L’Italia: 80 milioni al giorno in spese militari di M.Dinucci

Manlio Dinucci
ilmanifesto.info

La spesa militare italiana, calcolata al tasso di cambio corrente dollaro/euro, è salita da 65 milioni di euro al giorno nel 2013 a circa 70 nel 2014. Anche nell’ipotesi che resti invariata nel 2015 (cosa impossibile perché la Nato preme per un aumento), la spesa annuale del 2014 equivale, all’attuale tasso di cambio, a 29,2 miliardi di euro, ossia a 80 milioni di euro al giorno. Ciò emerge dai dati sulla spesa militare mondiale, pubblicati il 13 aprile dal Sipri. Più precisi di quelli del Ministero italiano della difesa, il cui budget ufficiale ammonta nel 2014 a 18,2 miliardi di euro, ossia a circa 50 milioni di euro al giorno.

Ad esso si aggiungono però altre spese militari extra-budget, che gravano sul Ministero dello sviluppo economico per la costruzione di navi da guerra, cacciabombardieri e altri sistemi d’arma e, per le missioni militari all’estero, su quello del Ministero dell’economia e delle finanze. Il Sipri colloca l’Italia al 12° posto mondiale come spesa militare. Nettamente in testa restano gli Stati Uniti, con una spesa nel 2014 di 610 miliardi di dollari (equivalenti, all’attuale tasso di cambio, a 575 miliardi di euro). Stando ai soli budget dei ministeri della difesa, la spesa militare dei 28 paesi della Nato ammonta, secondo una sua statistica ufficiale relativa al 2013, ad oltre 1000 miliardi di dollari annui, equivalenti al 56% della spesa militare mondiale stimata dal Sipri.

In realtà la spesa Nato è superiore, soprattutto perché al bilancio del Pentagono si aggiungono forti spese militari extra budget: ad esempio, quella per le armi nucleari (12 miliardi di dollari annui), iscritta nel bilancio del Dipartimento dell’energia; quella per gli aiuti militari ed economici ad alleati strategici (47 miliardi annui), iscritta nei bilanci del Dipartimento di stato e della Usaid; quella per i militari a riposo (164 miliardi annui), iscritta nel bilancio del Dipartimento degli affari dei veterani.

Vi è anche la spesa dei servizi segreti, la cui cifra ufficiale (45 miliardi annui) è solo la punta dell’iceberg. Aggiungendo queste e altre voci al bilancio del Pentagono, la spesa militare reale degli Stati uniti sale a circa 900 miliardi di dollari annui, circa la metà di quella mondiale, equivalenti nel bilancio federale a un dollaro su quattro speso a scopo militare.

Nella statistica del Sipri, dopo gli Stati uniti vengono la Cina, con una spesa stimata in 216 miliardi di dollari (circa un terzo di quella Usa), e la Russia con 85 miliardi (circa un settimo di quella Usa).

Seguono l’Arabia Saudita, la Francia, la Gran Bretagna, l’India, la Germania, il Giappone, la Corea del sud, il Brasile, l’Italia, l’Australia, gli Emirati Arabi Uniti, la Turchia.

La spesa complessiva di questi 15 paesi ammonta, nella stima del Sipri, all’80% di quella mondiale. La statistica evidenzia il tentativo di Russia e Cina di accorciare le distanze con gli Usa: nel 2013-14 le loro spese militari sono aumentate rispettivamente dell’8,1% e del 9,7%. Aumentate ancora di più quelle di altri paesi, tra cui: Polonia (13% in un anno), Paraguay (13%), Arabia Saudita (17%), Afghanistan (20%), Ucraina (23%), Repubblica del Congo (88%).

I dati del Sipri confermano che la spesa militare mondiale (calcolata al netto dell’inflazione per confrontarla a distanza di tempo) è risalita a un livello superiore a quello dell’ultimo periodo della guerra fredda: ogni minuto si spendono nel mondo a scopo militare 3,4 milioni di dollari, 204 milioni ogni ora, 4,9 miliardi al giorno.

Ed è una stima per difetto della folle corsa alla guerra, che fa strage non solo perché porta a un crescente uso delle armi, ma perché brucia risorse vitali necessarie alla lotta contro la povertà.

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Il nuovo militarismo: a chi giova?

