Chiesa italiana verso Firenze 2015. Quale umanesimo? di M.Regoliosi

Mariangela Regoliosi*
www.viandanti.org

Nell’Invito al V Convegno Ecclesiale Nazionale si fa esplicito riferimento all’Umanesimo «classico», radicato nella «città di Firenze» «tra il XIV e il XVI secolo» e caratterizzato da un’«intima connessione tra la dipendenza dell’uomo da Dio e la sua capacità creativa»: connessione poi però interrotta attraverso «un processo di differenziazione interna all’umanesimo, che ha separato […] artificialmente creaturalità e creatività, teorizzando la libertà della seconda nella negazione della prima». A fronte di questa frattura, protrattasi nei secoli, la Chiesa cattolica ripropone il «cristianesimo quale principio sintetico dell’umanesimo», «la persona di Gesù Cristo e l’esperienza cristiana quali fattori decisivo di un nuovo umanesimo».

La complessità dell’Umanesimo

Coloro che hanno elaborato il progetto del Convegno hanno dunque introdotto il paragone con l’Umanesimo storico solo per contraddirlo e per contrapporvi il vero umanesimo radicato in Cristo. Ovviamente nessun cristiano può contestare che Cristo sia il fondamento dell’uomo nuovo. Quello che si può contestare, però, è la visione dell’Umanesimo che viene proposta e la sua negatività. Una più corretta e documentata conoscenza dell’Umanesimo permette infatti di valutarne tutti i reali valori e di ribaltare quindi in parte le premesse del Convegno: l’Umanesimo storico può legittimamente essere ripreso nell’attuale discorso ecclesiale come uno dei punti di riferimento del rinnovamento cristiano.

Innanzitutto va chiarito che cosa si intende storicamente per Umanesimo. Si tratta di un movimento complesso, che si dipana dal Petrarca fino alla seconda metà del ’400, e che si sviluppa in varie sedi (non solo a Firenze!), con differenze anche significative nel tempo e nella geografia, ma comunque caratterizzato da un notevole rinnovamento culturale, ideologico, civile e figurativo (l’Umanesimo letterario convive con la riforma architettonica del Brunelleschi e con la nascita della prospettiva di Masaccio, Donatello, Leon Battista Alberti, Piero della Francesca). L’Umanesimo non si identifica dunque, come spesso si ritiene, con la fase finale del Quattrocento, incentrata nelle figure di Marsilio Ficino e Pico della Mirandola, che avvia un percorso anche notevolmente diverso rispetto ai decenni precedenti, connotato da una forte tendenza spiritualizzante, dalla teologia cristiano-platonica, dall’ermetismo.

La riscoperta dei classici

Quali furono dunque i contenuti dell’Umanesimo storico, almeno nelle sue punte più avanzate? In particolare (poiché questo è l’ambito del discorso che ci interessa) quale fu la sua religiosità?
Ciò che unifica in modo incondizionato tutto l’Umanesimo è la ‘riscoperta’ del classici: uno straordinario fenomeno culturale, che riportò alla luce classici latini sepolti in vecchie biblioteche e soprattutto riportò in Occidente tutto il patrimonio della cultura greca, in larghissima parte ‘dimenticato’ nell’età medievale per la divisione tra Occidente ed Oriente. Ma non si tratta solo di una svolta culturale, pur grande, e tanto meno di una svolta erudita. Il ‘ritorno ai classici’ origina da una rinnovata concezione dell’uomo e nel contempo la fortifica. Privilegiare la linea ‘classicistica’ significa, per gli umanisti, puntare l’attenzione su di una particolare visione dell’uomo che dai classici appunto deriva, laica, storicistica, naturalistica, critica, dialogica, tollerante.

E questa concezione dell’uomo ‘classico’ aiuta anche a realizzare una spiritualità cristiana di tipo nuovo. È proprio grazie al ‘dialogo’ coi classici, nella integrazione e non nella distinzione dei punti di vista, che l’Umanesimo matura una spiritualità cristiana in larga misura diversa da quella del Medio Evo e molto vicina a quella moderna.

La città terrena: una costruzione positiva

L’Umanesimo cristiano valorizza l’uomo completo, anima e corporeità, spirito e materia, entrambi positivi, senza nessuna fuga verso l’ascetismo, il distacco, la rinuncia. Un dialogo sul vero bene di Lorenzo Valla (un autore largamente rappresentativo del migliore Umanesimo) presenta il corpo, il piacere, la sessualità come elementi validi del vivere, anche nella prospettiva della Vita Eterna, dove il Cristo glorioso viene incontro agli uomini accogliendoli nella integralità del loro essere. Giannozzo Manetti scrive un De dignitate hominis (in contrapposizione al De contemptu mundi di papa Innocenzo III) che considera in positivo l’uomo in tutti i suoi aspetti, anche materiali.

