L’Agesci a Expo 2015. E dentro l’associazione si riaccende il dibattito di L.Kocci

Luca Kocci
Adista Notizie n. 16 del 02/05/2015

Acque di nuovo agitate in casa scout. Mentre prosegue il confronto interno sulla decisione della Presidenza dell’Agesci (Associazione guide e scout cattolici italiani) di sottoscrivere un accordo di collaborazione con la Marina militare per promuovere insieme attività di educazione ambientale (v. Adista Notizie nn. 9 e 12/15, Adista Segni Nuovi n. 15/15), si apre un secondo dibattito dentro l’associazione. Il nodo, stavolta, è l’adesione – in realtà stabilita diversi mesi fa – della Federazione italiana dello scoutismo (Fis), di cui l’Agesci fa parte, ad Expo 2015, con un progetto (“Educare: energia per la vita”) all’interno di Cascina Triulza, il padiglione della società civile, condiviso con altre realtà come Acli, Arci, Banca etica, Compagnia delle opere, Cnca, Focsiv, Legambiente (fra i 63 soci fondatori della Fondazione Triulza).

«La nostra presenza si spenderà in modo particolare in tre azioni», si legge sul sito dell’Agesci. «Accoglienza: la possibilità che famiglie accolgano fratelli scout nelle tre settimane di presenza dello stand. Expo diffuso: una serie di eventi che si potranno giocare sui territori, iniziative aperte anche a non associati, non legate necessariamente ai temi della nutrizione, del cibo, della sana alimentazione e della sostenibilità ambientale. Stand: la presenza in Cascina Triulza, luogo dedicato alla società civile, dove animeremo nelle settimane 15-28 giugno e 5-11 ottobre uno stand, con l’obiettivo di raccontare e raccontarci, di diventare portatori di sguardi e punti di vista che ci appartengono. Sarà l’occasione per parlare dello scautismo e, delle sue proposte».

Contro la scelta di partecipare ad Expo «un gruppo di scout ed ex scout» (che però non si firmano, a differenza della lettera che contestava l’accordo con la Marina militare) ha lanciato una petizione che chiede di «ritirare l’adesione di Agesci a Expo 2015» e che ha raccolto oltre mille adesioni. «Abbiamo accolto con molta preoccupazione la scelta di Agesci di aderire ad Expo 2015», vi si legge. «È stato spontaneo interrogarci su cosa avesse in comune il megaevento con la proposta educativa scout: nel confrontare l’immagine che di esso si va definendo con i punti del nostro Patto associativo (la “Costituzione” dell’Agesci, ndr) vi abbiamo a fatica scorto delle affinità. Pur nella loro lunga e variegata storia, la costante delle esposizioni universali è sempre stata la brama di grandezza e sfarzo, la spettacolarizzazione di un modello di sviluppo e il culto del denaro, valori che stonano profondamente con la fede semplice che scaturisce dal nostro vissuto scout. Allo stesso modo, il rispetto che abbiamo imparato a nutrire per il creato ci impedisce di recepire i concetti propugnati da Expo, che lo dipingono come un assemblaggio di risorse ambientali da sfruttare, vendere e acquistare».

Come dimostra il fatto che ad Expo partecipano «grandi multinazionali» come McDonalds, Barilla, Coca-cola; Monsanto e Pioneer Dupont, («aziende che promuovono grandi monocolture minando la biodiversità e spesso pongono i coltivatori in una condizione di dipendenza e ricattabilità»); Nestlé («che tramite la sua società San Pellegrino venderà bibite e 150 milioni di bottigliette d’acqua all’interno del padiglione italiano, in barba a un referendum per l’acqua bene comune»); e poi imprese sottoposte ad indagini per truffa e collusione con la criminalità organizzata e fabbriche armiere (mentre «da scout ci siamo impegnati nel promuovere i valori del disarmo e della pace»). Ci sfugge quindi «cosa lo scautismo, che si sta trovando invischiato in questo meccanismo, abbia da spartire con esso. Ne scorgiamo, al limite, il disperato tentativo di infilare tra gli ingranaggi una briciola di positività», ma, prosegue la lettera, «è nostra decisa opinione, motivata dai fatti precedentemente esposti, che non ci sia alcun margine di “redenzione” all’interno dell’affare Expo. In un mondo di maschere, l’effetto preminente del coinvolgimento di Agesci resterà quello di fornire al tutto una facciata ammiccante con cui affermarsi pubblicamente».

