Difficile come bere un bicchier d’acqua di M.Correggia

Difficile come bere un bicchier d’acqua

Marinella Correggia
Adista Segni Nuovi n° 21/2015
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Una fontana di strada, in un quartiere qualunque di una qualunque città italiana è stata sfregiata da una scritta. Il pennarello guidato da mano ignota e idiota ha scritto sul travertino: «Vietato ai negri». Ma ecco, per fortuna, un’altra mano ha tracciato una riga sopra, aggiungendo – a matita per non deturpare: «Vietato alle teste di…».

Veleni e piccoli antidoti, razzismi e antirazzismi.

L’Italia e l’Occidente si sentono “invasi” da chi pretende perfino di bere alla fontana. Osano sentirsi invasi perché, oltre a non ricordare la propria storia, non fanno i collegamenti. Non riflettono sul fatto che le migrazioni sono forzate da tragedie riconducibili a colpe occidentali.

Tante partenze in massa da Africa, Medioriente, Asia sono frutto delle guerre fomentate da Occidente e petromonarchie. Ormai quel che avviene in Siria, Libia, Iraq e Yemen non dovrebbe essere più oggetto di dibattito accademico, ma piuttosto di azione e riconoscimento di colpa.

Poi, tante partenze in massa – si pensa oltre 30 milioni in tutto il mondo – sono il frutto di disastri climatici (siccità, desertificazioni, alluvioni), provocati o acuiti dall’effetto serra, le cui responsabilità storiche e presenti ricadono in grandissima parte sul Nord ricco. Tuttora consumista e climalterante malgrado la crisi.

Per non parlare degli storici rapporti di sfruttamento coloniale e post-coloniale fra Nord e Sud, così iniqui che l’ultimo lavoro al nero in Italia è pagato meglio di qualunque lavoro in un Paese africano. Così le rimesse degli emigranti, anche le più misere, permettono la sopravvivenza in patria di intere famiglie contadine, artigiane, operaie… Che tentazione i barconi!

Per reagire al veleno di quella scritta, dunque, chi può dovrebbe aderire a uno dei programmi di ospitalità in casa di rifugiati e richiedenti asilo; si chiama “Rifugio diffuso”. Purtroppo i migranti economici e climatici non ne hanno diritto come dovrebbero.

È poi compito e possibilità di tutti spiegare – a voce, per iscritto – le suindicate cause delle migrazioni internazionali. Gridarle dai tetti nella vita quotidiana è facile. Facile come bere un bicchier d’acqua.

O invece, bere il giusto bicchier d’acqua è difficile? Forse sì.

A un estremo ci sono le aree bombardate dalla guerra o da altri eventi provocati dall’essere umano, e quelle immiserite da sempre. Lì, l’acqua anche solo per dissetarsi è un percorso a ostacoli, fatto a piedi.

All’estremo opposto… In un Paese come il nostro, dotato di acquedotti e tecnologia, c’è la tendenza a sostituire il giusto bicchier d’acqua (un contenitore di vetro piazzato sotto il rubinetto, una brocca, una borraccia) con lo spreco: acqua in bottiglia in bicchiere di plastica.

Moltiplicato per milioni ogni giorno, questo gesto piccolo diventa pesante. Contribuisce alla follia degli usa e getta ingestibili, del petrolio sprecato per farne plastica eterna ma monouso (o del mais in caso di bicchieri di mater-bi), dei camion energivori e rumorosi che vanno su e giù per l’Italia portando milioni di bottiglie.