L’Umanesimo cristiano vive nella storia, non più ‘valle di lacrime’, ma luogo efficace di costruzione della città terrena, anche in vista di quella futura. Il cosiddetto ‘Umanesimo civile’ fiorentino di primo Quattrocento vede gli intellettuali impegnati nella società, con prestigiose cariche pubbliche nelle quali la cultura viene intenzionalmente messa a servizio del bene comune. Un’ampia trattatistica riguarda la vita familiare, la salute del corpo, la gestione dell’economia, le relazioni sociali, la politica, l’educazione, con acuta attenzione a organizzare e pianificare la vita, a realizzare le capacità umane, a prevenire o sostenere, con sagacia, i possibili colpi della fortuna. Alcuni umanisti osano affrontare con gli strumenti umani del sapere, da essi praticati con originalità e competenza, anche questioni religiose (ad esempio la revisione della traduzione della Vulgata del Nuovo Testamento), per secoli sacro appannaggio del clero.

Un Umanesimo aperto e dialogico…

L’Umanesimo cristiano è dialogico, aperto agli altri e alle idee degli altri senza dogmatismi e preclusioni. Gli umanisti ‘ri-inventano’ il dialogo (moltissime opere degli umanisti sono dialoghi), ben diverso dalla quaestio medievale – dove l’apparente dibattito tra due punti di vista approdava poi alla fine nella risoluzione definitiva ed univoca del magister – e invece organizzato come la disputa in utramque partem di classica memoria. Si costruisce la ricerca della verità valorizzando ed intrecciando posizioni diverse, ugualmente rispettate ed ugualmente valide, e si perviene a conclusioni ‘aperte’, o con una integrazione degli elementi positivi emersi, oppure, molte volte, con un rinvio ad una indagine ulteriore e ad ulteriori prospettive che possano emergere dal confronto con altre parziali verità.
Lo stesso dialogo coi classici cui accennavo prima è sintomatico: l’umanista non si rapporta ai classici per ‘adattarli’ alla propria sensibilità (basti ricordare le molte mistificazioni nei confronti dei classici di età medievale, in cui, per giustificare la lettura di quegli autori, si cercavano in essi improbabili sensi riposti di tipo cristiano, oppure si inventava un Seneca cripto-cristiano o si attribuivano valori messianici all’egloga IV di Virgilio), ma per ascoltarli e conoscerli nella loro verità e per imparare da essi, e quindi per rivedere alla luce della loro lezione anche la propria religiosità.

… critico, biblico e patristico

L’Umanesimo cristiano è quello di un uomo libero e critico: tutta la vita di Lorenzo Valla è consistita in una battaglia per la libertà, contro l’adesione a-critica verso l’ipse dixit in tutti gli ambiti, contro asserzioni non verificate, contro falsità o leggende pur consacrate dalla communis opinio, anche ecclesiale (famosa la sua dimostrazione di falsità della cosiddetta ‘donazione di Costantino’, che per secoli aveva giustificato e sostenuto il potere temporale della chiesa di Roma, snaturandone l’autentica vocazione evangelica).

L’Umanesimo cristiano, infine, è biblico e patristico. Contro il sistema aristotelico-tomistico-Scolastico, contro il ricorso alla filosofia per dare fondamenti e linguaggio alla teologia, gli umanisti, reputando vano ed illusorio il tentativo di ‘definire’ il Mistero con parole filosofiche, ‘ritornano’ alla Sacra Scrittura o dei Padri della Chiesa, al linguaggio delle immagini, dei simboli, delle figure, della storia di un Popolo che via via introduce alla Salvezza divina.

Una modernità non anti-cristiana

È attraverso questa strada che l’uomo dell’Umanesimo si accosta all’Assoluto. Nella faticosa ricerca delle verità attraverso la storia, nel dialogo aperto e libero con quanti la cercano con onestà, per un cristiano la «veritas idest Deus» si offre, attraverso la parola della Sacra Scrittura, come criterio ultimo di giudizio e permette di ancorare ogni forma di verità parziale conquistata alla Verità infinita, uscendo quindi dall’autonomia e dal soggettivismo assoluti.

Non dunque un Umanesimo anti-cristiano, ma un Umanesimo portatore di uno specifico cristianesimo. Quella degli umanisti è la scelta, molto moderna, del laico cristiano, impegnato nella realtà terrena a utilizzare in modo positivo, responsabile, critico, dialogico tutte le proprie attitudini e potenzialità e a ‘preparare’ in questo modo, su questa terra, ‘i cieli nuovi’ prefigurati dalla Scrittura.

Si può legittimamente concludere che l’Umanesimo possa effettivamente essere, se ben conosciuto e correttamente stimato, una fonte del rinnovamento cristiano, soprattutto nel mondo attuale, a fronte delle forme ricorrenti di integralismo, dogmatismo, intolleranza, che dominano la nostra società, e spesso la nostra chiesa. Anzi, che possa davvero proporsi come un modello nella ricerca di un “nuovo umanesimo”.

* Già professore di Filologia medioevale e umanistica presso l’Università degli studi di Firenze. Membro dell’Associazione Viandanti.