Papa Francesco, il (finto) riformismo e la sedicente ‘ideologia del gender’ di L.Lampugnani

Luca Lampugnani
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Bergoglio è il Papa riformista, l’uomo della rivoluzione in Vaticano. E’ il Santo Padre che piace a tutti, schietto e sincero, di impatto fortemente mediatico e in grado di raccogliere ampi consensi. Chi non ricorda ad esempio le sue parole di “apertura” sul mondo omosessuale? “Io non giudico. Non ho trovato carte d’identità di gay in Vaticano, dicono che ce ne sono. Se una persona è di buona volontà, chi sono io per giudicare?”.

Eppure all’ombra delle telecamere Jorge Mario Bergoglio è un gesuita (il primo a diventare Papa) non poi così lontano dalla visione ortodossa dei suoi predecessori, vicini e lontani. In tal senso, non stupisce l’ultimo monito del Santo Padre in merito alla chiacchieratissima ‘teoria del gender’: “Mi chiedo se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione che mira a cancellare la differenza perché non sa più confrontarsi con essa”, ha detto Francesco durante l’udienza del mercoledì. Tema, questo, che il Papa non ha mancato di toccare con mano in altre e meno recenti occasioni, ad esempio nel corso della conferenza stampa organizzata al ritorno dal suo viaggio (dal 12 al 19 gennaio) nelle Filippine, dove incalzato sull’argomento ha parlato espressamente di “colonizzazione ideologica”.

Ma che cos’è la ‘teoria del gender’? Nota anche con l’appellativo di ‘teoria gender’ o di ‘ideologia gender’, questa non ha una sua vera e propria definizione. Piuttosto, si tratta di un disco rotto che da tempo viene fatto suonare ininterrottamente dal mondo cattolico più classicista, ai limiti del fondamentalismo. La sedicente ‘teoria’ in questione altro non è che propaganda, spauracchio da utilizzare e riutilizzare a proprio piacimento per combattere e contrastare quelli che da più parti vengono bollati come “falsi miti di progresso”, siano questi la richiesta di una maggiore attenzione ai diritti del mondo LGBT (riconoscimento delle unioni, ad esempio) o l’impegno della scuola nel promuovere una visione di uguaglianza tra gli esseri umani, priva di ogni discriminazione. Razziale, religiosa o sessuale che sia.

Insomma, la ‘teoria del gender’ è quel mostro serpeggiante che vuole costringere gli inconsapevoli alunni a credere che si, una donna può anche essere camionista. Così si plasmano le menti del domani alla corruzione di una modernità fasulla, dove magari una donna potrebbe persino aspirare a diventare astronauta. Allo stesso tempo, è quell’oscenità mirata ad inculcare il concetto che un papà vestito da donna – e così l’omosessualità – è un obrobrio, un errore da cancellare dalla faccia della natura. O, con più diplomazia, lasciare nel buio di una dimensione relegata al folklore, allo sfottò da stadio, alla discriminazione mascherata da goliardia. Meglio un figlio ottuso e bigotto che ‘frocio’, ci si potrebbe azzardare a pensare.

L’ortodossia intransigente dei propinatori della favola della ‘teoria del gender’ annula così le diversità, minimizzandole alla sola dimensione biologica e sessuale. Una visione, con tutto il rispetto per le opinioni altrui, che è in fase di superamento dall’avvento del femminismo e di altre lotte di genere, votate al riconoscimento di un’uguaglianza che non vuole distruggere il mondo, ma migliorarlo, portando ad esempio le tanto strumentalizzate quote rosa nei luoghi del potere.

Invece, in quanto portatore di cromosomi XY, l’uomo deve avere una sua dimensione – sessuale e di genere – ben definita, rigida: deve avere mascolinità, deve essere votato alla paternità, deve svolgere mansioni e lavori da uomo per poter garantire un sostentamento alla propria famiglia. Allo stesso modo, in quanto portatrice di cromosomi XX, la donna deve comportarsi di conseguenza: deve essere fornace di figli, deve badare alla casa. E mai che le venga in mente di prendere tra le mani il volante di un camion, oppure di sottoporsi ad anni ed anni di sforzi e sacrifici personali per finire a fluttuare nello spazio.

Alla luce di tutto questo, torniamo in conclusione alle parole di Papa Francesco. Il Pontefice si chiedeva se “se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione che mira a cancellare la differenza perché non sa più confrontarsi con essa”. Paradossalmente, cambiando diametralmente punto di vista, l’affermazione può essere così parafrasata: è forte il dubbio che la diffusione dello spauracchio della ‘ideologia gender’, e con lei la volontà di nascondere sotto al tappeto tutta una serie di diversità tra essere umano ed essere umano, sia sintomo di nient’altro che dell’incapacità del mondo cattolico più ortodosso – dal Vaticano alle associazioni di settore – di “confrontarsi” con quelle stesse diversità.