Ron Paul
ronpaulinstitute.org

Il militarismo e le spese militari sono ovunque in aumento, nel momento in cui la propaganda della nuova Guerra Fredda sembra dare i primi frutti. Le nuove “minacce” così tanto reclamizzate recano grandi profitti agli appaltatori militari e alla rete di think tank da loro pagata per produrre la propaganda in favore della guerra.

Ecco giusto pochi esempi:

Il governo tedesco ha annunciato la scorsa settimana che avrebbe acquistato altri 100 carri armati “Leopard”: un incremento del 45 per cento nell’inventario del paese. La Germania aveva notevolmente ridotto il suo numero di carri armati poiché la fine della Guerra Fredda aveva comportato la fine di qualsiasi minaccia di un’invasione di terra dell’Europa da parte sovietica. Il governo tedesco ora sostiene che questi cento nuovi carri armati, che possono costare quasi mezzo miliardo di dollari, siano necessari per rispondere alla nuova intraprendenza russa nella regione. Non importa che la Russia non abbia né invaso né minacciato alcun paese della regione, tanto meno un paese membro della NATO.

Il bunker nucleare statunitense risalente all’epoca della Guerra Fredda e collocato sotto Cheyenne Mountain, in Colorado, rimasto del tutto chiuso durante i 25 anni successivi alla caduta del muro di Berlino, è stato riportato in vita. Il Pentagono ha impegnato quasi un miliardo di dollari per adeguare l’impianto al precedente livello operativo risalente ai tempi della Guerra Fredda. Il contractor statunitense della difesa Raytheon sarà il primo beneficiario di questo appalto. Raytheon è uno dei principali sponsor finanziari di certi think tank come l’Institute for the Study of War (Istituto per lo Studio della Guerra, ndt), che sfornano continuamente propaganda filo-bellica. Sono sicuro che questi grossi contratti rappresentino un buon rendimento dell’investimento.

La NATO – che a mio avviso avrebbe dovuto essere chiusa dopo che la Guerra Fredda si era conclusa – a sua volta sta ottenendo un proprio costosissimo aggiornamento. L’Alleanza ha commissionato una nuova sede a Bruxelles, in Belgio, nel 2010, che dovrebbe essere completata nel 2016. L’edificio si presenta come un artiglio orrendo, e il costo finale – se mai sarà finito – ammonterà a ben più di un miliardo di dollari. Ossia oltre il doppio di quanto originariamente preventivato. Che inutile spreco! C’è forse da stupirsi se i burocrati e i generali della NATO cercano continuamente di terrorizzarci con le favole sulla nuova minaccia russa? Hanno bisogno di giustificare i loro piani di espansione!

Allora, chi è il vero nemico? I russi?

No, il vero nemico preso di mira è il contribuente. Il vero nemico è la classe media e i settori produttivi dell’economia. Noi siamo le vittime di questa nuova spesa militare fuori controllo. Ogni dollaro o euro speso in una minaccia artificiosa è un dollaro o un euro tolto dell’economia reale e sprecato in keynesismo militare. Si tratta di un dollaro rubato da un piccolo imprenditore e che non sarà investito in innovazione, né destinato alla ricerca per combattere le malattie, e nemmeno donato a enti di beneficenza che aiutino i bisognosi.

Uno dei miti più onnipresenti e pericolosi del nostro tempo è che le spese militari vadano a vantaggio di un’economia. Ciò non potrebbe essere più lontano dalla verità. Tale spesa avvantaggia un sottile strato di élites ben ammanicate e ben remunerate. Distoglie risorse scarse destinate a soddisfare le esigenze e le aspirazioni di un popolo e le canalizza verso la fabbricazione di mezzi di distruzione. I costi possono essere nascosti dal fatto che le banche centrali stampano moneta, ma sono alla fine concretizzati nella costante distruzione di una valuta.
Le élites sono terrorizzate dal fatto che la pace possa finalmente scoppiare, il che sarà un male per i loro profitti. Questo è il motivo per cui stanno cercando di affossare l’accordo sull’Iran, impedire il disgelo con Cuba, scatenare un nuovo “Terrore Rosso” proveniente da Mosca. Non dobbiamo farci ingannare nel credere alle loro bugie.

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Tutti i diritti riservati © 2015 in capo al RonPaul Institute. Il permesso di riprodurre l’articolo per intero o in parte è accordato volentieri, purché si citi completamente la fonte e questa sia collegata con un link. Fonte: http://ronpaulinstitute.org/archives/featured-articles/2015/april/12/the-new-militarism-who-profits/ Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras.