Sulla Palestina, ignoranza e malafede di L.Morgantini

Luisa Morgantini *
Adista Notizie n. 10 del 14/03/2015

Il 27 febbraio scorso non è stata una giornata “onorevole” per il nostro Parlamento. Forse un po’ ingenuamente davamo quasi per scontato che il partito del nostro presidente del Consiglio ed il suo governo agissero in coerenza con il voto espresso all’Assemblea Onu nel novembre 2012 quando, anche grazie al voto positivo dell’Italia, l’Onu sancì l’accettazione della Palestina come Stato membro osservatore.

E invece, malgrado gli sforzi di Sel e Movimento 5stelle, che si sono prodigati affinché il Parlamento impegnasse il governo a riconoscere lo Stato di Palestina senza condizioni, il Partito democratico ha presentato una mozione che butta a mare in modo ipocrita ed opportunista la possibilità che, almeno a livello diplomatico, venga riaffermato il diritto all’autodeterminazione di un popolo che, con la costituzione unilaterale dello Stato d’Israele (1948), ha vissuto un vero e proprio esodo, con più di 700mila profughi, e che ha subìto lo spossessamento di terre e case, il tentativo di cancellazione dell’identità palestinese, la distruzione immediata di più di 480 villaggi, in quella che Ilan Pappé, noto storico israeliano, chiama “la pulizia etnica della Palestina”.

Un popolo che dal 1967 vive sotto occupazione militare: senza libertà di movimento, minacciato continuamente di espulsione dalle proprie terre, con migliaia e migliaia di civili e bambini uccisi, infrastrutture distrutte, crescita delle colonie (illegali per la IV Convenzione di Ginevra), con la costruzione di un muro che secondo Israele avrebbe dovuto impedire gli attacchi terroristici contro la popolazione civile israeliana e che invece è stato eretto per annettere terre e chiude sempre più i palestinesi dentro bantustan, senza risorse e senza poter raggiungere Gerusalemme, la città che per la comunità internazionale dovrebbe essere la capitale condivisa dei due popoli e due Stati.

Dopo la firma dell’accordo di Oslo gli insediamenti non si sono fermati, anzi: se nel 1992 i coloni erano 150mila oggi sono più di 600mila.

Ma il Pd dice che il tempo non è ancora arrivato e chiede pilatescamente alle due parti di adoperarsi per la pace e al governo di promuovere in ogni sede il riconoscimento dello Stato di Palestina.

Sa però, e qui sta la malafede, che le parti non sono uguali: da un lato gli israeliani; dall’altro i palestinesi, occupati militarmente, con grandi problemi anche interni, che hanno accettato l’esistenza dello Stato di Israele nei territori del 1948, e rivendicano il loro Stato sui territori occupati nel 1967 (come dicono anche l’Onu, l’Ue e i Paesi arabi) e che non possono più dare nulla.

Lo affermava recentemente – in una conferenza stampa al Parlamento organizzata da Sel – Ilan Baruch, rappresentante di mille e più israeliani che hanno inviato una lettera a tutti i parlamenti europei per chiedere il riconoscimento dello Stato di Palestina senza condizioni, sostenendo che i negoziati sono falliti perché il governo Netanyahu non vuole negoziare, ma solo continuare l’espansione delle colonie.

Possiamo quindi dire, magari con una piccola forzatura, che il Pd si schiera con Netanyahu e non con gli israeliani che vogliono la pace.Non basta. Se il Pd avesse votato solo la sua mozione sarebbe stata, sì, un’ipocrisia, ma almeno non l’infamia data dal fatto di aver votato anche la mozione Ncd-Udc che pone condizioni solo ai palestinesi: per esempio che Fatah e Hamas riconoscano lo Stato di Israele, scordandosi che l’Olp lo ha fatto fin dal novembre del 1988 e Hamas quando si è presentato alle elezioni del 2006.

Quello che sorprende di questo nostro Parlamento è l’ignoranza e la non considerazione dei fatti. Valgono le opinioni e naturalmente il doppio standard: sanzioni a chi non fa parte delle nostre alleanze; carote ai nostri alleati. Vecchia lezione degli Stati Uniti che facevano guerre in America Latina e sostenevano i dittatori: “sono nostri amici…”.

Ma forse Israele sta tirando troppo la corda: anche se Netanyahu è stato accolto come una rock star dai repubblicani guerrafondai del Congresso Usa , molti sono stati gli ebrei statunitensi che gli hanno detto: “Non in mio nome”.

* già vicepresidente del Parlamento europeo, è presidente dell’associazione Assopace Palestina (www.assopacepalestina.org)