezza quindi su chi deve avere la responsabilità di provvedere a tale formazione è essenziale. Affiancare all’obbligo per la Repubblica, di istituire scuole d’ogni ordine e grado, il diritto dei privati di fare altrettanto, è stato solo un compromesso e non il riconoscimento della piena parità e tanto meno dell’appartenenza delle scuole statali e delle scuole private ad un unico sistema di Pubblica Istruzione, come appare, invece, implicito nella legge di parità imposta dal ministro Luigi Berlinguer.

Proprio a questa idea di scuola s’ispira il Piano di Renzi che, di fatto, si configura come un ulteriore avanzamento della proposta di privatizzazione del sistema scolastico, come confermano le parole del ministro Stefania Giannini: Il sistema pubblico ha due pilastri, scuola statale e non statale, lo stabilisce la legge, ma mancano le misure che rendono completamente attuato questo processo.

E’ l’idea di scuola ancor più compiutamente affermata in una lettera aperta inviata da 44 parlamentari del Pd, di Scelta Civica, e di Nuovo Centrodestra al Presidente del Consiglio sul tema della buona scuola e pubblicata su l’Avvenire, quotidiano della Cei: Caro presidente, il Piano per la «buona scuola» rappresenta il più importante tentativo di riforma dall’epoca della riforma gentiliana. (sic!)

Per questo rappresenta un’occasione irripetibile per superare lo storico gap della scuola in tema di pluralismo e libertà di educazione. Libertà di educazione significa, in realtà, privare i giovani del diritto ad essere accompagnati a formarsi liberamente una propria visione del mondo e della convivenza civile: una scuola confessionale, cioè ideologicamente condizionata, non può consentirlo!

Se il compito della scuola è, anche, offrire strumenti per la comprensione del mondo, particolarmente rilevante diventa il suo orientamento su un tema come la religione, emerso in tutta la sua complessità nel dibattito suscitato la settimana scorsa su Italialaica da un editoriale di Attilio Tempestini e rilanciato dall’articolo di Giovanni Fioravanti.

Non c’è omogeneità di visione sulla religione e solo una scuola autenticamente pluralista può garantire un insegnamento che ne dia conto in una prospettiva storico-critica. Gli studenti devono essere formati a cogliere la storicità delle confessioni religiose, delle loro teologie e delle loro forme istituzionali, a distinguere la fede degli individui e la dottrina a cui si ispira, a considerare, cioè, la religione una delle forme in cui le società costruiscono il loro immaginario collettivo.

Religione, religioni, norme morali, esperienze mistiche, violenze in nome di Dio e persecuzioni di suoi fedeli, sétte e chiese, gerarchie e santoni in una prospettiva storica sono assimilabili alle ideologie, alle esaltazioni patriottiche, alle strutture politiche, stati, partiti e capi carismatici.

Nessuna religione e ideologia resiste identica a se stessa al passare del tempo e al divenire della conoscenza.

Una scuola confessionale non può garantire tale approccio perché strutturalmente non è pluralista! Soprattutto la sua cultura si fonda non sulla storicità dell’avventura umana, ma sull’esistenza si una Verità assoluta.

In verità il problema si pone anche in quella statale per la presenza di un insegnamento di religione appaltato alla gerarchia cattolica in forza del regime concordatario. Influisce, certo, in misura minore che in una scuola confessionale per il pluralismo proprio della sua cultura oltre che per il diritto a non avvalersene, ma è pur sempre condizionante perché gli altri insegnanti si sentono spesso autorizzati, anzi sollecitati, a non affrontare il tema “religione”.

Della eliminazione di tale insegnamento non vi è traccia nel Piano di Renzi. Da tale eliminazione, invece, si deve cominciare per porre a fondamento della cultura scolastica la laicità presupposto della Costituzione.

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Torna il fantasma degli sgravi a chi frequenta le paritarie

Comitato Nazionale Scuola e Costituzione
Associazione Per la Scuola della Repubblica

www.scuolaecostituzione.it

Dopo mesi di consultazioni on line sulle 136 pagine della “buona scuola”, che non contenevano alcun accenno a sgravi fiscali per chi frequenta le scuole private paritarie, ecco in dirittura d’arrivo l’inserimento nel futuro disegno di legge di una petizione, non nuova, ma questa volta introdotta di soppiatto, come possibile norma messa a punto dalla ministra Giannini.

Autori della petizione 44 deputati di tutti i partiti della maggioranza tornati alla carica con l’eterno slogan la “libertà di scelta educativa è un diritto che non può riguardare solo chi è economicamente in grado di permetterselo.”

Riteniamo importante e urgente intervenire ancora una volta su questa ormai vecchia affermazione per dimostrarne all’opinione pubblica la reale inconsistenza.

Oltre a “senza oneri per lo Stato” contenuto all’Art.33/Cost , che sarebbe di per sé sufficiente a porre una barriera a qualsiasi trasgressione in quella direzione, esiste la distinzione tra “libertà” e “diritto” più volte richiamata in sentenze della Corte Costituzionale.

Se garantire la libertà religiosa non comporta per lo Stato l’obbligo di costruire luoghi di culto, per la stessa ragione consentire l’istituzione di scuole private non impegna lo Stato a garantirne il finanziamento per agevolarne la frequenza.

Lo Stato ha l’obbligo di garantire a tutti e a tutte il diritto all’istruzione, secondo i principi costituzionali.

La libertà di scelta educativa riguarda, invece, i genitori. Si tratta di una distinzione imprescindibile.

Gli sgravi fiscali consentiti alle famiglie rappresenterebbero per di più una sottrazione notevole di risorse finanziarie che restringerebbe l’impiego di quelle destinate a rimediare i danni provocati al nostro sistema di istruzione dai precedenti governi.

Non si tratta, tuttavia, di rivendicare soltanto una priorità di spesa per la scuola pubblica, ma di impedire soprattutto una violazione grave e palese del dettato costituzionale.

Ci auguriamo che nel nostro Parlamento e nel paese si levino forti voci per impedire questa ulteriore e illegittima forma di privatizzazione del nostro sistema scolastico.

Roma, 7 marzo 2015