Una vergogna per il nostro Paese di D.Gallo

Domenico Gallo *
Adista Notizie n. 18 del 16/05/2015

Adesso che la legge elettorale è stata promulgata dal Presidente della Repubblica, il discorso non è chiuso. La Corte Costituzionale con la sentenza 1/2014 ha dichiarato incostituzionale il meccanismo della legge Calderoli che attribuiva alla minoranza “vincente” un premio di maggioranza senza soglia minima.

La Corte non ha contestato di per sé qualsiasi meccanismo che attribuisca un premio di maggioranza, ma ha dichiarato costituzionalmente intollerabile che possa essere attribuito un premio di maggioranza “senza soglia” perché l’effetto sarebbe quello di produrre una distorsione enorme fra la volontà espressa dagli elettori ed il risultato in seggi, determinando un vulnus al principio stesso della sovranità popolare.

Nessun sistema elettorale è in grado di assicurare una perfetta corrispondenza fra i voti espressi ed i seggi conseguiti da ciascuna forza politica che partecipa all’agone elettorale. Questo però non consente di buttare a mare il principio espresso dall’art. 48 della Costituzione secondo cui il voto è libero ed uguale, diretta conseguenza del principio di eguaglianza e di partecipazione espresso dall’art. 3 della Costituzione. La legge Calderoli aveva istituzionalizzato la diseguaglianza dei cittadini italiani nel voto, attraverso il meccanismo previsto dall’art. 83 (del Testo unico riguardante le norme per le elezioni) che prevedeva la formazione di un “quoziente di maggioranza” e di un “quoziente di minoranza”.

Nelle elezioni del 2013 il quoziente di maggioranza (dato dal totale dei voti raccolti diviso il numero dei seggi conquistati) è stato di circa 29.000 voti, mentre quello di minoranza è stato superiore a 80.000 voti. Il rapporto fra i due quozienti è di 2,66: il che significa che il voto del cittadino di maggioranza vale 2,66 volte quello del cittadino di minoranza. Basti pensare che il Pd con il 25,42% ha ottenuto 292 seggi mentre il Movimento 5 Stelle con il 25,56% ha ottenuto 102 seggi.

L’Italicum non solo non abolisce il meccanismo del premio di maggioranza senza soglia, ma addirittura lo esalta, attribuendo il premio ad una unica lista, anziché alle coalizioni. Poiché il sistema politico italiano non è bipolare, né tantomeno bipartitico, il meccanismo elettorale congegnato è destinato a produrre naturalmente – soprattutto attraverso il ballottaggio – una fortissima distorsione fra la volontà espressa dal corpo elettorale ed i seggi conseguiti dalle singole forze politiche, istituzionalizzando la diseguaglianza dei cittadini nell’esercizio del diritto di voto.Una simulazione renderà più chiari gli effetti perversi di questo sistema.

Si prenda una platea di 30 milioni di voti. Concorrono alle elezioni 5 liste.

La lista n.1, la lista n. 2 e la lista n. 3 prendono il 25% dei voti, pari a 7.500.000 ciascuno (ma la lista n. 3 prende qualche centinaio di voti in meno), mentre le altre liste si dividono il restante 25%. Effettuato il ballottaggio fra la lista n. 1 e la lista n. 2, quale che sia il vincitore, alla lista vincente, con il 25% dei voti vengono assegnati 340 seggi, mentre a tutte le altre liste che hanno raccolto 22.500.000 voti vengono assegnati i rimanenti 277 seggi. A questo punto il quoziente di maggioranza sarà pari a 22.058 voti, mentre il quoziente di minoranza sarà di 81.227. Il rapporto fra questi due quozienti ci indica che il voto del cittadino di maggioranza vale 3,61 volte quello del cittadino di minoranza.

Queste semplici considerazioni dimostrano che l’Italicum è una legge insostenibile poiché aggredisce i fondamenti della democrazia repubblicana e ferisce uno dei principi che non può essere oggetto di revisione costituzionale: quello dell’eguaglianza dei cittadini. Anche se la legge è stata approvata, il discorso non è chiuso: l’Italicum, proprio per la sua oggettiva insostenibilità, è destinato a naufragare, com’è avvenuto in passato con la legge truffa che, pur essendo stata approvata all’esito di uno scontro politico durissimo, alla fine fu ritirata. E rimase solo la vergogna.

