Laicità è cultura della vita di D.Accolla

Dario Accolla
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Come nella migliore tradizione della storia dell’ingerenza ecclesiastica nella vita politica italiana, Angelo Bagnasco ha stilato la solita sfilza di no a quei provvedimenti sui diritti civili che farebbero dell’Italia una nazione al passo con i paesi di vecchia e nuova democrazia più avanzati in materia.

Il no al divorzio breve è indicativo della pretesa da parte del clero di imporre la propria idea su quelle coppie sposate che, per un’evidente sfortuna o per un fallimento del proprio progetto affettivo, decidono di non fare più un tratto di strada insieme. La vecchia legge era, a mio giudizio, ingiusta e superata. Perché aspettare tre anni prima di arrivare alla dissoluzione di un rapporto che non ha più ragion d’essere? Forse questo è coerente con quella filosofia tutta cattolica per cui un obiettivo deve essere ottenuto a prezzo di un certo sacrificio. Ma la prassi e la storia più recente ci dimostrano una doppia evidenza: se il matrimonio si rompe, da una parte, non ha senso mantenere in piedi i cocci con un collante che non può dimostrarsi efficace; dall’altra, se c’è un ripensamento nulla vieta a risposarsi. Di fatto questo gioca contro non solo l’autodeterminazione di individui consenzienti, ma anche contro il concetto più basilare di felicità umana.

Su questa falsariga, ancora, si snoda l’irrazionale negazione dei diritti delle coppie gay e lesbiche. Bagnasco finge di ignorare l’evidenza che queste famiglie – chiamiamole con il loro nome – ormai sono una realtà, in Italia come nel resto del mondo. Le persone LGBT dimostrano di saper mantenere relazioni stabili e di avere capacità genitoriali analoghe agli/lle eterosessuali. Le famiglie arcobaleno sono tali anche perché hanno prole e crescono i loro bambini e le loro bambine con dignità e coraggio in una società dove domina non solo il pregiudizio, ma anche il giudizio di una chiesa che ha perso ormai da tempo il ruolo di agenzia culturale ed educativa del paese: gli scandali relativi alla pedofilia tra le sfere ecclesiastiche di vario livello dovrebbero indurre gli alti prelati a osservare un più decoroso silenzio. Eppure questa gente continua a parlare non solo fomentando vecchi e nuovi pregiudizi, ma insinuando di conseguenza l’idea che migliaia di bambini/e delle famiglie rainbow non dovrebbero venire al mondo. È questa la “cultura della vita” che poi porta la chiesa a scagliarsi contro eutanasia, testamento biologico o l’interruzione di gravidanza? Esistono, in altre parole, vite che possono e altre che non devono essere concepite non solo biologicamente ma nemmeno intellettualmente, perché relative a una genitorialità alternativa rispetto a quella classica?

L’ultimo anatema, infine, riguarda l’inesistente teoria del gender, bollata addirittura come “sbaglio della mente umana”. Su questo occorre fare chiarezza. L’idea che i percorsi di educazione alle differenze nelle scuole o gli studi di genere nelle università siano ricondotti a una non meglio identificata ideologia totalitaristica è sì un errore, ma tutto interno alla chiesa. La verità, l’ennesima che Bagnasco dimostra di non conoscere o di voler ignorare, è che nella società si stanno producendo anticorpi culturali contro il pensiero unico di tipo confessionale che decide, a priori, di stabilire cosa sia famiglia e cosa non lo sia. Cosa sia vita degna d’essere e cosa no. Dire in una classe che bisogna rispettare tutti e tutte, secondo l’articolo 3 della Costituzione che tutela tutte le diversità possibili, non è “dittatura del gender”: è, semmai, rispetto delle regole democratiche del nostro Paese. Ce lo ha ricordato di recente il nostro “cattolicissimo” presidente della repubblica, Mattarella, nel suo messaggio per la Giornata Mondiale contro l’omo-transfobia.

Il leader della CEI, continuando ad alimentare forme di paura collettiva e agitando fantasmi che non si sono mai concretizzati nei paesi dove i diritti di cui sopra sono ampiamente riconosciuti – fantasmi quali la distruzione della famiglia o l’avvento di matrimoni tra specie diverse, tipo esseri umani e criceti per capirci meglio – agisce in malafede e non rende giustizia al compito primario che spetterebbe alla sua chiesa: guidare chi ha fede a ritrovare la serenità dello spirito nel nome della luce di Dio. Tale luce, a sentire i suoi discorsi, non illumina il cammino. Semmai, rende più ciechi certi suoi seguaci. Per fortuna esiste la laicità che rende più chiari i contorni delle cose. La democrazia in primis.