Per questo, conclude, «invitiamo cape e capi, ex cape ed ex capi, guide e scout a dissociarsi dall’adesione a Expo» «e di continuare a seguire “strade non battute”, quelle dello sforzo quotidiano di portare avanti attività che alimentino le competenze, le aspirazioni, la responsabilità, la capacità di fare scelte nel e per la propria vita. Per tutte queste ragioni, crediamo che sia dovere della guida e dello scout imboccare una strada che proceda non dentro ma in direzione ostinata e contraria rispetto al modello Expo».

Nel mondo scout però le opinioni sono contrastanti. La petizione ha registrato sui social network anche pareri favorevoli ad Expo: si tratta di un’opportunità per far conoscere lo scautismo e per portare all’interno di Expo i contenuti dell’Agesci. Ed è certo che il dibattito – su Expo ma anche sull’accordo con la Marina militare – proseguirà al Consiglio generale in programma a Bracciano dal 1° al 3 maggio.

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L’expo dell’Italia clericale

Raffaele Carcano
www.uaar.it/news/

I politici italiani hanno un’anormale passione per i “grandi eventi”. E un tasso di clericalismo assai superiore a quello dei colleghi dell’Unione Europea. Inevitabili conseguenze delle due premesse: ogni evento cattolico è per definizione “grande”, e ogni “grande evento” si rivela inevitabilmente clericale.

Sogni irrazionali di grandeur che nemmeno i cugini transalpini osano più coltivare. E vai, ogni volta, con la previsione di folle immani, di profitti fantamiliardari, di benefici protratti per decenni. Fosse vero, per organizzare i “grandi eventi” ci sarebbe la fila. Voi vedete per caso qualche fila? Per organizzare l’Expo 2015 Milano ha dovuto vincere la concorrenza della sola İzmir. Non per caso. I grandi eventi si concludono quasi sempre in perdita ovunque si svolgano. Basterebbe dare un’occhiata ai bilanci delle ultime Olimpiadi, che il governo Renzi vorrebbe comunque organizzare a Roma, nel 2024. Con quale utilità e quali credenziali non è dato sapere, visto che non è stato nemmeno in grado di approntare tutti i padiglioni fieristici per l’inizio dell’Expo.

Una manifestazione, quest’ultima, che è a sua volta paradigmatica di una deleteria attitudine italica. “Il ristorante più grande al mondo”, ammicca la pubblicità per l’evento. Come se la dimensione contasse. Come se l’innovazione del paese potesse passare soltanto per un aggiornamento del menu con aumento dei prezzi al seguito. Per il resto, nulla di nuovo da segnalare. A cominciare dalla religione. Unico capo di stato estero a prendere la parola alla cerimonia di apertura? Il papa.
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Il “sobrio” padiglione del Vaticano è costato tre milioni (chissà quanto sarebbe costato se non fosse stato sobrio), ma erano pronti milioni di euro anche per il faccendiere ciellino amico del ministro ciellino, stoppato soltanto dalla magistratura. La pubblicità dell’Expo anche sui foglietti della messa è perfettamente in linea con il clima da fiera paesana (ma hi-tech) assicurato dalla presenza di una copia della madunina a grandezza naturale. A poca distanza da Mc Donald’s, sponsor ufficiale di Expo 2015. I più solerti difensori dell’identità cristiana sembrano più efficaci degli anticlericali nel cercare di demolirla.

È un problema di cultura, probabilmente. Possiamo anche vincere qualche premio Oscar, ma solo con film che evocano l’immagine arcaica e stereotipata del nostro paese, che facciamo di tutto per coltivare. Qualche decennio fa inviavamo i nostri magliari alla conquista del mondo, ora i loro nipotini offrono ai “nuovi mercati” null’altro che il più vieto folklore nostrano. Oggi che la pizza se la mangiano anche a casa loro e il mandolino (almeno quello) non lo chiede più nessuno, ai turisti a caccia di foto esotiche continuiamo a proporre gondole e finti gladiatori, lasagne surgelate e monache di clausura. Very pitoresko.

Ci lamentiamo di quanto siamo lontani dagli standard europei in materia di diritti civili, ma è solo un problema di prospettiva. È sufficiente usare come termine di paragone le nazioni del Maghreb, la Turchia, o la Bielorussia, e magicamente tutto quadra. I grandi eventi mostrano al mondo quanto piccine sono le istituzioni italiane.