* giudice presso la Corte di Cassazione

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Renzi l’AmeriKano

Pierfranco Pellizzetti
www.micromega.net

I bravi commentatori ci hanno spiegato che l’Italicum era ed è una pessima legge, foriera di effetti antidemocratici (imposizione di un regime a sovranità limitata, presidenzialismo mascherato, personalismo autoritario e chi più ne ha più ne metta).

Indubbiamente. Ma la recentissima vicenda, essenzialmente sovversiva nel suo essere apparentemente indolore, consente di far emergere più nitidamente il senso di un’operazione complessiva. Che sarà definitivamente confermato nel momento in cui il Presidente Mattarella – alla faccia degli appelli di tante anime belle a non farlo – apporrà la firma in calce alla legge, chiudendo definitivamente il cerchio legislativo. Un definitivo suggello di appartenenza, perché quanto avvenuto è il momento topico di uno scontro di classe sottotraccia, in cui “il clero partitico” ha definitivamente trionfato sulla società (nel tacito collaborazionismo della sua parte meno bellicosa, cui appartiene anche l’inquilino del supremo colle, non meno dei presunti oppositori del premier nel PD; con l’indichiarabile apprezzamento di larga parte dei signori della guerra già intruppati nell’orda berlusconiana).

Matteo Renzi potrà fare finta in conferenza stampa di coltivare raffinatezze letterarie citando il giallista teologo Gilbert K. Chesterton (e lo spin doctor Filippo Sensi è lì anche per quello), ma la sua vera natura è quella del predatore che risponde in prevalenza a sollecitazioni istintuali. Per questo introietta già a livello inconscio la grande lezione del privilegio rampante che i presunti Padri Fondatori della democrazia americana misero a punto a tutela dei privilegi, loro e dei loro referenti (di classe): allora gli interessi della nuova aristocrazia del denaro, che si sostituiva a quella di nascita; ora il ceto partitico accaparratore di clamorosi vantaggi di posizione, da tutelare nel rapporto coalizionale con altri rentriers fruitori di rendite posizionali (imprenditori e manager, finanzieri e bancari, abbienti in genere).

In altri tempi si sarebbe gridato al “Renzi, l’amerikano”.

Ma la priorità politica è sempre blindare le posizioni di chi si è insediato nei piani alti delle istituzioni. Come dimostra il fatto che per la crisi sociale in atto e le sue conseguenze cariche di sofferenza diffusa nulla è stato fatto, le politiche del lavoro si rivelano palesi sceneggiate alla faccia di crescenti disoccupazioni, la catastrofe di competitività del nostro sistema produttivo merita solo la cavatina della mano libera ai vertici aziendali nel sottomettere maestranze riottose. Infatti l’attenzione della task force governativa era quella di blindare le posizioni di potere. E lo si è ottenuto attestandosi nell’area centrale del campo politico dove vigono i principi cari alle maggioranze silenziose (Legge e Ordine), su cui innestare il soggetto acchiappatutto denominato Partito della Nazione. Un posizionamento che prosciuga a destra e mette sotto ricatto gli sparuti drappelli che pretenderebbero di incarnare antiche tradizioni progressiste (Giustizia e Libertà); ricordando loro che se non si limitano a ruoli puramente decorativi verranno espulsi – attraverso il meccanismo della mancata rielezione – dal Paradiso partitocratrico. Da traditori di classe.

Nel Paese può crescere quanto vuole la disillusione, fino e oltre le soglie dell’insofferenza. L’opinione popolare non produce effetti su un assetto di potere che si è autonomizzato rispetto agli effetti del voto: basta poco più del venti per cento dei consensi espressi per acquisire maggioranze bulgare; mentre con i meccanismi di designazione del personale politico si producono tranquillizzanti cooptazioni.

Insomma – al di là dei tecnicismi, con cui una critica minimalista tanto si è dilettata – l’operazione Italicum risulta la magia primordiale dell’invulnerabilità per questi spregiudicati giovanotti e giovanotte scalatori dell’Olimpo nostrano. A cui la rabbia montante non fa neppure il solletico (e le demenze dei casseurs milanesi gli regalano meravigliosi spot propagandistici in quanto Partito della Nazione).

Come uscire dall’impasse? Bisognerebbe conquistare consensi elettorali in misura tale da sfilare la rendita di posizione ai rentiers politici. Un motivo di riflessione per i Cinquestelle che pretendono comunque di giocare la loro partita da soli.